Silente aveva cercato di evitare quel confronto per cinque lunghissimi anni: sperava che se ne occupasse qualcun altro, d'altronde la guerra magica cominciata da Grindelwald non era dilagata anche in Gran Bretagna: nessuno, almeno in linea teorica, si aspettava un suo intervento nella questione. Le circostanze, però, erano diverse; la tenacia e la sfrontatezza con cui Grindelwald proseguiva la sua campagna di morte erano, al pari delle sue doti magiche, eccezionali. L'unico abbastanza potente per sconfiggerlo pareva quindi lui solo e sapeva anche il perché: solamente qualcuno che, come lui, si era prima immerso anima e corpo nella magia più oscura - oh, sì, unicamente per combatterla, era la menzogna che si ripeteva da decenni - avrebbe potuto fermare, ma anche prevedere le mosse di un avversario tanto valente.

Dopo essersi Materializzato appena vicino alle rovine dove sapeva trovarsi Grindelwald, una morsa lo strinse allo stomaco, deformandogli i lineamenti in una smorfia. Si trattenne a stento dal vomitare sugli stivali di un giovane Auror della squadra che aveva scovato Grindelwald.

"Si sente bene signore? Stia attento, contiamo su di lei!"

"Lo terrò a mente, grazie."

Silente sentiva tutta la responsabilità delle aspettative di molti giovani come quello che gli stava di fronte, delle famiglie delle vittime di Grindelwald e dagli stessi assassinati che lo rimproveravano di aver aspettato così tanto e che gli affidavano la loro vendetta. Il suo avversario non era un mago qualunque e per lui era stato... molto più che un mago.

Lui l'aveva creduto un filosofo, un luminoso esempio, un amico, una guida... un amante. Quella parola gli martellava nella testa, perché ormai l'amore era la forza a cui si affidava più ciecamente. Ma era stato vero amore il loro? O solo un malato desiderio di grandezza che sarebbe stato più facile raggiungere in due, spalleggiandosi reciprocamente e poi tradendosi all'ultimo passo prima del traguardo?

Silente entrò in quella che doveva essere stato un maestoso salone, forse un tempo ricoperto di arazzi, con scene di battaglie di prodi cavalieri: lui lo stava aspettando, seduto su di un trono di marmo dall'alto schienale, il mantello abbandonato scompostamente dietro di sé e increspato in mille pieghe che venivano carezzate lievemente dalle sue mani affusolate. I suoi capelli rimandavano i riflessi del sole e sembravano una corona o un'aureola, posta sul capo di quel Lucifero scacciato dal cielo.

Era bello, tanto più perché Silente non solo ne vedeva l'aspetto attuale, ma ricordava anche quello passato e, al guardarlo, sentiva bruciare il segno delle sue labbra sulla sua pelle che, a molti anni di distanza, sembrava non essersi mai cancellato.

"Ti stavo aspettando," disse Gellert con voce carezzevole. "E' passato molto tempo. Come stai?"

"Non ti interessa. Veniamo al dunque."

"Pragmatico come al solito..." Grindelwald commentò calmo la risposta tagliente di Silente. E continuò, insolente: "Come va la famiglia?"

A queste parole Silente impallidì: era una vera provocazione, dal momento che l'ultima volta che si erano incontrati sua sorella era stata uccisa.

Silente si sistemò il cappello e, con un rapido gesto, commistione di eleganza e potenza, scagliò la prima maledizione contro l'avversario, che prontamente si difese e contrattaccò.

Se non fosse stato per l'aria elettrica e fremente di magia e per gli sguardi duri dei due contendenti si sarebbe potuto pensare ad un esercizio tra artisti che si passavano una scia luminosa incantata, rimodellandola sempre in nuove forme, colori e aspetti.

Silente lottava per bloccare e imprigionare l'avversario, mentre questi era deciso ad uccidere.

Silente notò, però, come la foga dell'altro si fosse attenuata dal tempo della loro giovinezza e non sapeva se fosse una strategia per poi colpirlo a sorpresa, oppure se fosse dovuto all'età o ad una confidenza che si prendeva a causa della loro amicizia passata.

Finalmente Silente riuscì ad imprigionarlo e un'espressione sorpresa apparve sul volto del contendente.

"Pensavi davvero che non mi sarei dato da fare seriamente per catturarti? Eppure lo dovresti sapere bene che m'impegno al meglio per raggiungere i miei obiettivi."

"Forse ti ho sottovalutato o forse ho creduto che ci avresti ripensato, che ti saresti unito alla mia causa e che questa fosse solo una prova di forza."

"Non ho più bisogno della tua approvazione."

"È vero, come vedi ora sono io quello che si piega ai tuoi piedi," Grindelwald accennò con un sorrisetto di scherno alle catene d'argento in cui Silente l'aveva imprigionato e che l'avevano fatto cadere disteso a terra. "Ma ricordati che io mi sono ritrovato così perché mi hai costretto tu, mentre tu ti eri gettato ai miei piedi per tua volontà."

"Che intendi dire?"

"Ah, Albus, l'amore! Quella grande forza in cui tu confidi era solo uno strumento per tenerti al guinzaglio. Io non ho mai provato niente per te, se non pietà e disgusto. Ma eri utile ai miei piani: il cagnolino adorante! Davvero tu ci credevi ancora al nostro amore?"

E scoppiò in una risata che continuò anche mentre gli Auror lo stavano portando via e Silente lo guardava con tristezza.

"Sì, io in quel momento ci credevo ed è questo che ci rende diversi. Io, nell'amore, ci ho sempre creduto."

 

For I have sworn thee fair, and thought thee bright,

Who art as black as hell, as dark as night.

 

Perché ti ho giurato chiaro e creduto luminoso,

tu che sei nero come l'inferno, scuro come la notte.

Note di fine capitolo

I versi finali sono tratti dal sonetto 147 di Shakespeare, dedicato alla "Dark Lady", qui li ho tradotti al maschile per adattarli alla storia. Spero vi sia piaciuta!

Ps. grazie a HarryArt, mio beta fedele! ;)

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