Note alla storia

Ci sono diverse note da scrivere per questa storia.
1. Disclaimer: il mondo di HP non è, ahimè, mio, altrimenti molte cose sarebbero andate diversamente.
2. L'avvertimento OOC (Fuori Personaggio) è naturalmente riferito a Harry: tutte le morti che ha visto l0 hanno cambiato, il suo spirito è quasi praticamente annientato dal dolore e dal senso di colpa, ma spero di averlo reso il più credibile possibile.

Every time we say goodbye, we die a little

Harry sospirò piano, le spalle che si scuotevano tremanti.

Osservò il sole sorgere, un'altra volta. Aveva perso il conto di quante volte l'aveva fatto, in compagnia di Ron ed Hermione, durante la loro fuga per tutto il Regno Unito, cercando gli Horcrux. Gli aveva sempre fatto pensare che prima o poi ce l'avrebbero fatta, che sarebbero riusciti nel compito affidato loro da Dumbledore e poi, finalmente, la vita sarebbe andata come doveva, senza più guerre, morti prima del tempo, ingiustizia. Sapeva che Ron e Hermione avevano sempre condiviso quella visione. In un certo senso, tutti e tre dovevano crederci perché solo così avrebbero potuto riuscirci. La fede era un dono potente.

“Ma a cosa ci è servita?” si chiese Harry osservando l'alba.

In quel momento, a differenza di tutte le altre volte, il giovane Gryffindor non sentiva nulla, era come se il suo cuore fosse stato non solo murato e sepolto, ma anche completamente distrutto perché non potesse mai ricominciare a battere davvero. L'alba, quella volta, non gli diceva nulla. Oh, razionalmente sapeva che era l'alba di una nuova era, ma chi c'era per godersela, per viverla?

La Guerra era vinta. Voldemort era morto. Ma quanti, quanti altri oltre a lui lo erano?

Harry sbatté le palpebre, scacciando la morte di Neville e Dean da davanti agli occhi; osservò il primo raggio di sole, ignorando il fastidio che cominciava a provare. Ruotò le spalle, cercando di rilassare i muscoli irrigiditi; non avrebbe saputo dire da quanto tempo era fermo jn quella posizione. Qualche ora, sicuramente, mentre era meno probabile che fosse passato già un intero giorno, ma avendo perso il senso del tempo non poteva esserne sicuro.

Quando osservare il sole si fece insopportabile, si girò, passandosi una mano tra i capelli e rimuovendo da davanti agli occhi la morte di Ron, di Hermione, di Ginny.

Arrivato davanti alle porte della Sala Grande, non entrò, sostando solo per qualche secondo sulla porta; la stanza era piena di corpi, gente normale, eroi caduti quel giorno cercando di difendere il Bene e gli innocenti, ma coloro che erano sopravvissuti erano meno della metà della metà di coloro che avevano combattuto.

Scosse la testa, il Salvatore, scattando su per le scale prima che qualcuno potesse vederlo e riducendo così la vista della famiglia Weasley, di Dora e Remus, tutti coperti da un lenzuolo, a mero fumo grigio.

Harry non sapeva dove andare. Non voleva andare nell’ufficio del Preside, non sentiva che era corretto, non credeva di averne ancora il diritto: certo, aveva ucciso Lord Voldemort, ma avevano pagato un prezzo troppo, troppo alto. Ed era tutta colpa sua.

Il problema quindi diventava dove andare, perché gli sembrava che non fosse più degno di nessun angolo di Hogwarts. Come poteva esserlo se era la causa prima di tutta quella distruzione? Girò sui tacchi, decidendo che la cosa migliore sarebbe stata uscire, ma i suoi passi, inconsciamente, lo guidarono verso le cucine; come stavano gli Elfi Domestici? Dobby era morto a Shell Cottage, ma Harry ricordava bene Kreacher guidare gli Elfi di Hogwarts all'assalto. Se fosse entrato, avrebbe visto altri corpi, altri morti di quella orribile guerra? Non lo sapeva, non voleva saperlo. Di nuovo, quindi, si ritrovò a tornare sui suoi passi scacciando da davanti agli occhi le immagini di morte che, lo sapeva, l'avrebbero tormentato tutta la vita.

I suoi passi lo riportarono finalmente fuori, anche se non era da molto che era rientrato nel castello; superò i giardini, evitando di guardarsi intorno. “Perché? Perchéperchéperché?” si ripeteva incessantemente, cercando una motivazione valida. Perché erano morti tutti? Ma soprattutto, perché lui era ancora vivo? Cosa aveva fatto per meritarlo? Nulla, aveva solo lanciato un Incantesimo di Disarmo, e quanto aveva sperato che non funzionasse! Che fosse lui a morire, non qualcun altro!

Con la coda dell’occhio vide il punto in cui giganti e acromantule erano entrate nella scuola, ma non si fermò a osservare; sentiva il suo cuore striminzirsi, congelarsi a ogni secondo che passava. I muri attorno a esso erano già alti, solidi e robusti, costruiti in un istante; del resto, c’erano sempre stati, fin da quando era bambino, e solo con l’arrivo ad Hogwarts aveva aperto un varco che l’aveva portato a conoscere persone bellissime. Ma anche a provare un dolore indicibile, un dolore che, da quel giorno, aveva giurato di non provare mai più. Era bastato un istante chiudere quel varco.

Il sole stava lentamente compiendo il suo percorso nel cielo e illuminava con i suoi tiepidi raggi primaverili tutto il cortile esterno; fu quindi con sorpresa che Harry si ritrovò all’ombra. Alzando lo sguardo, Il Ragazzo Sopravvissuto vide di essere ai margini della Foresta Proibita, il luogo dove aveva compiuto la sua scelta e aveva deciso di tornare indietro; perché l’aveva fatto? Era una scelta stupida, se avesse saputo quello che sarebbe successo mai l’avrebbe compiuta. Se solo avesse potuto osservare per un istante il futuro, in quel fatidico momento, avrebbe deciso di andare avanti, così da poter stare con la sua famiglia, con i suoi amici, per poter riposare tranquillo nell’Altra Vita.

Ma con i se e con i ma non avrebbe ottenuto nulla, lo sapeva. Doveva riuscire a ottenere lo stesso effetto con quello che aveva in quel momento. E la Foresta Proibita sarebbe andata estremamente bene, nessuno avrebbe trovato il suo cadavere, se trovava un posto molto nascosto per fare quello che voleva.

Oh, sì, quella doveva essere la soluzione migliore; del resto, che senso aveva vivere, andare avanti, se non c’era nessuno per cui valeva la pena farlo, se non c’era nessuno con cui continuare a vivere? Non era del resto la prima volta che ci pensava, ma sicuramente era la prima che lo faceva così concretamente, che si era deciso a farlo.

Era un errore? Poteva essere, ne aveva fatti tanti nella sua vita ma questo, a differenza di tutti gli altri, non avrebbe fatto male a nessun altro.

Camminava, Harry, pronto a raggiungere il suo destino una seconda volta nel giro di poco più di ventiquattr’ore. Questa volta, però, il suo animo non si appesantì con ogni passo, ma anzi, gli sembrò sempre più leggero e questo voleva dire una cosa sola: era la strada giusta da percorrere.

Superò la radura dove aveva incontrato Voldemort e ignorò la tentazione di recuperare la Pietra della Risurrezione; a cosa gli sarebbe servita, del resto, visto che avrebbe rivisto tutti i suoi cari di lì a poco e senza bisogno di alcuna pietra. Quindi, si inoltrò ancora di più nella Foresta, respirando profondamente per cercare di tranquillizzarsi ed eliminare qualsiasi dubbio; se si fosse soffermato su tutti gli “E se…?” che tentavano di attecchirsi nella sua mente, sapeva che non sarebbe andato avanti. Ma lui doveva farlo, che diritto aveva di respirare ancora?

Finalmente trovò un posto adatto, un grosso cespuglio sotto il quale poteva sedere; certo, era abbastanza scomodo, ma suppose che non aveva importanza, sarebbe morto presto.

Stava per mettersi al riparo, sotto le foglie dell’arbusto, quando Harry si rese conto che, però, non aveva pensato a fondo a come avrebbe fatto: la sua Bacchetta era rotta, non aveva armi né una corda. Si guardò in giro e i suoi occhi si posarono sull’albero di fronte a lui; era ora di dissotterrare le fantasie dell’infanzia. Senza perdere ulteriore tempo, Harry si arrampicò sull’albero e, per una volta, ci mise tutto il tempo che voleva; ricordava quando, al contrario, doveva sbrigarsi a salire più in alto possibile per sfuggire a quel terribile cane, Ripper, ed evitare così che lo mordesse. Però, esattamente come tutte quelle volte, durante l’infanzia, quando finalmente arrivò in cima, al Ragazzo Sopravvissuto parve di essere in cima al mondo e ai suoi piedi se ne apriva un altro, più misterioso.

Contemplò il terreno, soppesando ancora quello che stava per fare; voltando leggermente il capo, poteva scorgere in lontananza le guglie di Hogwarts, il luogo dove tutti i suoi cari, la sua famiglia e i suoi amici, erano morti uno dopo l’altro. Sì, non c’era altro modo: la colpa era sua, quindi doveva pagare.

Saltò.

Il sole era appena sorto su una nuova era, ma il Ragazzo Sopravvissuto non l’avrebbe vista.

Note di fine capitolo

Ammetto che non è stato facile raccontare questo Harry, angosciato e pieno di senso di colpa; penso di averlo reso abbastanza bene e di non essere andata troppo OOC, perché conosciamo bene tutti l'animo del nostro maghetto e sono fermamente convinta che si sarebbe sentito ancora più in colpa, come del resto succede alla fine della Battaglia.
Allora, questo doveva essere il primo capitolo di una storia. In un certo senso, è ancora così, perché da questa piccola Shot nasce un'altra storia. O meglio, ne nascono due, che potrete trovare nella serie Dawn of a New Era.

Per il resto, mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate!
Mal

P.S.: Sto cercando un Beta Reader, non solo per il fandom di HP, ma per altri fandom e le originali. Se volete proporvi, contattatemi pure!

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