Si muove nel reparto dove l’hanno relegato con occhi sgranati, sognati. Ebeti. Ecco ciò che resta del grande Gilderoy Allock, della sua magnificenza, della sua boria, della sua capacità d’ammaliare torme di donne. Un’ombra pasticciata e variopinta come lo scarabocchio di un bambino.

Dovevo restare nella stanza al Primo Piano, lasciando i medimaghi a tediarmi con la presunta necessità di tenermi in osservazione ancora mezza giornata dopo quel morso di Doxy a Grimmauld Place. Perché sono venuto qui a vederlo? Io non farò quella fine. I miei piani sono altri, ben lungi dal condurmi tra queste asettiche, silenziose mura. Camminerò nell’ombra, su sentieri impervi, fino a sbucare nella valle che mi prefiguro e che da troppo tempo si nasconde oltre l’orizzonte.

La vestaglia lilla, perfettamente annodata, ondeggia ad ogni passo. Si ferma davanti ad un quadro, gli parla, ride. Continua ad atteggiarsi anche ora, nella sua beata, nuova ingenuità.

E se accadesse a me? Se dovessi cader preda delle mie stesse trappole? Cosa vedrebbero gli altri? Lo stesso imbecille che ho davanti agli occhi, o un uomo che ha sacrificato sé stesso in maniera discutibile? Un servitore fedele del male più mostruoso, o un cuore gonfio di dolore e rimorso di cui non rammenta la causa? L’insegnate indisponente? Il solitario abitante di Spinner’s End? Quale faccia mostrerei loro?

Un’infermiera lo ferma, vorrebbe fargli inghiottire d’un sol fiato il contenuto di un calice. Lui lo sorseggia. Con le sue smancerie fanciullesche riesce persino a farsi perdonare quello che immagino sia un commento poco lusinghiero sul gusto del filtro.

Dopo la sua rinascita, il Signore Oscuro richiede pressante i miei servigi ed io obbedisco solerte, tessendo trame d’inganni con fili di bugie e dissimulazioni. Varrebbe la pena di perdere sé stessi, per troppe invenzioni? Per essersi cuciti addosso un mantello di falsità? E per una sola? Trascinarsi nel mondo inconsapevoli del proprio oblio, a causa del bene superiore che Silente ci costringe ad inseguire?

All’improvviso mi accorgo che Allock se ne sta lì, di fronte a me, col naso appiccicato alla finestrella della porta. Agita giulivo la mano. Sfodera un sorriso idiota. Idiota e fresco, sincero. È felice di vedermi, pur non ricordando nulla di me.

Dimenticare la paura, le sofferenze, l’orrore, perché qualcuno si prenda cura di ciò che resta. Potrei farlo? Sarebbe una contropartita accettabile per i miei sforzi? Temo di dover rispondere che sì, lo è. E la prospettiva di tanti anni avvolto dalla pace, protetto da una virginea innocenza, per un solo, brevissimo istante, diviene allettante.

Scuoto il capo infastidito, allontanando quei pensieri senza senso. Ciò che resta di un mago tenta di attirare di nuovo la mia attenzione, parlando a vanvera come ha fatto per un anno intero. Non capisco cosa dica, non voglio capire.
Imbocco le scale, turbato. Devo uscire, andarmene da qui. Devono dichiararmi guarito o mi avveleneranno con le loro guarigioni.
Allock starà continuando a salutarmi.

È a questo che si può ridurre? È questo, il potere delle menzogne?

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