Effettivamente, c’era qualcosa di strano nell’aria, Piton lo avvertì nell’uscire. Abituato da anni a una tranquilla routine, colse subito questa nota stonata, questa crepa apertasi nel muro della consuetudine. Chiuse le tre serrature dell’ufficio con una calma sospettosa, guardando di qua e di là per la strada; e prima di Smaterializzarsi per andare a casa, stette per un attimo in silenzio, profondamente concentrato. I secondi passarono veloci, e ogni cosa restò ferma al suo posto, nel suo giusto ed equilibrato ordine, così come doveva essere: i lampioni semiaccesi, le finestre chiuse e buie, la neve soffice sotto i piedi, il vento che agitava il mantello… Era tutto tranquillo. Troppo tranquillo.
In preda a un’improvvisa ansia, Piton si Smaterializzò davanti casa con un gesto nervoso. Nel frattempo, tentava con tutte le sue forze di calmarsi, di dirsi e convincersi che forse aveva lavorato troppo, che quei maledetti inviti l’avevano scombussolato, che una buona dormita avrebbe risolto tutto. Quando si vide davanti il portone di casa, sorrise (anzi, ghignò) soddisfatto: doveva solo entrare e buttarsi sul letto. Puntò la bacchetta per aprire la porta con un Alohomora… e si bloccò.
C’era qualcosa attaccato alla porta, qualcosa di grosso e verdastro, ovale e dai lunghi filamenti. No, non erano filamenti, si corresse, erano troppo consistenti… sembravano più capelli, lunghi capelli biondi fluttuanti nell’aria. E sotto, quella specie di uovo verdastro non era uniforme, vi si scorgevano dei segni, pronunciati, decisi, a volte rigidi: due fessure a metà, divise da una protuberanza, un altro segno sotto, una specie di bocca…
D’un tratto, le due fessure si aprirono, e due globi di luce biancastra si accesero. Erano molto piccoli, e avevano un centro nero, come le pupille di un occhio umano… un occhio che lo guardava, un occhio grigio che gli era familiare… sembrava proprio…
No! esclamò in silenzio, rendendosi conto di quel che stava guardando, di quello che lo stava guardando. Era un volto umano, il volto di un morto, il volto di Lucius Malfoy.
Piton chiuse gli occhi di botto, serrandoli con tutte le sue forze. Respirò a fondo, e provò a ricacciare la paura indietro. Non era la prima volta che vedeva un fantasma, quindi non avrebbe dovuto spaventarsi. Eppure... eppure quest'apparizione aveva qualcosa di strano, qualcosa che sembrava colpirlo dritto in quel punto del petto dove, in teoria, ci sarebbe dovuto essere il cuore.
Ma i fantasmi non fanno questo effetto, si disse... a meno che non siano Ritornanti, fantasmi che, invece di tornare definitivamente nel mondo dei vivi in forma spiritica, vi tornano una volta sola e per parlare a un'unica persona. Ma per quale motivo Lucius Malfoy avrebbe dovuto tornare come Ritornante da lui?
Riaprì gli occhi. Sulla porta non c’era nulla. Sospirò di sollievo. Il silenzio della sera gli rimandò un’eco di quel sospiro, che lo fece rabbrividire. Pronunciò l’incantesimo ed entrò in casa di fretta, come se stesse scappando.
Qualche ora dopo, Piton poteva dire di essersi calmato. Si era vestito per la notte, si era preparato la sua parca cena e l’aveva mangiata come ogni sera. Aveva ricontrollato tutta la sua casa con attenzione, e non aveva notato niente di insolito. Il silenzio aveva smesso di inquietarlo, ed era ridiventato la quiete usuale della sua solitudine. Dopotutto, forse, tutte quelle visite inutili l’avevano spossato: in fondo, cominciava ad avere una certa età, e certi cedimenti erano comprensibili. Insomma, era tutto facilmente spiegabile, e del tutto privo di mistero.
Stava per andare a letto, abbandonando quei fastidiosi pensieri per un’altra notte senza sogno, quando udì dei colpi alla porta. Era un rumore lieve, quasi inudibile, e poteva anche essere spiegato con il vento. Ma non era quello che gli dissero i suoi nervi, subito risvegliati da quel rumore imprevisto. I colpi continuarono, levando ogni dubbio: qualcuno bussava, chiedendo di entrare.
Quando il rumore finì, Piton cercò di convincersi che non fosse vero, ma non fece in tempo, perché udì degli altri rumori: qualcuno saliva, e trascinava qualcosa con sé, qualcosa di pesante, che produceva un suono raschiante sui gradini. Ed era vicino, sempre più vicino. La sua mano corse alla bacchetta e la strinse, decisa: chiunque fosse, avrebbe trovato pane per i suoi denti.
Il rumore si fermò alla porta, e un attimo di silenzio, più terrificante di qualunque altra cosa, seguì. Piton non si rilassò: sapeva che era solo la calma prima della tempesta.
Non si era ingannato. Qualche secondo dopo, una nube argentea stranamente cubica entrava dalla porta, una figura magra e biancastra… una figura umana, avvolta in quello che sembrava un mantello nero, con lunghi capelli biondi.
“Ciao, Severus” lo salutò, con una voce fin troppo nota, nonostante adesso sembrasse uscire da chissà quali profondità.
“L… L… Lucius?” balbettò Piton, riconoscendo il suo ex socio.
Il fantasma si mosse in avanti, e solo adesso Piton notò la catena lunga e pesante che gli partiva dal collo, gli avvolgeva il torace e gli stringeva le gambe. Alla fine di questa, era appesa una specie di cassaforte, marchiata col sigillo personale di Lucius Malfoy, che strisciava per terra.
“E’ bello rivederti, socio”.
“Anche… per me…” Stava riprendendo coraggio, Piton: dopotutto, era solo il fantasma del suo ex socio, e contro di lui non poteva avere nulla… nulla che lui ricordasse.
“Come sta mio figlio?” chiese Malfoy, un tono di rimpianto nella voce, che lo sorprese. In vita, Lucius Malfoy non era stato precisamente un padre amorevole.
“Bene, credo… non lo vedo da anni. Non ha voluto continuare il lavoro con me, preferisce passare il tempo con i suoi nuovi amici… gente che non ti piacerebbe.”
“E’ sempre stato più furbo di me…”
La bocca di Piton per poco non gli si spalancò per lo stupore. Aveva sentito bene? Lucius Malfoy aveva davvero elogiato suo figlio, quel figlio che era stato sul punto di diseredare, se non fosse stato figlio unico? Questo era assai più scioccante del vederselo lì in forma di fantasma!
“Pensi che sia impazzito, vero?” Un’amarezza immensa trapelava dalla voce dello spettro. “No, Severus. Non sono mai stato più sano di mente di adesso… e sono morto!”
“E… e cosa fai qui?” A dire la verità, era la prima domanda che era venuta in mente a Piton fin da quando se l’era visto volteggiare davanti, ma solo adesso trovò la forza di formularla.
“Vengo a trovarti, Severus” disse Malfoy, levando il dito magro e trasparente. “Sono venuto per te.”
“Per me? Ma… cosa ti ho fatto?”
“Non è quello che hai fatto a me, Severus. Per me, anzi, sei stato una persona di fiducia, forse l’unica in tutta la mia vita. Ma per gli altri… per i tuoi simili… non hai fatto nulla. La vedi questa?” E sollevò la catena, mostrandogliela.
“Me la sono forgiata in vita, personalmente, anello per anello, ogni singolo anno, mese e giorno. Ogni volta che ero duro e freddo con qualcuno, ogni volta che gli negavo pietà e comprensione, ogni volta che mi rifiutavo di vedere la sua pena, aggiungevo un anello. E adesso… adesso la devo indossare per l’eternità, e trascinarmi dietro quella cassa senza potermi fermare un momento. E me lo sono meritato.” Prese una pausa, e poi continuò.
“Da vivo, non ho mai voluto che il mio spirito superasse il nostro ufficio, o il mio corpo. Non ho mai gioito con nessuno, pianto con nessuno, riso con nessuno! Ho pensato solo a me stesso, mi sono arricchito con ogni mezzo, ho generato un figlio solo per non perdere nulla di quel che avevo conquistato… ed ecco quel che mi rimane!”
La casa sembrò tremare d’improvviso, impaurita dalla furia dello spettro. Piton lo fissava incredulo, sudando freddo, ogni singolo pelo del suo corpo ritto per la paura, la salivazione azzerata.
“E tu…” disse alla fine Malfoy, fissandolo a sua volta con uno sguardo tremendo. “Tu stai peggio di me.”
Mosse la mano nell’aria, e d’improvviso Piton si ritrovò incatenato: una striscia biancastra di anelli fissati gli uni agli altri gli era addosso, dal collo ai piedi, e andava oltre, stendendosi fino alla porta, dove si radunava in un mucchietto di fumo.
“Quando sono morto, le nostre catene erano di lunghezza uguale” disse Malfoy. “Adesso, come vedi, è assai più lunga.”
“E non… non c’è un modo per evitarlo?” chiese Piton.
“Mi fa piacere che tu l’abbia chiesto” sorrise Malfoy, ritirando la mano. Subito, la catena scomparve di dosso a Piton, che respirò liberamente. “C’è un modo per evitarlo, Severus. E io sono qui per dirtelo.”
“Lucius… grazie… io…”
“Lascia perdere i ringraziamenti! E’ passato il tempo in cui un grazie poteva essermi utile a qualcosa! Ascoltami invece. Questa notte riceverai la visita di tre spiriti. Ascoltali attentamente, e potrai salvarti.”
“T-tre spiriti? Come, tre spiriti?” esclamò Piton, tremando alla sola idea. “Non c’è un altro rimedio?”
“No, Severus, non c’è. Prendere o lasciare, come amavo dire ai nostri debitori.”
Una smorfia apparve sul viso di Piton, ricordando quante volte aveva sentito Malfoy esprimersi in quel modo a uno dei loro disgraziati clienti. Ma scomparve subito quando si rese conto che, allora, la frase era detta con tono di trionfo e di sottile perfidia, mentre adesso era solo un’espressione sconsolata di necessità ineluttabile.
“D’accordo” sospirò. “D’accordo, li aspetterò. Grazie.” L’ultima parola fu detta con un certo sforzo: era da parecchio tempo che Severus Piton non ringraziava più qualcuno, ma stavolta non poteva certo esimersi, per quanto la prospettiva di incontrare tre spiriti non gli piacesse per niente.
In quel momento, l’orologio suonò l’ora. Undici cupi rintocchi echeggiarono nell’aria immobile della sera, undici segnali che il tempo passava nella sua corsa inarrestabile.
“Devo andarmene” sussurrò Malfoy. “Il mio avvertimento te l’ho dato. Fanne buon uso, Severus Piton, e che possa tu vivere felice gli anni che ti rimangono. E se mai vedrai mio figlio, digli… digli che mi dispiace per tutto.”
Per la verità, Severus Piton aveva seri dubbi che avrebbe rivisto il giovane Malfoy, e anche nel caso, ben difficilmente gli avrebbe riferito quel messaggio, visto chi era il mittente; ma non ebbe cuore di far valere queste obiezioni pur ragionevoli. Qualcosa, all’altezza del petto, si era sbriciolato.
Il fantasma di Lucius Malfoy lo guardò un’ultima volta con un lungo sguardo di avvertimento, poi si voltò e puntò deciso verso la porta, che attraversò. La cassa, però, rimase lì ferma, finché la catena non fu completamente uscita dalla porta: solo allora si mosse, e lentamente uscì dalla porta, trainata dalla catena.
E Piton non osò muoversi finché il rumore della cassa trascinata non svanì.