Titolo: La Ballata di Aylwin Ryan

Autore: Lyla.

E-mail: lylalay@virgilio.it

Disclaimer: Tutti i personaggi di questo racconto, esclusa Aylwin Ryan, sono di proprietà di J.K. Rowling, della Warner Brothers e della Salani Edizioni per l’Italia. Le canzoni citate appartengono ai rispettivi autori.

Song credits: “The last rose of Summer” scritta da Thomas Moore e cantata da Charlotte Church

“Stigmatized” dei The Calling

“Wherever you will go” dei The Calling

Spoiler: tutti e 4 i libri

Genere: fondamentalmente romantico

Rating: G

Personaggi: Draco Malfoy, Aylwin Ryan, la famiglia Ryan, apparizioni sparse di Harry & co.

Pairing: Draco/Aylwin

Status: completa (sequel in arrivo, che vi piaccia o no)

Sintesi: Draco narra come al quinto anno ad Hogwarts la sua vita venne sconvolta da una nuova arrivata.

Capitoli: a dire il vero, più che in capitoli la f.f. è divisa in strofe…

Ringraziamenti: a mia mamma e a Veronica, che si sono sorbite tutta le 38 pagine di questa storia e a chiunque si prenda la briga di leggersela.

Note dell’autore: Aylwin si legge “eilwin”. Tenete i kleenex a portata di mano, perché se ha quasi commosso mia madre ( che per di più è fondamentalmente contro le fan fiction)…







La ballata di Aylwin Ryan





INTRODUZIONE



Sotto il cielo d’Irlanda andai a passare

questo vecchio ritornello sentii cantare

ciò che avevo dimenticato mi fece ricordare.

Venite, gente, lasciate le case

c’è una storia che voglio narrare

una storia segreta, mai raccontata

di Aylwin Ryan questa è la ballata…




1° Settembre, King’s Cross, binario 9 ¾



Guardai ancora l’orologio appeso al muro: meraviglioso. Il treno sarebbe arrivato a momenti e quei due imbecilli di Tiger e Goyle ancora non si vedevano. A pensarci bene, però, non era tanto male avere un po’ di libertà. Pensai che era meglio che farci troppo l’abitudine. Stavano arrivando sempre più studenti: c’era già abbastanza folla da farmi sperare che quei due non mi avrebbero trovato tanto presto. Era meglio non pensarci, e godere di quegli attimi di pace.

SBAM!

Un carrello carico di bagagli finì contro il mio.«Come non detto» mi lasciai sfuggire cominciando a raccogliere le mie cose. Poco lontano, il proprietario dell’altro carrello stava facendo la stessa cosa. «Si può sapere dove stavi guardando?» dissi calandomi nel mio solito ruolo. L’altra persona si voltò: era una ragazza di quattordici – quindici anni, con i capelli castano – rossicci e gli occhi grigio-azzurri, come le nuvole di un acquazzone estivo. Non ricordavo di averla mai vista prima. Non era una Serpeverde, se no lo avrei saputo. «Mi dispiace, non l’ho fatto apposta…È talmente pesante che faccio fatica a controllarlo» rispose mortificata. Sospirai: «Beh, cerca di stare più attenta». In quel momento vidi Tiger e Goyle che si facevano strada a gomitate verso di me. Eccola di nuovo. Quella maledetta sensazione. Tutte le volte che li vedevo mi sentivo così…in trappola.

Mi allontanai dalla ragazza sconosciuta e spinsi il carrello verso gli altri due. Speravo di abituarmi a quella sgradevole sensazione, prima o poi…Ma sapevo che, come ogni speranza, anche quella era perfettamente inutile.

Dopo aver chiacchierato un po’, salimmo sul treno e cominciammo a sistemare i bagagli. «Guarda, Draco» disse Tiger schiacciando il volto contro il finestrino «C’è Potter con la sua squadra». «Perché non andiamo a fargli una visitina?» propose Goyle. «Per beccarci lo stesso trattamento dell’anno scorso? No, grazie» replicò Tiger. Lanciai loro un’occhiata di commiserazione: «Non vorrete dirmi che avete paura di quelli lì, spero?». «Beh, sai…L’anno scorso ci hanno conciati per bene…». «Bah, non mi fanno paura. Quest’estate mio padre mi ha insegnato un bel po’ di incantesimi e non vedo l’ora di…» Non completai la frase e impallidii «Che c’è, Draco?» chiese Goyle vedendomi cercare disperatamente qualcosa nelle tasche. «La mia bacchetta. Dev’essermi caduta…» uscii di corsa dallo scompartimento e scesi dal treno, facendomi largo a fatica tra gli studenti ritardatari e i genitori. Finalmente riuscii a tornare al punto dove mi ero scontrato. Mi inginocchiai e cominciai a cercare, quando qualcuno mi rivolse la parola: «Perso qualcosa?». Mi girai e vidi la ragazza di prima, anche lei inginocchiata e intenta a scrutare il terreno. «Sì, grazie a te!» replicai furioso. La fanciulla non si scompose e si infilò sotto una panca. Dopo alcuni minuti sentii di nuovo la sua voce: «Oh, finalmente! Ecco dov’era andato a cacciarsi!». «Congratulazolazioni» mormorai stizzito. «Ehi, hai per caso perso una bacchetta?». «Sì, ne hai vista una in giro?» «Ce n’è una là sotto» rispose indicandomi un grosso portafiori in cemento. Strisciai fin là e, con molta fatica, riuscii finalmente a recuperarla. In quel momento sentii un fischio ben noto e mi sentii gelare. «Oh no!» scattai in piedi e corsi verso il binario, ma ormai era tardi: il treno è partito. «Maledizione!» imprecai dando un calcio ad un sasso. «Era il treno per Hogwarts?» chiese la ragazza: aveva in mano un grosso parco di carta marrone. «Sì. E non ne passano altri. I professori ci ammazzeranno». Mi chiesi mentalmente perché diavolo stessi usando il plurale. «Forse possiamo ancora prenderlo». «E come? Volando?» chiesi sempre più irritato. Neanche restare bloccato su un isola deserta con Potter avrebbe potuto essere peggio. La vidi strappare la carta del pacco che aveva recuperato: dall’involto comparve un manico di scopa come non ne avevo mai visti prima. «Proprio così. Avanti, salta su» mi disse salendo a calcioni della scopa e facendomi un cenno con la testa. Non mi restava altro da fare che darle retta: in un attimo eravamo in volo acquistando sempre maggiore velocità, mi sembrava quasi di volare sul campo da Quidditch. Accidenti, la ragazza sapeva il fatto suo! Dopo una mezzora di volo alla diotifulmini avvistammo l’ultimo vagone del treno. La scopa si affiancò al predellino. «Pensi di farcela a saltarci sopra?» mi chiese. «Come no?» risposi cercando di sembrare spavaldo. In realtà avevo un po’ paura. La ragazza fece avvicinare la scopa il più possibile e io saltai a bordo. Mi voltai: «Adesso tocca a te». La vidi impallidire: «No, io…Preferisco continuare così». «Vuoi scherzare? Guarda che l’ultima volta che un ragazzo è arrivato con mezzi propri, hanno scritto a casa e gli è arrivata una Strillettera». Vidi che aveva paura, così mi avvicinai al bordo e tesi le braccia verso di lei: «Dai, salta. Ti prendo io». Continuava a guardare ora me, ora il treno. Poi annuì: «Okay». Chiuse gli occhi e si diede una bella spinta giù dalla scopa: in un secondo era a bordo anche lei. Teneva ancora gli occhi chiusi e tremava leggermente tra le mie braccia. «Ehi, va tutto bene. Benvenuta a bordo». Mi sorrise e si allontanò un poco. Le sorrisi anch’io, poi mi sporsi un po’ per afferrare il suo manico di scopa, che continuava a volare dietro di noi. «A vous, Mademoiselle» dissi porgendogliela. La mia mano sfiorò la sua e arrossimmo entrambi. Dopo qualche secondo di un imbarazzato silenzio, decidemmo di parlare nel medesimo istante: «Grazie per…» iniziai mentre lei diceva esattamente la stessa cosa. «Oh, no, figurati non ho fatto niente…» ci rispondemmo all’unisono. Arrossimmo ancora di più. «Ecco, io…Devo andare, devo tornare al mio scompartimento. Già» mi disse con evidente disagio. «Oh, sì, anch’io devo tornare dai miei amici» Anche se non ne ho molta voglia, aggiunsi mentalmente. «Allora…Ci vediamo a scuola» disse sorridendo nervosa. «Già…Ci vediamo». «Ciao» «Ciao». La guardai allontanarsi. Quando arrivò in fondo al vagone e appoggiò la maniglia sulla porta, si voltò a guardarmi e mi sorrise con calore, facendomi un cenno con la mano. Risposi al cenno con qualche secondo di ritardo, abbagliato da quel sorriso splendete. Nessuno mi aveva mai sorriso a quel modo, in tutta la mia vita. La porta si chiuse alle sue spalle e passò in un altro vagone. Restai un po’ là fuori a guardare il paesaggio che sfrecciava accanto al treno, poi mi rassegnai a tornare. «Dove eri finito?» mi chiese Goyle non appena misi piede nello scompartimento. Tiger mi guardò in modo strano.

Arrivammo dopo alcune ore di viaggio. La voce di quel bestione d’un mezzogigante copriva persino il fischio del treno: «Quelli del primo anno da questa parte!». Credevo fosse ancora dai parenti suoi. Vidi la ragazza di King’s Cross saltare giù dal treno: avrei voluto salutarla ma la folla di studenti la inghiottì immediatamente. Mi venne in mente che non sapevo nemmeno il suo nome e mi diedi dell’imbecille per non aver pensato di chiederglielo. Dopo qualche minuto, la “conversazione” che stavo avendo con Pansy Parkinson (lei ciarlava e io pensavo ad altro) venne interrotta da un fischio acuto. «Chi è quella maleducata che fischia come un ragazzaccio di strada?» borbottò Millicent Bulstrode. Mi voltai e vidi la ragazza di King’s Cross lanciare un altro fischio mentre mi guardava. Provai a dirigermi verso di lei, volevo raggiungerla ma c’erano troppi studenti in mezzo ai piedi. Che nervi! Mi accontentai di salutarla con la mano. Si voltò, stava per andarsene quando mi ritrovai a chiamarla: «Ehi!» urlai con quanto fiato avevo in gola «Non mi hai detto come ti chiami». Lei sorrise e disse qualcosa: vidi le sue labbra muoversi ma non riuscii a capire le parole. «Come?» urlai «Non riesco a sentirti». Stava per rispondermi quando Hagrid, quel bestione, le mise una mano sulla spalla e le disse qualcosa. Lei annuì e mi salutò facendomi un cenno per dirmi che ci saremmo rivisti più tardi. Faceva uno strano effetto vederla accanto a quella montagna di Hagrid: sembrava così piccola….Qualcuno mi toccò un braccio: «Noi del quinto anno siamo da quella parte, Draco» mi comunicò Pansy Parkinson, quella che tecnicamente era la mia fidanzata. Scommisi mentalmente che mi sarebbe toccato andare con lei.

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