Note alla storia

Autore/data: Ida59 – 3-16 marzo 2014
Beta-reader: nessuno
Tipologia: storia a capitoli
Rating: per tutti
Genere: introspettivo, sentimentale, fantasy, drammatico.
Personaggi: Severus e diversi Personaggi originali (Vestali del Tempio)
Pairing: nessuno
Epoca: Post 7° anno
Avvertimenti: AU
Riassunto: Ecco come e perché è nato il luogo in cui vivono i nostri sogni, alimentati dall’amore per Severus.
Parole/pagine: 15.245 / 38
Nota: Storia scritta per l’iniziativa “Il Sensuale Tempio dei Bottoncini che Tirano” (http://severus.forumcommunity.net/?t=9960480#entry88868032) nell’ambito della Severus House Cup (http://severus.forumcommunity.net/?t=55661985) del Forum “Il Calderone di Severus”.
Il personaggio da me interpretato è Ilya, la Vestale Maxima.

1 -  Risveglio

 

Severus Piton aprì gli occhi.
Era immerso in un riposante silenzio, l’aria fresca che gli carezzava il viso.
La gola non gli faceva più male; non bruciava ad ogni respiro, non c’era più alcun lacerante dolore quando deglutiva. Semplicemente, era come se Nagini non lo avesse mai azzannato strappandogli la vita a morsi crudeli.
Tastò piano il collo con le dita sottili; no, non aveva sognato: sotto la seta nera della sciarpa, una cicatrice, seppur lievissima, c’era, proprio là dove le zanne dell’orrido serpente l’avevano martoriato. Nemmeno tutto il dittamo del paiolo di Merlino, però, avrebbe potuto ridurre in quel modo la cicatrice dello squarcio che Nagini gli aveva inflitto: il segno appena accennato che sentiva sotto la punta delle dita sembrava quasi il ricordo della cicatrice che avrebbe dovuto esserci, come se fosse passata un’intera vita, come se quella fosse quasi una vita diversa…
Il mago sospirò piano socchiudendo per un breve istante gli occhi neri.
Era disteso su un comodo ed ampio giaciglio in un luogo semi aperto: sentiva l’aria fresca alitargli piano sul viso anche se vecchie pareti di pietra chiara lo circondavano. Si sollevò un poco sui gomiti, senza alcuna fatica; l’ampia stanza in cui si trovava era chiusa solo per tre lati: nel quarto vi era un’ampia apertura e all’ondeggiare della tenda bianca, di lino leggero, in parte tirata, intravvedeva alte colonne di pietra della stessa calda tonalità dei muri ed altri veli chiari e semi-trasparenti fluttuavre nella brezza che odorava di mare.
Vi erano pochi mobili, intorno a lui: solo due poltroncine dalla morbida imbottitura color panna ed un piccolo tavolino rotondo con una brocca d’acqua, un bicchiere ed un melograno aperto, alcuni chicchi rossi disposti con uno motivo runico su un piattino; vi era anche un cassettone col piano ricoperto da un lungo, candido cuscino ed un piccolo armadio; tutto era in legno chiaro e richiamava il colore accogliente della pietra levigata delle pareti e del pavimento.
Si rese conto di stare perfettamente bene e di non avere né fame né sete.
Si sollevò a sedere: era vestito di tutto punto, il lungo mantello ripiegato con cura su un seggiolino ai piedi del letto, macchia nera che contrastava col candore delle lenzuola e con la tonalità calda della pietra e del legno.
Sul tavolino vide una piccola coppa; si allungò per vedere meglio: conteneva piccoli cristalli semi grezzi. Il mago non si considerava certo un esperto in materia, ma conosceva piuttosto bene l’antico potere delle pietre: lo aveva studiato a fondo perché spesso le loro polveri entravano nella composizione delle pozioni che distillava e nelle lunghe sere trascorse da solo nel suo sotterraneo aveva letto molti libri sulle loro qualità magiche. Dal colore e dalla forma gli parve di individuare frammenti di smeraldo, topazio, opale. Con maggiore sicurezza individuò un grosso cristallo di kunzite dall’intensa e lucente tonalità rosa orchidea. Piena certezza ebbe per il cristallo di quarzo rosa, che troneggiava nella composizione, più grande di tutti gli altri messi insieme. Rimase perplesso dallo strano accostamento di gemme, tra l’altro anche preziose. Socchiuse gli occhi concentrandosi, cercando di ricordare il significato di quei cristalli: era certo che vi fosse un denominatore comune.
All’improvviso il nesso gli apparve chiaro nella mente: l’amore! [1]
Sollevò stupito un sopracciglio: chi mai si era preso la briga di comporre quella pregiata unione di gemme grezze? Tra i cristalli magici, il quarzo rosa era per definizione quello dell’amore, dell’amore vero e profondo. Si diceva che il suo potere sapeva penetrare nel cuore, a lenire il dolore di antichi traumi, a portare il perdono, a curare e a guarire. La kunzite, invece, era reputata in grado di spezzare qualsiasi blocco emotivo nell'area del cuore. I maghi che conoscevano davvero l’antica magia delle pietre affermavano di poter vedere e guarire anche le più profonde e dolorose emozioni delle ferite del cuore.
Severus scosse la testa, turbato.
Le altre gemme preziose, invece, semplicemente simboleggiavano l’amore: l’amore eterno risplendeva nei bagliori dell’iride all’interno dell’opale “nobile”; l’amore fedele risiedeva nel verde intenso del fragile smeraldo; l’amore ardente bruciava nell’oro splendente del topazio.
Scosse di nuovo il capo davanti a quello strano enigma e si alzò dal letto: i piedi nudi assorbirono con piacere il tepore del liscio pavimento di pietra. Indossava qualcosa di molto simile al suo consueto abito nero, ma la stoffa era molto più leggera, simile a seta sottile che fasciava il suo petto, la lunga fila di bottoncini perfettamente allineata.
Ai piedi del letto, di fianco al mantello, c’era anche la sua bacchetta, nera e sottile: tese le dita ed il legno magico, obbediente al suo silenzioso comando, gli volò nella mano; raccolse il mantello e con un gesto elegante se lo pose sulle spalle. Si guardò intorno, controllò anche sotto il letto, ma le scarpe proprio non c’erano.
Sotto il giaciglio, però, c’erano due basse ciotole che contenevano altre pietre; le appellò per osservarle meglio: fluttuarono nell’aria seguendo obbedienti la punta della bacchetta e si posarono sulle candide lenzuola.  Severus si inginocchiò per un esame approfondito; questa volta non ebbe difficoltà a riconoscerle: erano tutte pietre magiche dai riconosciuti poteri curativi ed energizzanti. La ciotola più piccola conteneva cristalli di crisocolla verde-azzurra e di agata blu, ottimi per ridurre e controllare gli stati febbrili. La ciotola grande conteneva raffinati cristalli di granato rosso e di corniola di un bel rosso-arancio, prismi di ametista viola scuro, di azzurrite dall’intensa tonalità indaco dell’imbrunire e di trasparente cristallo di rocca, alcune lucenti sferetta di pirite e un ciottolo ben levigato di diaspro sanguigno con evidenti inclusioni rosse.
Erano tutte potenti pietre magiche legate al sangue.
La mano del mago corse di nuovo alla gola in un gesto quasi del tutto inconscio.
Qualcuno lo aveva curato con quei cristalli, cercando di rigenerare la gran quantità di sangue che aveva perso nella Stamberga Strillante, purificandolo dal veleno di Nagini e poi ossigenando, rafforzando e stabilizzando la sua circolazione sanguigna. Doveva essere stato un lavoro lungo e complesso che aveva richiesto molte energie magiche. Probabilmente era stato curato da un vecchio stregone molto potente, conoscitore dell’antica magia delle pietre.
Per un istante nella sua mente apparve l’immagine sorridente di Silente, gli occhi azzurri luminosi e sereni dietro le piccole lenti a mezzaluna. Severus sospirò appena, con rimpianto: chissà, magari Albus conosceva qualche decrepito druido sopravvissuto al tempo
Stava per rialzarsi, quando un lieve rigonfiamento a lato della federa del cuscino attrasse la sua attenzione. Qualcosa era nascosto nel bordo, cucito con lunghe gugliate di uno scuro filo sottile. Il mago si avvicinò di più e sgranò gli occhi per lo stupore: non era un filo, era un lungo capello castano intriso di una gradevole essenza di caprifoglio! Con delicatezza, per non spezzarlo, divaricò i bordi e vide le rune incise su levigate piastrelle di onice marrone. Riconobbe subito i simboli, senza alcuna fatica: era un potente ed antico incantesimo druidico di guarigione e di rigenerazione fuso con uno di protezione.[2]
Severus si rialzò, sempre più stupito dalla misteriosa presenza che lo aveva curato: e se fosse stata una donna?
Uscì con circospezione dalla stanza, quasi senza neppure sfiorare il lino trasparente della candida tenda.
La bacchetta era pronta nella sua mano, ma il mago aveva la sensazione che nessun pericolo si aggirasse tra quelle vecchie mura che odoravano di mare e di sole, anche se, sotto a tutto, distingueva anche un sentore intenso di molte erbe diverse, l’amaro della polvere estratta dalla corteccia di salice[3] a prevalere su tutte: era sicuro che da qualche parte, lì vicino, nei giorni passati molti calderoni fossero stati a lungo all’opera anche se ora non ve n’era più alcuna traccia.
Il silenzio che lo circondava, trasportato dalla brezza tiepida, aveva in sé qualcosa di magico, di insolitamente incantato: risuonava di tranquilla serenità mentre l’aria vibrava di magia potente.
Riportò la mano al collo ed allentò la sottile sciarpa di seta nera, quasi a controllare che il lieve segno della cicatrice fosse ancora lì: no, non stava sognando, nonostante quella strana sensazione che lo circondava, quasi piacevole, di pace e serenità..
Percorse piano l’ampio colonnato di quello che gli parve un vecchio tempio greco; in fondo, seminascosto dalle colonne, gli parve di intravvedere anche la parete circolare del tempio più interno, quello cui solo i sacerdoti potevano accedere. O le sacerdotesse. Severus sollevò stupito un sopracciglio: non sapeva bene il perché, ma quel luogo aveva un sentore di femminea dolcezza. Forse era solo l’organza leggera dei teli, dai colori delicati, che danzavano leggiadri tra le colonne accompagnati dalla brezza marina. O forse erano tutte quelle pietre legate all’amore che aveva trovato nella coppa sul tavolino. O il lungo capello che tratteneva le rune…
Si diresse a est, verso l’ampia uscita del tempio illuminata dal sole, il lungo mantello nero che accarezzava piano la pietra tiepida e levigata del pavimento.
Proseguì lento fino a stagliarsi sulla soglia, elegante figura, densa d’oscurità, avvolta dai raggi vividi del mattino inoltrato.

 


[1] Le informazioni sulle pietre e gemme descritte in questo capitolo sono state tratte dal sito “Bethelux“ http://www.bethelux.it/pietre.htm, gentilmente segnalatomi da Ellyson. [2] Le informazioni sulle rune sono state tratte dal sito “Bethelux“ http://www.bethelux.it/rune.htm, gentilmente segnalatomi da Ellyson. [3] Fin dall’antichità alla polvere amara estratta dalla corteccia del salice bianco era riconosciuto il potere alleviare il dolore ed abbassare la febbre. Si tratta del principio attivo “salicina” ora conosciuto come acido salicilico; l’acido acetilsalicilico è conosciuto con il nome di aspirina.

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