Note al capitolo

Le parti dei discorsi in corsivo, durante il viaggio in treno, sono estrapolate da Harry Potter e i Doni della Morte.

Heir Apparent
Capitolo 1: Tu sei l’Erede


 

1° settembre 1971

Sirius Orion Black fissava il proprio riflesso nello specchio della sua camera, al numero dodici di Grimmauld Place, a Londra.
Stava cercando di sistemare il cravattino, le mani che si muovevano nervosamente nel tentativo di fare un nodo decente.
Era vestito di tutto punto, e fra l’abbigliamento elegante e il suo aspetto nobile e altero, con neri capelli lunghi fino alle spalle, e soprattutto dei magnetici occhi grigi, sembrava davvero il membro di una famiglia reale, apparendo più grande dei suoi undici anni.
Sua madre fece silenziosamente ingresso nella stanza. Lo osservò trafficare con il nodo per qualche minuto, prima di intervenire, con un sorrisetto malizioso ad incresparle le labbra.
«Non dirmi che non hai ancora capito come si annoda una cravatta nonostante tutte le mie lezioni» esclamò, la voce fintamente severa.
Lui si girò di scatto a guardarla. «Madre…» sussurrò, sorpreso. «Non riesco a ricordare l’ultimo passaggio» aggiunse, tornando a fissare con astio il cravattino.
La donna si avvicinò. Tolse le mani del ragazzo dall’indumento e iniziò a fare il nodo, con mosse al tempo stesso delicate ma decise.
«Sei nervoso?» chiese al giovane, che aveva una postura alquanto rigida.
«Lo sono. Non voglio deluderlo. Devo essere il perfetto Erede» mormorò lui, guardando ovunque tranne nel volto della madre, per non farle capire tutto il terrore che stava provando in quel momento.
Morgana Black sospirò. «Sirius Black» declamò, con voce solenne. «Sei stato preparato per tutta la vita a questo momento. Tuo padre ti ha insegnato tutto ciò che tuo nonno, a suo tempo, trasmise a lui. Ed io, nonostante non sia la tua madre di sangue, non ho mai fatto fatica ad assumere questo ruolo e cercare di guidarti secondo i nostri valori. Per cui non mi aspetto un tuo fallimento, e non comprendo perché tu sia tanto preoccupato. Orion sa essere esigente e severo, lo so, ma sono sicura che lo renderai fiero delle tue azioni» e detto questo, terminò il suo lavoro col cravattino, annodandolo a regola d’arte.
Sirius deglutì. Le parole di sua madre non l’avevano affatto calmato, dentro di sé sentiva ancora un’agitazione spaventosa che lo risucchiava in un oscuro vortice. Perché lui voleva tanto compiacere il padre, ma non era sicuro che fosse giusto. Non era certo che quella fosse la sua via.
«Ora che sei vestito, finisci di preparare le tue cose, fra dieci minuti dobbiamo andare» sentenziò Morgana, uscendo dalla stanza.
Sirius si fissò qualche altro momento allo specchio, dopodiché sospirò e si mise a cercare le ultime cose da mettere nel suo baule, che era aperto vicino al suo letto, già abbastanza pieno.
Cinque minuti dopo, mentre chiudeva il pesante bagaglio, colmo fino all’inverosimile, sentì bussare alla porta.
«Avanti» disse, con voce forte e chiara.
Suo padre, Orion Black, entrò nella stanza. La loro somiglianza era incredibile. Gli stessi occhi, paragonabili ad un mare in tempesta, la medesime labbra, soprattutto quando le stringevanno per l’irritazione, gli stessi, lunghi capelli corvini, anche se quelli di Orion si stavano striando di grigio qua e là. Ma soprattutto, l’identico portamento, trasmesso dal padre al figlio con non poca sofferenza da parte del primo.
«Sirius, intendo scambiare due parole con te prima di recarci a King’s Cross» proferì Orion, con tono deciso.
Il ragazzo rimase in silenzio, lo sguardo fisso sugli occhi del padre. Come gli era stato insegnato.
L’uomo, notato il tacito assenso del figlio, proseguì il suo discorso.
«Credo sia inutile ribadire quanto questo giorno sia importante. Lo sai benissimo da solo. Volevo semplicemente ricordarti che tu sei l’Erede della Casata dei Black, e mi aspetto un comportamento ed un contegno degni di questo titolo, ragazzo. Spero di essermi spiegato».
«Sì, padre» rispose Sirius, asciutto. «So esattamente quello che devo fare».
Orion parve soddisfatto dalla risposta del figlio. «Bene» affermò, posando le grandi mani sulle spalle del ragazzo. «Fin’ora non mi hai mai dato ragioni per dubitare della tua fedeltà, nonostante certi comportamenti… inappropriati» e strinse le labbra a quel pensiero. «In alcuni periodi».
Sirius immaginò che si riferisse a tre anni prima, quando, durante una cena di famiglia a Grimmauld Place, aveva candidamente dichiarato di non voler odiare i Nati Babbani per quello che erano. Si era salvato in extremis, affermando di desiderare tuttavia vedere i Purosangue al potere per una questione di prestigio e di superiori conoscenze dei segreti della magia.
«Vedi di fare le cose per bene anche a Hogwarts» lo ammonì Orion, poco prima di varcare la soglia della stanza.
Sirius si voltò nuovamente verso il suo baule, amareggiato. Non aveva mai ricevuto una parola d’affetto dal padre, mai una carezza o un gesto di benevolenza. Sempre e solo ordini, consigli ed insegnamenti su quel che avrebbe dovuto essere la sua vita, per diventare il legittimo Erede della Casata.
Solamente sua madre, che lui considerava tale nonostante non fosse quella biologica, aveva avuto riguardi nei suoi confronti, pur se in un modo aristocratico come si confà ad una perfetta Purosangue.
Morgana aveva accolto come propri figli sia lui che suo fratello Regulus, entrambi generati invece dalla prima moglie di Orion, e Sirius non poteva che esserle grato. Crescere senza una madre sarebbe stato spaventoso, per lui. Essere costantemente alla mercé di suo padre, un vero incubo.
Sirius uscì dalla sua stanza trascinando il baule, e scese fino al corridoio d’ingresso. Lì trovo ad aspettarlo Morgana e i suoi due fratelli, entrambi già vestiti e pronti ad uscire. Regulus aveva poco più di un anno meno di lui, e gli somigliava parecchio, pur avendo alcuni tratti del viso più squadrati, a detta di Orion ereditati dalla madre biologica, Walburga.
Sirius gli rivolse un sorriso, ottenendo una timida risposta.
C’era poi Cassiopeia, la sua sorellina di otto anni, lei figlia naturale di Orion e Morgana, e lo si poteva notare facilmente. Stessi capelli biondo cenere della madre, identici vispi occhi verdi; nonostante ciò, aveva anche qualche tratto in comune con i Black, per esempio la bocca.
Lei rivolse un sorriso raggiante a Sirius, e fu solo grazie a quel contegno Purosangue che la madre le stava trasmettendo che fu in grado di controllarsi ed evitò di saltare addosso al ragazzo.
Adorava il suo fratellone, ed era emozionata dalla sua imminente partenza per Hogwarts.
«Emozionato, Sir?» gli chiese, trattenendo a stento un tono stridulo che avrebbe senz’altro irritato sua madre.
Lui, sorridendo, le scompigliò i capelli. «Ovviamente Cas» rispose.
Orion li raggiunse, e tutti insieme uscirono da Casa Black, dirigendosi verso il parchetto al centro di Grimmauld Place, da dove avrebbero potuto Smaterializzarsi per raggiungere un vicolo sicuro appena dietro la stazione di King’s Cross.
Una volta arrivati alla stazione, Sirius mise il baule in un carrello, e con la famiglia si diresse nella piattaforma tra i binari nove e dieci, cercando di non dare nell’occhio.
Si trovò davanti la barriera che divideva i due binari. Respirò profondamente, controllò che nessun Babbano lo stesso guardando in quel momento, dopodiché si diresse a passo veloce verso la parete, pronto all’impatto. Che non vi fu.
Sirius attraversò la pietra come se fosse stato un fantasma, e si trovò sulla piattaforma di un binario fumoso, dove torreggiava un’enorme treno a vapore di color rosso scuro. Estasiato, si ritrovò a sorridere davanti all’Espresso per Hogwarts. Era arrivato al binario nove e tre quarti. Stava veramente per andare in quella Scuola, dopo averlo per tanto tempo solo sognato.
Dalla parete dietro di lui sbucarono prima sua madre e sua sorella, e successivamente vennero raggiunti anche da suo padre e suo fratello.
Regulus e Cassiopeia fissavano meravigliati tutto quello che li circondava, gli occhi sgranati. Morgana rivolse un sorriso affettuoso al treno sbuffante vapore, ed anche negli occhi dell’altero Orion si era accesa una scintilla di malinconia.
Quel mezzo di trasporto aveva riportato alla loro menti dolci memorie di gioventù, ma si riscossero presto, recuperando un dignitoso contegno.
Mancavano cinque minuti alla partenza, e tutti, nel binario, si affrettavano a salutarsi e a salire sul treno, caricando prima imponenti bagagli e grosse gabbie contenenti i propri animali da compagnia.
L’aria era satura di chiacchiericcio, grida, risate e saluti, ma la famiglia Black attraversò la confusione come se non l’avvertisse.
Una volta arrivato davanti ad una porta di un vagone più tranquillo degli altri, il ragazzo si accinse a salutare la famiglia, che non avrebbe rivisto fino a Natale.
Per primo si rivolse a lui suo padre. «Bene, il momento è giunto, ragazzo. Rendici fieri, fai amicizia solo con le persone adatte e mandaci una lettera appena puoi per farci sapere del tuo Smistamento» dichiarò Orion, con voce pomposa.
Sirius piegò leggermente la testa. «Naturalmente, padre» mormorò, a denti stretti.
L’uomo si allontanò, mentre Morgana si avvicinava al figlio. «Allora, Sir, ci siamo. Comportati bene, non voglio nessun reclamo dal preside. Ricordati sempre quello che ti ha insegnato tua madre» disse lei, con un sopracciglio inarcato. Subito dopo, però, si sciolse in un sorriso.
«Vieni qui» sussurrò, teneramente, e strinse il suo figliastro, che non considerava tale, in un delicato abbraccio colmo d’affetto.
«Grazie madre» soffiò Sirius, immensamente sollevato da quel gesto.
Lei, sciogliendo l’abbraccio, lo scrutò attentamente negli occhi, dopodiché diede il via libera ai saluti tra fratelli.
Regulus si avvicinò timoroso, l’ombra di un sorriso sulle labbra.
«Ci vediamo a Natale, fratello. Mi mancherai» disse, cercando di non far tremare la voce. Non era affatto felice per la partenza di Sirius. Nella loro vita avevano sempre fatto tutto insieme, separati com’erano da poco più di un anno l’uno dall’altro, e sapere che il suo fratellone stava per andare via per molti mesi l’aveva reso triste.
Sirius si accorse dei sentimenti che albergavano dentro suo fratello, perché lo strinse a sé e, in un orecchio, gli promise: «Mi farò sentire spessissimo, te lo prometto. Vedrai che l’anno prossimo arriverà in un baleno. Ci vediamo a Natale, Reg».
L’altro gli sorrise sereno, facendo poi spazio a Cassiopeia, che, a dispetto dell’eccitazione che aveva provato quella mattina, adesso che aveva capito che Sirius sarebbe veramente andato via, iniziava già ad avvertire fitte di nostalgia.
Lo strinse forte, sforzandosi di non piangere, ed il ragazzo l’abbracciò con delicatezza, cercando di farle capire che lui, anche se lontano, per lei ci sarebbe stato sempre.
«Ciao, Cas. Tranquilla, non sparirò, mi farò sentire ogni quanto potrò, fidati di me. E a Natale starò di nuovo con te» sussurrò alla sorellina, che continuava a stringerlo come se ne dipendesse la sua vita.
Lei si staccò leggermente, e gli rispose: «Ciao fratellone, ci vediamo a Natale».
Qualcuno fischiò, mentre le ultime porte aperte venivano rapidamente chiuse ed il convoglio si accingeva a partire.
Orion gli diede una mano a caricare il pesante baule sul treno, dopodiché Sirius diede un ultimo saluto alla sua famiglia e si chiuse la porta alle spalle con un sospiro, mentre il mezzo iniziava a muoversi.
Era fatta. Stava andando a Hogwarts. Sarebbe stato per parecchi mesi lontano da casa, e finalmente avrebbe potuto fare amicizia con qualche coetaneo. La prigionia di Grimmauld Place era finita.
Stentava ancora a credere a quei pensieri, mentre si trascinava per il corridoio in cerca di uno scompartimento vuoto in cui sedersi.
Notò che parecchie teste, soprattutto femminili, si voltavano a guardarlo mentre passava. Forse per l’abbigliamento elegante, o per quell’aspetto nobile e bello, ma stava attirando l’attenzione di molti su di sé. Continuò a camminare in maniera altezzosa fingendo indifferenza; nonostante ciò, da qualche parte al suo interno stava segretamente godendo del fatto che non passava inosservato.
Finalmente, trovò uno scompartimento quasi vuoto. All’interno si trovava solo una ragazzina dai capelli rosso scuro, con la testa appoggiata al vetro del finestrino e l’aria immensamente triste.
Sirius entrò il più silenziosamente possibile. La ragazza si voltò un momento a guardare chi fosse, fissando i suoi occhi in quelli del giovane Black.
Erano straordinari, di un colore verde smeraldo molto intenso, con un taglio leggermente a mandorla. In quel momento erano arrossati e gonfi, come se avesse da poco finito di piangere.
Lei indugiò con lo sguardo su di lui per qualche momento, dopodiché tornò alla precedente occupazione di fissare il panorama fuori dal vetro.
«Posso?» le chiese Sirius, la voce incolore. La giovane annuì debolmente senza nemmeno tornare a guardarlo.
Dopo aver sistemato il baule sulla rastrelliera, si sedette di fronte a lei, senza dire una sola parola, per godere anche lui della vista dal finestrino, ed in quel momento la porta dello scompartimento si aprì di nuovo. Entrò un ragazzetto piuttosto magro, con il viso incorniciato da capelli neri e piuttosto unti, già vestito con la divisa di Hogwarts, che fissava la ragazzina e pareva emozionatissimo. Si sedette vicino a lei, che si voltò di scatto a guardarlo.
«Non voglio parlare con te» un sussurro, appena udibile da Sirius.
«Perché?»
«Tunia mi… mi odia. Perché abbiamo letto la lettera di Silente».
«E allora?»
«Allora è mia sorella!»
«È solo una…» 
ma il ragazzo lasciò quella frase in sospeso. Prese un respiro profondo, e proseguì, con un sorriso eccitato.
«Ma ci stiamo andando! Ci siamo! Stiamo andando a Hogwarts!»
Lei si asciugò gli occhi, e un sorriso tremulo apparve sulle sue labbra.
In quel momento, la porta dello scompartimento venne aperta per l’ennesima volta, ed entrarono due ragazzini, facendo tra l’altro piuttosto chiasso, e si sedettero a fianco di Sirius, senza chiedere il permesso.
Il ragazzo li guardò, leggermente infastidito, ma gli altri due parvero non notare nemmeno i nuovi arrivati.
Il ragazzino untuoso parve rincuorato dal sorrisino dell’amica, ed esalò: «Speriamo che tu sia una Serpeverde».
Sirius quasi sobbalzò a quelle parole. Anche uno dei due ragazzini al suo fianco le sentì, ed immediatamente catalizzò la sua attenzione sul gracile ragazzo che aveva parlato.
«Chi vuole diventare un Serpeverde? Io credo che lascerei la scuola, e tu?»
A parlare era stato il ragazzo con neri capelli indomabili, un viso sottile ed un paio di occhi nocciola, incorniciati da degli occhiali rotondi; la sua domanda era rivolta al suo compare, seduto di fianco, che si era mollemente abbandonato sul suo sedile.
Quest’altro invece, aveva degli ordinatissimi capelli corvini leggermente ondulati, un bel paio di occhi blu ed un sorrisetto furbo stampato in volto.
«Mah, non saprei, a me andrebbe bene tutto pur di non diventare un insopportabile ed altezzoso Corvonero come il resto della mia famiglia» rispose quello, meditabondo. «Forse io andrò contro la tradizione.»
L’altro sembrò scioccato da quelle parole, perciò il moro scoppiò immediantamente a ridere.
«Be’, forse non proprio tutto, dai. E tu? Dove vorresti finire, se potessi scegliere?»
Il ragazzo coi capelli dritti fece il gesto di sollevare una spada invisibile.
«‘Grifondoro… culla dei coraggiosi di cuore!’ Come mio padre».
Sirius lo osservò, lo sguardo leggermente beffardo, ma quello non vi fece caso. Si accorse invece del verso di disprezzo che uscì dalla bocca del ragazzo unticcio.
Subito gli si rivolse, accigliato. «Qualcosa che non va?»
«No» 
rispose quello, esibendo però un ghigno malevolo. «Se preferisci i muscoli al cervello…»
Il moro quasi sdraiato sul sedile si riscosse a quelle parole.
«E tu dove speri di finire, visto che non hai nessuno dei due?» chiese, malevolo.
“Gran bella risposta” pensò Sirius. “Gli avrei detto anche io così”.
Non era sicuro di trovare simpatici quei due, però… l’unticcio era decisamente peggio, a suo avviso.
La ragazzina nel frattempo si era raddrizzata nervosamente nel suo sedile, e fissava i due, disgustata.
Si rivolse all’unticcio. «Andiamo, Severus, cerchiamo un altro scompartimento» esclamò, sdegnosa.
«Ooooooooh…» le fecero il verso gli altri due; quello con gli occhiali cercò di fare lo sgambetto a Severus mentre usciva dalla porta.
«Ci si vede, Mocciosus!» gridò l’altro ragazzo.
Sirius osservò la scena con blando interesse, perdendolo non appena la ragazzina e Severus sparirono.
I ragazzi scoppiarono a ridere, dopodiché si misero nei posti lasciati liberi dagli altri due, perciò il ragazzo con gli occhiali si ritrovò davanti a Sirius, e riportò la sua attenzione su di lui.
«Oh, ma che maleducati, non ci siamo nemmeno presentati» affermò, gioviale. Tese una mano. «James Potter».
“Potter… ci credo che vorrebbe essere un Grifondoro. Magari siamo anche parenti alla lontana…” la mente di Sirius lavorava veloce.
Gli strinse la mano. «Sirius Black» si presentò, la voce asciutta.
Anche l’altro si introdusse velocemente. «Samuel Cornfoot, ma per tutti sono Sam» proferì in tono spiccio.
“Cornfoot, anche lui Purosangue. Con lui sono sicuramente imparentato. Chissà se sono gli Eredi delle rispettive Casate”.
Quasi gli avesse letto nel pensiero, quest’ultimo gli domandò a bruciapelo: «Sei l’Erede dei Black? È da parecchio che un maschio della tua famiglia non va a Hogwarts».
Sirius strinse gli occhi grigi. «Sì» rispose immediatamente. Non c’era motivo di tergiversare. Oltretutto stava parlando con due maghi Purosangue, perciò non dovette nemmeno sentirsi in imbarazzo.
«In che casa pensi di finire, tu?» domandò Potter, piuttosto incuriosito da quello che aveva detto il suo compare. Conosceva i Black di fama, probabilmente era anche imparentato con quella famiglia per via di una prozia paterna.1
Sirius sospirò. «Mi aspetto di essere Smistato in Serpeverde, come il resto della mia Casata» esalò, a voce piuttosto bassa.
«Non sembri piuttosto allegro, però. Be’, ti capisco, neanche io impazzisco all’idea di dovermi conformare a tutti i miei parenti» disse Cornfoot, sempre con quel tono spiccio e molto pratico. Era abituato a parlare senza peli sulla lingua, evidentemente.
Sirius lo fulminò con lo sguardo. «Magari è proprio quel che voglio» sibilò, notevolmente stizzito.
L’altro alzò le mani in segno di resa. «Va bene, va bene, non volevo mica offendere!» affermò, un sorrisetto furbo sul volto.
Da quel momento i due tornarono a farsi gli affari propri, ed il viaggio proseguì piuttosto tranquillamente per circa tre ore, finché qualcuno non aprì la porta dello scompartimento.
Entrò un ragazzino piuttosto alto, con lunghi capelli castano chiaro raccolti in una coda, occhi marrone scuro piuttosto brillanti ed un’aria terribilmente annoiata.
«Vi dispiace se mi unisco a voi?» esordì, chiundendosi la porta alle spalle. «Non ne posso più della confusione degli altri scompartimenti» aggiunse, acido.
«Fai pure con comodo» rispose James Potter, conciliante.
«Oh bene, allora» enunciò il nuovo arrivato, sedendosi al fianco di Sirius. «Io sono Adam Rosier, comunque» si presentò.
“Rosier… che anche il loro Erede sia giunto a Hogwarts?”
«Sirius Black» gli disse, tendendogli immediatamente la mano.
Adam Rosier lo fissò, sorpreso. «L’Erede di Casa Black? Quale onore, stiamo entrando a Hogwarts insieme» affermò, con voce allegra.
Strinse la mano tesa del giovane Black con energia. «Ed immagino saremo anche compagni di dormitorio» aggiunse, strizzando l’occhio destro.
Sirius gli sorrise, conciliante. «Piuttosto probabile, lo ammetto. Quindi anche Casa Rosier sta mandando il suo Erede a Hogwarts quest’anno?» domandò, il tono genuinamente incuriosito.
Conosceva tutte le famiglie di Purosangue britanniche, grazie agli insegnamenti di suo padre, ma non aveva mai parlato con nessun ragazzo della sua età appartenente ad una di esse. Meno che mai qualcuno nella sua stessa condizione.
Adam rise. «Sì, anche il mio momento è giunto» sentenziò. «Voi invece siete…?» aggiunse, rivolto agli altri due.
«James Potter» si presentò il diretto interessato, stringendo la mano al nuovo arrivato.
«Potter eh? E siamo a tre Eredi in un solo scompartimento» scherzò Adam con voce leggera, prima di rivolgersi all’ultimo che ancora non aveva detto il suo nome. James sorrise leggermente.
«Samuel Cornfoot» mormorò laconicamente il quarto ragazzo. Adam Rosier si trattenne a stento dal battere le mani.
«Per la barba di Merlino, un bel concilio di Purosangue!» esclamò gioviale. Cornfoot strinse lievemente le labbra a quelle parole.
«Immagino di avere di fronte un futuro Corvonero, allora» proseguì imperterrito Rosier, guadagnandosi un’occhiata irritata da parte di costui. «Mah, non saprei, non ci tengo proprio a seguire la tradizione di famiglia» ribatté Samuel con voce funerea.
Adam lo fissò stupito per circa due secondi, dopodiché sventolo la mano come a dire ‘non importa’.
«Vi conviene cambiarvi, in ogni caso» li avvertì. «Siamo quasi arrivati».
A quelle parole, il cuore di Sirius prese a battere un po’ più velocemente. Prese rapidamente la sua divisa dal baule, e si congedò per andare in bagno ad indossarla.
Un’ora dopo, il treno si stava lentamente fermando alla stazione di Hogsmeade, sbuffando vapore da tutte le parti.
Gli studenti uscirono dal convoglio, dirigendosi verso la fine della piattaforma.
Non appena Sirius ed Adam, che durante il resto del viaggio avevano approfondito la reciproca conoscenza, misero piede sul selciato, una voce tonante urlò nella semi-oscurità. «Primo anno! Primo anno! Da questa parte! Su, non siate timidi, quelli del primo anno mi seguano! Ci siete tutti, primo anno? Dietro di me, allora!»
A declamare quelle parole era stato un omone gigantesco, barba e capelli lunghi, fitti e ricci, enormi braccia e gambe ed un torace possente.
“Dev’essere il Guardiacaccia” pensò rapidamente Sirius, affrettandosi a seguirlo mentre s’incamminava per un sentiero piuttosto scosceso che si staccava brutalmente dalla piattaforma della stazione.
Gli studenti del primo anno, tra mormorii eccitati e passi frettolosi, vennero condotti dal Guardiacaccia lungo la stradina. Ad un certo punto l’omone enunciò ad alta voce: «Alla prossima curva, vista panoramica su Hogwarts».
Una volta arrivati al punto previsto, dei cori di meraviglia si sparsero fra i ragazzi. Sirius restò immobile, in preda all’emozione.
Un lago enorme si stendeva sotto di loro, le acque nere come la pece sotto la luce lunare. Lo sovrastava, abbarbicato su un’imponente rupe, il castello di Hogwarts, uno stupefacente edificio pieno di torri altissime, merli e finestre gotiche, le cui luci si riflettevano sulla superficie dello specchio d’acqua sottostante.
Arrivarono sulla sponda, e trovarono ad aspettarli un gran numero di barchette. Il loro accompagnatore li ammonì di non andare più di quattro su una singola barca, ed appena si furono tutti sistemati partirono alla volta del castello, chi remando e chi reggendo una lanterna per fare luce.
La meraviglia spadroneggiava ancora fra gli incantati studenti, che vedevano Hogwarts avvicinarsi sempre di più mentre avanzavano nelle placide acque tenebrose.
«Giù la testa!» gridò il Guardiacaccia all’improvviso, e tutti si affrettarono ad obbedire all’ordine, mentre le imbarcazioni passavano sotto una cortina d’edera che nascondeva l’ingresso ad un porticciolo sotterraneo, scavato nella roccia, da cui si dipartiva una scalinata molto ripida.
L’omone li condusse su per quella scala, fino a che non arrivarono davanti ad un maestoso portone di quercia.
Il gigante bussò, ed immediatamente il portale si aprì, mostrando una strega piuttosto alta, dal viso severo e dignitoso, la veste verde smeraldo e dei capelli corvini tenuti insieme in uno stretto chignon.
«Ecco le nuove reclute, professoressa McGranitt» disse il Guardiacaccia, il tono improvvisamente più pomposo.
«Grazie, Hagrid» gli si rivolse la donna. «Da qui in avanti me ne occupo io».
Fece loro un segno, e tutti quanti la seguirono in silenzio, mentre li conduceva attraverso la Sala d’Ingresso.
Sirius si guardò intorno, sbalordito. Era enorme, con un soffitto altissimo e molte finestre strette ed ogivali. Non aveva mai visto una stanza del genere, nemmeno nella residenza estiva di suo zio Cygnus esisteva qualcosa di simile.
Lui e gli altri vennero condotti dalla professoressa McGranitt fino ad una sala piuttosto piccola, dove si stiparono tutti insieme.
«Benvenuti a Hogwarts» annunciò la donna. «A breve avrà luogo il banchetto di inizio anno, tuttavia prima di prendere posto dovrete essere smistati nelle vostre Case. Lo Smistamento è una cerimonia importante, perché finché starete in questa scuola, la vostra Casa sarà un po’ come la vostra famiglia, e frequenterete le lezioni con i vostri compagni di dormitorio, riposerete nei locali a voi destinati e passerete il tempo libero nella Sala Comune del vostro dormitorio.
«Le quattro case si chiamano Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Ognuna di esse ha una nobile storia alle sue spalle, e tra le sue fila sono passati maghi e streghe di prim’ordine. Finché resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno guadagnare punti alla vostra Casa, mentre le violazioni delle regole gliene faranno perdere. Durante il banchetto di fine anno, la Casa che avrà totalizzato più punti sarà premiata con una Coppa delle Case, che costituisce un grande onore. Mi auguro vivamente che saprete dare lustro alla Casa alla quale verrete a breve assegnati.
«La cerimonia inizierà fra qualche minuto in Sala Grande, nel frattempo vi consiglio di farvi più belli che potete. Tornerò non appena potrà iniziare la cerimonia, vi prego di attendere in silenzio» concluse, spiccia, prima di lasciarli soli.
Immediatamente un brusio si levò nella sala.
Sirius si rivolse ad Adam, con un sorriso. «Allora Rosier, pronto a finire a Tassorosso?» gli chiese, malizioso.
Il ragazzo scoppiò in una fragorosa risata. «Ho tante probabilità quante ne hai te, Black» rispose, con le labbra increspate in un ghigno.
Sirius si guardò attorno. Potter e Cornfoot si trovavano poco distanti da loro, e confabulavano fitto fitto; notò che a loro si erano aggiunti un ragazzo piuttosto alto con i capelli color del miele e l’aria malaticcia, ed un altro ragazzo basso e tarchiato, con lo sguardo acquoso e una grande agitazione dipinta sul volto appuntito. Dall’altra parte, invece, si trovavano la ragazza dai capelli rossi e l’unticcio Severus, lui che le parlava emozionato all’orecchio, mentre lei lo ascoltava a malapena ed era piuttosto assorta nei suoi pensieri.
Sirius fece indugiare un altro po’ lo sguardo sui suoi occhi verdi, finché la professoressa McGranitt non tornò.
«Siamo pronti a ricevervi» annunciò. «Mettetevi in fila e seguitemi».
Fecero quanto ordinato, e percorsero nuovamente la Sala d’Ingresso accompagnati dalla strega, passarono attraverso delle doppie porte e finalmente entrarono nella Sala Grande, già gremita di studenti.
Sirius dovette mantenere il controllo su sé stesso per non spalancare la bocca. Una stanza enorme, grande quanto una cattedrale, con il soffitto incantato che lo rendeva simile al cielo stellato che si trovava fuori, illuminata da miriadi di candele sospese a mezz’aria, le quali si libravano sopra quattro lunghe tavolate di legno, apparecchiate con piatti e calici d’oro brillante. In fondo alla sala, perpendicolare agli altri, si trovava un altro tavolo, leggermente più corto, dietro al quale erano seduti gli insegnanti.
Fu davanti a quello che la professoressa McGranitt li fece sistemare, facendoli allargare in un gruppo compatto.
Sistemò rapidamente uno sgabello di legno a quattro gambe davanti a loro, sopra uno scalino, e vi appoggiò un vecchio cappello da mago, tutto frusto e rattoppato.
Tutti nella Sala fissarono il copricapo, mentre il silenzio prendeva lentamente forma. Non appena tutti tacquero, il cappello si contrasse. Uno strappo vicino al bordo si spalancò, simile ad una bocca, e lui iniziò a cantare:
«“È assai attempato!” voi sicur pensate,
ma io virtù ne posseggo a palate.
Non disdegnatemi per il mio aspetto,
perché al vostro posto sicur io vi metto!
Se lesti sul capo voi mi poserete,
ogni vostra virtù da me ascolterete,
ed io, dopo un’attenta riflessione,
saprò certo trovarvi una collocazione!
Sarà Grifondoro la vostra strada,
dove il coraggio alzerà la spada!
Dove ogni audace, oh che portento!
Saprà certo trovare il suo ardimento.
O sarà Tassorosso ciò che fa per voi?
Lavor duro e gentilezza albergan tra i suoi!
Se nel vostro cuore prevale l’aiuto,
il vostro cammino è ormai compiuto!
Oppur Corvonero, sarà perfetto
Per chi tra voi abbonda in gran intelletto!
Come vostra più grande aspirazione,
avrete il sapere e la comprensione.
E a Serpeverde, invece voi andrete,
se di gran furbizia il colmo avrete.
Con mente acuta e larga ambizione,
Potrà rifulgere ogni vostra azione!
Orsù, coraggio, timor non abbiate,
Indossatemi tosto e Smistarvi fate!
Perché io non son veggente o chiromante,
Io son solamente il Cappello Parlante!»

Una volta terminata la canzone, nella Sala esplose un applauso fragoroso, mentre il Cappello si inchinava ad ognuno dei quattro tavoli.
La professoressa McGranitt strotolò un foglio di pergamena, e si rivolse nuovamente agli alunni del primo anno.
«Quando chiamerò il vostro nome, voi verrete avanti, e vi poserò sulla testa il Cappello Parlante, il quale vi Smisterà nella vostra casa».
Inforcò dei piccoli occhiali ed iniziò a leggere la lista.
«Abbott, Gregory!»
Un ragazzo allampanato dai capelli rossi raggiunse timidamente lo sgabello. La professoressa gli mise il Cappello sulla testa, e dopo qualche secondo lo udirono gridare alla Sala: «TASSOROSSO!»
Il secondo tavolo a sinistra2 scoppiò in un applauso collettivo ed in un tripudio di grida, per dare il benvenuto al nuovo membro.
«Avery, Silvius!»
Un ragazzo biondo, piuttosto imponente, venne fatto accomodare ed il Cappello, non appena venne posato sul suo capo, gridò: «SERPEVERDE!»
Vennero chiamate altre due persone, dopodiché…
«Black, Sirius!»
Il diretto interessato si mosse verso la panchetta di legno, piuttosto nervosamete. Si sedette, e la professoressa McGranitt gli calò il magico Cappello sulla testa, il quale scivolò tanto da coprirgli la vista, lasciandolo al buio più completo.
«Mmmh» fece una vocetta sottile all’orecchio di Sirius. «Ma chi abbiamo, l’Erede di Casa Black a Hogwarts…» mormorò, in tono malizioso. «Vedo tanto talento e un grande avvenire davanti a te. C’è molta ambizione, e voglia di primeggiare, ma vedo anche il tuo desiderio di fare le cose per bene come ti è stato insegnato in famiglia. Perché la Famiglia è tutto, vero Black? Molto bene, in tal caso non ti troverai in disaccordo con me se ti collocherò in…» il Cappello si interruppe per qualche secondo. «SERPEVERDE!» urlò poi, rivolto alla Sala.
L’ultimo tavolo, all’estrema destra, esplose in un boato di grida e mani battute, mentre Sirius, liberatosi del Cappello, vi si diresse, in parte immensamente sollevato dal responso, ma anche leggermente intimorito.
Gli venne fatto spazio sulla panca da Avery, il ragazzo biondo piuttosto grosso, che gli diede una sonora pacca sulla spalla, mentre un altro giovane, con i capelli biondo chiarissimo e la spilla da prefetto lucente appuntata sulla veste, gli strinse vigorosamente la mano da sopra al tavolino.
Sua cugina Narcissa si alzò per scoccargli un bacio sulla guancia, sussurrandogli: «Bravo, Sir».
Sirius strinse la mano a qualche altro compagno di dormitorio, dopodiché la sua attenzione si rivolse di nuovo allo Smistamento.
«Cornfoot, Samuel!» chiamò la McGranitt.
L’Erede di Casa Cornfoot si recò titubante sullo sgabello, e i suoi occhi blu sparirono sotto la stoffa del Cappello, che lo tenne lì per due minuti finché non si decise ad urlare: «GRIFONDORO!», facendo scoppiare il tripudio al tavolo all’estrema sinistra della sala.
Dunque, aveva veramente rotto la tradizione della sua famiglia.
Valery Crabbe divenne anch’egli Serpeverde. Vi furono poi una Grifondoro e un Corvonero, e dopo la professoressa chiamò: «Evans, Lily!»
La ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi dello scomparimento si avvicinò, intimorita, al Cappello Parlante, che le venne messo sul capo. Sirius si riscosse dai suoi pensieri, fissando lo sguardo sulla scena.
Poco più di un minuto dopo l’oggetto era pronto ad esclamare il suo verdetto, che fu: «GRIFONDORO!», scatenando nuovamente l’esultanza al tavolo all’estrema sinistra.
Molti altri nomi vennero chiamati, parecchi ragazzi trovarono il loro posto, finché non si arrivò a «Potter, James!»
Il ragazzo andò con passo sicuro verso il Cappello, e non appena lo ebbe addosso questi gridò: «GRIFONDORO!», e James Potter si diresse verso il tavolo di quella Casa trattenendo a stento la gioia.
Altri due studenti, e venne il turno di «Rosier, Adam!»
Sirius si drizzò sulla panca, attento come non mai.
Il Cappello Parlante rimase sulla testa di Adam per non più di cinque secondi, per poi dichiarare con enfasi: «SERPEVERDE!»
Sirius batté forte le mani insieme a tutti gli altri alla tavolata, e fece posto ad Adam vicino a sé, congratulandosi allegramente con lui.
Tre alunni dopo, la professoressa McGranitt chiamò: «Snape, Severus!», ed  il ragazzo unticcio si sedette sullo sgabello, indossando il Cappello Parlante. Questo ci mise trenta secondi a decidere dove collocare il giovane, e gridò a tutta la Sala: «SERPEVERDE!»
Sirius batté educatamente le mani, ma senza l’entusiasmo che aveva usato per festeggiare Adam, e non si congratulò con Snape quando questo raggiunse la tavola.
Non gli andava proprio a genio, ma aveva sospettato che lo avrebbe avuto come compagno di dormitorio.
Dopo che «Zoran, Caradoc!» venne dichiarato Grifondoro, la cerimonia ebbe fine e lo sgabello col Cappello sopra venne rimosso.
Il preside, Albus Silente, si alzò in piedi, salutando tutti gli studenti con un enorme sorriso. Era alto, aveva capelli e barba bianchissimi e molto lunghi, degli occhiali a mezzaluna ad incorniciare degli occhi di un azzurro penetrante, e un naso lungo e un po’ storto.
Aprì le braccia e disse: «Cari nuovi studenti, benvenuti! Ai più anziani, bentornati. Non vi tedierò oltre, ma voglio dire solo due parole: dateci dentro!» e si sedette nuovamente, sorridendo.
Apparvero dal nulla una miriade di pietanze, una più succulenta dell’altra. Sirius si guardò intorno meravigliato, ma si riscosse immediatamente, iniziando a servirsi di un po’ di tutto.
La cena proseguì tranquilla, tra grandi mangiate e molte chiacchiere, e quando l’ultimo dolce fu spazzolato via, i piatti ed i calici usati sparirono senza lasciare traccia.
A quel punto, il preside si alzò di nuovo. Sirius, appesantito e assonnato a causa del tanto mangiare, spostò a fatica la sua attenzione su di lui.
Il professor Silente sorrise a tutti. «Molto bene, ora che ci siamo abbuffati come si deve, desidero fare degli annunci di inizio anno.
«Tutti gli studenti del primo anno prendano nota, che l’accesso alla Foresta che circonda il parco è severamente proibito a chiunque. Anche alcuni dei veterani dovrebbero… ricordarlo.
«Poi il nostro guardiano, il signor Filch, mi ha chiesto di ricordarvi che quest’anno le Caccabombe sono state aggiunte all’elenco degli oggetti proibiti. Per chi volesse consultare il lunghissimo elenco, potrà trovarlo appeso fuori dall’ufficio del signor Filch.
«Le selezioni per le squadre di Quidditch avranno luogo nel mese di ottobre. Chi, dal secondo anno in su, volesse parteciparvi, dovrà recarsi dal Direttore o dalla Direttrice della propria Casa, che provedderanno a stilare le liste per i Capitani.
«Ed ora, prima di salutarci, come di consueto intoniamo l’inno della scuola!» esclamò l’uomo, gioviale. Agli altri insegnanti era scomparsa l’allegria dal volto.
Silente agitò la bacchetta in aria, e un fascio di parole apparve, posizionandosi sopra il tavolo degli insegnanti, dov’era ben visibile da tutti.
«Scegliete il motivetto che preferite. Pronti, partenza… via!»
Ognuno cantò a modo suo:
«Hogwarts, Hogwarts del nostro cuore,
te ne preghiamo, insegnaci bene
giovani, vecchi, o del Pleistocene,
la nostra testa tu sola riempi
con tante cose interessanti.
Perché ora è vuota e piena di venti,
di mosche morte e idee deliranti.
Insegnaci dunque quel che è richiesto,
dalla memoria cancella l’oblio
fai del tuo meglio, a noi spetta il resto
finché al cervello daremo l’addio».

Quandò tutti ebbero terminato, Silente si asciugò gli occhi e applaudì sonoramente.
«La musica…» esalò, sognante. «La più grande magia di tutte! Ed ora, tutti a nanna, forza!» e così congedo la scolaresca.
Tutti si alzarono, rumorosamente. Gli alunni del primo anno dovevano seguire i prefetti che li avrebbero scortati fino al dormitorio.
Sirius e Adam si affrettarono quindi a raggiungere Lucius Malfoy, ossia il prefetto coi capelli biondissimi che aveva stretto la mano al giovane Black quando aveva preso posto al tavolo dei Serpeverde.
Costui li portò, tramite una porta che si trovava nella Sala d’Ingresso, in un corridoio lungo, oscuro e umido, che sembrava penetrare nelle viscere della terra.
«Questi sono i sotterranei» li informò Malfoy, strascicando le parole. «Qui si trovano l’aula dove frequenterete le lezioni di Pozioni, e la Sala Comune della nostra Casa».
Continuarono a seguirlo in quel passaggio illuminato da torce, finché non arrivarono davanti ad una parete, che sembrava identica a tutte le altre.
Malfoy declamò a gran voce: «Salazar!», ed una sezione del muro di pietra si trascinò di lato, rivelando un’apertura.
Quando tutti l’ebbero attraversata, si trovarono in una sala piuttosto grande, piena di vetrate di un colore verde acqua, con disseminati molti divanetti e poltrone di pelle nera, un grande tavolino di ebano al centro, e, sul lato destro, un caminetto acceso.
Ovunque vi erano lampadari con delle luci di colore verde.
Sirius fissava pieno di meraviglia le grandi finestre, e si rese conto che si trovavano sotto il Lago Nero. Un calamaro gigante passò davanti uno dei vetri, attirando l’attenzione di tutti.
Lucius Malfoy li fece riunire. «Ci siete tutti? Molto bene, questa è la nostra Sala Comune» disse, la voce annoiata. «I dormitori delle ragazze sono dietro la porta a destra, quello dei ragazzi dopo quella a sinistra. Troverete che tutti i vostri effetti personali saranno già nelle vostre stanze».
Sirius e Adam seguirono Avery, Mulciber, Crabbe e Snape, ossia i loro compagni di dormitorio, oltre la porta dei ragazzi, e salirono tutti insieme una scala a chiocciola, il cui corrimano era intagliato per avere la forma di un serpente.
Superarono un’altra porta, trovandosi un breve corridoio davanti.
Entrarono nel dormitorio assegnato al primo anno, e trovarono ad aspettarli sei letti a baldacchino, con tende e coperte di colore verde e argento, ed i loro bauli posati in un angolo. Anche lì erano presenti un paio di finestre che davano sul lago.
Sirius e Adam si contesero uno dei letti più vicini ad una di quelle aperture, ridendo e scherzando.
Sirius riuscì a prevalere di misura, e si sistemò soddisfatto sul suo premio, mentre Adam lo guardava storto e prendeva posto sul letto accanto il suo.
Il giovane Black avvicinò il baule e tirò fuori il pigiama, scuro come la notte.
Una volta che tutti furono pronti e si dettero la buonanotte, Sirius entrò nelle coperte e vi si rigirò dentro.
Si mise a pensare alla giornata che stava per concludersi. Decise di considerarla positiva, tutto sommato.
Faceva parte di Serpeverde, e suo padre sarebbe stato fiero di lui. Aveva già trovato un amico, se lo sentiva, ed era un giovane rampollo di un’importante famiglia Purosangue, quindi simile a lui sotto molti aspetti. Ora non restava che iniziare questa nuova vita a Hogwarts che, Sirius ne era ormai convinto, era iniziata nel migliore dei modi.

Note di fine capitolo

Angolo dell’autore:
Questa storia è un esperimento. Tutto è partito con una domanda: Sirius, senza la nefasta influenza della “dolce” Walburga, sarebbe stato la stessa persona? Io credo di no. Ho deciso quindi di creare un universo alternativo, in cui Sirius è stato cresciuto da un’altra donna, sempre Purosangue di alto lignaggio, ma decisamente più affettuosa della sua vera madre, che qui è morta di parto dopo aver dato alla luce Regulus.
La donna si chiama Morgana Burke, fa parte della stessa famiglia di uno dei due proprietari del negozio "Borgin & Burke" a Knockturn Alley.
La storia spazierà molto nel tempo, e vi saranno dei notevoli salti temporali. Rappresenterà l’evoluzione di questo Sirius Black, in tutte le sue sfaccettature.
Per quanto riguarda i cognomi: ho deciso che manterrò la maggior parte dei cognomi nella versione originale, semplicemente perché li apprezzo di più, perciò il cognome Tiger sarà Crabbe, Gazza sarà Filch, Caramell sarà Fudge, Piton sarà Snape e così via. Altri, invece, rimarranno uguali all'edizione Salani, per esempio Silente o McGranitt.
Anche alcuni luoghi (come Knockturn Alley) manterranno il nome originale che gli ha dato la cara Joanne.
Adam Rosier è un personaggio inventato, che io immagino come fratello maggiore del Mangiamorte Evan Rosier.
Anche Samuel Cornfoot è stato da me “partorito”, perché in questa storia Sirius non sarà mai un Malandrino, e mi serviva un degno sostituto. Ho quindi creato il rampollo di una famiglia di puristi che sono sempre stati smistati a Corvonero (perché secondo me non tutti i puristi di sangue appartengono a Serpeverde), che si pone in conflitto con i suoi parenti, è perciò il “Sirius” di questa storia. Il suo cognome l’ho preso da Stephen Cornfoot, che mi sembra faccia parte di quella famosa lista dei nomi originali che J.K. Rowling ha pubblicato su Pottermore. È un compagno Corvonero che ha iniziato Hogwarts nel 1991 come Harry, ed è specificato sulla Harry Potter Wiki che è Purosangue, perciò il cognome Cornfoot non è di mia invenzione ma fa parte dell’“universo Rowling”.
Per quanto riguarda il rapporto tra Sirius Black e James Potter in questo universo, vedrete da voi nei prossimi capitoli.
Posso anticiparvi che comunque non si odieranno, tranquilli. ;)
Per il momento il rating sarà PG13, potrà crescere col tempo, soprattutto quando Sirius diventerà adulto.
Altre informazioni di carattere temporale: Sirius, secondo la Harry Potter Wiki, è nato nell'autunno del 1959, perciò frequenta Hogwarts con i nati nel 1960 pur essendo più grande, perché la lettera della Scuola arriva il giorno dell'undicesimo compleanno, e se questo cade dopo il 1° settembre, automaticamente si frequenta la scuola l’anno successivo. Ho scelto come data il 2 novembre 1959, senza un motivo preciso.
Ho dato a Regulus invece, come data di nascita, il 10 gennaio 1961, per fargli avere col fratello una differenza d'età di poco più di un anno.
Ok, per il momento non c’è altro da spiegare, spero che questo mio Sirius Black più… ‘Black’ e sperimentale possa piacere a qualcuno.
Io non ho mai letto qui una storia su un Sirius “alternativo”, perciò mi scuso in anticipo se qualcuno potrà trovare delle similitudini con la sua storia.

 

Note del capitolo:

1Secondo me, Dorea Black e Charlus Potter non sono i genitori di James, come si legge nel 99% delle fanfiction che lo riguardano, ma solamente due suoi prozii paterni.
2Le tavolate, secondo la mia visione, sono così disposte, guardandole dal tavolo degli insegnanti: Grifondoro all’estrema sinistra, poi Tassorosso, Corvonero ed infine Serpeverde all’estrema destra della Sala Grande.

¡Hasta la vista!
 
Alessandro

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