Note alla storia
Sviluppato per la sfida N° 12 di "Lotta all'ultimo inchiostro" di Magie Sinister, sul tema "Una scena dall'infanzia di Severus".
Re di aringhe
"Eccolo là", pensò Petunia Evans, "quell'orribile ragazzo!"
La bambina spilungona, con le scarpette di vernice ai piedi -troppo lunghi- e il vestitino
scozzese che le donava una certa aria rinsecchita, ricordava sicuramente un'acciuga,
nel senso più deleterio del paragone.
Forse per quello odiava recarsi il sabato mattina al mercato di Spinner's End, dove
vendevano il pesce.
"Si confonde con la merce che deve comprare...", considerò al proposito il piccolo
Severus Snape, scorgendola da lontano.
Era il suo pensiero prediletto, quando incontrava Petunia. Tra i due correva l'abitudine
perversa al più feroce scherno.
Il ragazzetto pallido guardò sconsolato le due monete che aveva in mano: troppo
poche.
Anche lui era un coscritto del banco del pesce, da non molto, e ormai era diventato
grandicello quanto bastava per andare da solo al mercato, a supplicare i commercianti
di fargli credito, e questo per colpa del padre che buttava i soldi nell'alcool.
Già, e poi pretendeva le sue aringhe, ogni sabato. Ne era maledettamente ghiotto,
Tobias Snape, e se non le trovava sulla tavola riversava la rabbia sterile sul figlio,
urlando, picchiandolo, definendolo un inutile incapace.
Meglio escogitare in fretta un modo per procurarsele...
Severus si affacciò al banco del pesce subito dopo Petunia, intrappolato nella
sgradevole sensazione di trovarsi gomito a gomito con lei.
"Ciao... acciuga!", le disse velenoso.
Per una volta non ci furono, da parte di lei, i soliti commenti di scherno per ciò che il
piccolo Snape indossava -un vestito scamiciato di sua madre, che sembrava un
grembiule-. Petunia era troppo impegnata a valutare, a comperare, a farsi
impacchettare... l'ultima libbra delle preziose aringhe!
"No! Le voglio io! Io... devo averle!", latrò disperato Severus, con un tono che
sembrava una supplica inconsulta, come rivolto al dio dei pescivendoli.
Il Signor Mulder lo guardò torvo, di sbieco, prima di rispondere burbero:
"è arrivata prima lei, ragazzino, e i suoi sono soldi sicuri!"
Petunia si limitò a un sorrisetto cattivo ma trionfante, mentre si appropriava
dell'incarto.
"Ma mio padre..." mormorò il piccolo Snape.
"Tuo padre farebbe meglio a saldarmi il conto!", rincarò il pescivendolo.
Dick il trasportatore, che stava ancora scaricando le cassette di pesce stivate sul suo
furgone, si avvicinò al piccolo Severus per indicargli un enorme esemplare bislungo,
che sembrava un serpente di mare.
"A tuo padre puoi spiegare cos'è successo al porto", esclamò entusiasta. "Vedi quello,
ragazzino? Sai cos'è?"
Severus fece no con la testa, sospettoso.
"E' il Re di Aringhe, perbacco! E' un pesce degli abissi!"
Sulla parola "abissi" Dick fece la voce cavernosa, ma Severus non si divertì. Aveva le
sue preoccupazioni e gli animali degli abissi lo lasciavano indifferente, al limite
schifato.
Dick proseguì, un po' meno lanciato. Strano, i bambini musoni erano la sua specialità!
"A volte, nei banchi di aringhe si trova il Regaleco, l'enorme pesce-remo. Figurati,
ragazzo, che può raggiungere i diciassette metri di lunghezza; e questo ne misurerà
almeno dodici! L'abbiamo esposto per incuriosire i clienti!"
"Non è buono da mangiare, puah!", fece eco Mulder il pescivendolo.
"Ho capito...", fece Severus rabbuiato. "Hanno pescato quello, insieme alle aringhe,
così ha portato via molto spazio dentro alla rete..."
"Per questo di aringhe ne abbiamo poche, oggi!", concluse Dick, contento che la sua
spiegazione fosse stata anticipata. Quel ragazzo musone almeno si dimostrava
intelligente.
Attorno a loro si era raccolto un capannello di curiosi.
"Non si può cucinare", stava borbottando Mulder, "è cattivo, e solo a toccarlo si riduce
in poltiglia! Puah, che pesce del cavolo!"
Petunia aveva sentito tutto, e ci aveva ragionato. Forse era arrivata anche la sua
occasione.
"Se ne compri una libbra e te lo mangi, ti darò le mie aringhe!" cinguettò con la faccia
da schiaffi rivolta a Severus.
"Sei... una vipera..." rispose il piccolo Snape, mentre calcolava vantaggi e svantaggi.
Rispetto alle botte del padre, quanto poteva essere cattivo quel pesce?
Rimase immobile e inespressivo per qualche attimo, poi sembrò fare la sua scelta.
"Crudo, immagino?"
Petunia annuì.
"Sta bene", fece Severus. Allungò le monete al pescivendolo, che bonfonchiando
qualcosa gli servì una porzione neanche piccola dello schifoso Regaleco.
Sapeva di fango e sangue, e sapeva di sconfitta, di tremenda umiliazione.
La folla lo incitava ad ogni boccone.
"Re-di-a-rin-ghe, Re-di-a-rin-ghe..."
Severus riuscì a vomitare poco lontano, e soprattutto non visto. Petunia rimaneva una
carogna, ma era stata di parola. Pulì il cartoccio delle aringhe dagli schizzi del prodotto
del proprio stomaco, riconoscendo in esso ogni sofferto boccone.
Re di Aringhe, lo chiamarono da allora al mercato.
Solo una delle ignobili prove che gli avrebbe riservato la vita.
"Eccolo là", pensò Petunia Evans, "quell'orribile ragazzo!"
La bambina spilungona, con le scarpette di vernice ai piedi -troppo lunghi- e il vestitino
scozzese che le donava una certa aria rinsecchita, ricordava sicuramente un'acciuga,
nel senso più deleterio del paragone.
Forse per quello odiava recarsi il sabato mattina al mercato di Spinner's End, dove
vendevano il pesce.
"Si confonde con la merce che deve comprare...", considerò al proposito il piccolo
Severus Snape, scorgendola da lontano.
Era il suo pensiero prediletto, quando incontrava Petunia. Tra i due correva l'abitudine
perversa al più feroce scherno.
Il ragazzetto pallido guardò sconsolato le due monete che aveva in mano: troppo
poche.
Anche lui era un coscritto del banco del pesce, da non molto, e ormai era diventato
grandicello quanto bastava per andare da solo al mercato, a supplicare i commercianti
di fargli credito, e questo per colpa del padre che buttava i soldi nell'alcool.
Già, e poi pretendeva le sue aringhe, ogni sabato. Ne era maledettamente ghiotto,
Tobias Snape, e se non le trovava sulla tavola riversava la rabbia sterile sul figlio,
urlando, picchiandolo, definendolo un inutile incapace.
Meglio escogitare in fretta un modo per procurarsele...
Severus si affacciò al banco del pesce subito dopo Petunia, intrappolato nella
sgradevole sensazione di trovarsi gomito a gomito con lei.
"Ciao... acciuga!", le disse velenoso.
Per una volta non ci furono, da parte di lei, i soliti commenti di scherno per ciò che il
piccolo Snape indossava -un vestito scamiciato di sua madre, che sembrava un
grembiule-. Petunia era troppo impegnata a valutare, a comperare, a farsi
impacchettare... l'ultima libbra delle preziose aringhe!
"No! Le voglio io! Io... devo averle!", latrò disperato Severus, con un tono che
sembrava una supplica inconsulta, come rivolto al dio dei pescivendoli.
Il Signor Mulder lo guardò torvo, di sbieco, prima di rispondere burbero:
"è arrivata prima lei, ragazzino, e i suoi sono soldi sicuri!"
Petunia si limitò a un sorrisetto cattivo ma trionfante, mentre si appropriava
dell'incarto.
"Ma mio padre..." mormorò il piccolo Snape.
"Tuo padre farebbe meglio a saldarmi il conto!", rincarò il pescivendolo.
Dick il trasportatore, che stava ancora scaricando le cassette di pesce stivate sul suo
furgone, si avvicinò al piccolo Severus per indicargli un enorme esemplare bislungo,
che sembrava un serpente di mare.
"A tuo padre puoi spiegare cos'è successo al porto", esclamò entusiasta. "Vedi quello,
ragazzino? Sai cos'è?"
Severus fece no con la testa, sospettoso.
"E' il Re di Aringhe, perbacco! E' un pesce degli abissi!"
Sulla parola "abissi" Dick fece la voce cavernosa, ma Severus non si divertì. Aveva le
sue preoccupazioni e gli animali degli abissi lo lasciavano indifferente, al limite
schifato.
Dick proseguì, un po' meno lanciato. Strano, i bambini musoni erano la sua specialità!
"A volte, nei banchi di aringhe si trova il Regaleco, l'enorme pesce-remo. Figurati,
ragazzo, che può raggiungere i diciassette metri di lunghezza; e questo ne misurerà
almeno dodici! L'abbiamo esposto per incuriosire i clienti!"
"Non è buono da mangiare, puah!", fece eco Mulder il pescivendolo.
"Ho capito...", fece Severus rabbuiato. "Hanno pescato quello, insieme alle aringhe,
così ha portato via molto spazio dentro alla rete..."
"Per questo di aringhe ne abbiamo poche, oggi!", concluse Dick, contento che la sua
spiegazione fosse stata anticipata. Quel ragazzo musone almeno si dimostrava
intelligente.
Attorno a loro si era raccolto un capannello di curiosi.
"Non si può cucinare", stava borbottando Mulder, "è cattivo, e solo a toccarlo si riduce
in poltiglia! Puah, che pesce del cavolo!"
Petunia aveva sentito tutto, e ci aveva ragionato. Forse era arrivata anche la sua
occasione.
"Se ne compri una libbra e te lo mangi, ti darò le mie aringhe!" cinguettò con la faccia
da schiaffi rivolta a Severus.
"Sei... una vipera..." rispose il piccolo Snape, mentre calcolava vantaggi e svantaggi.
Rispetto alle botte del padre, quanto poteva essere cattivo quel pesce?
Rimase immobile e inespressivo per qualche attimo, poi sembrò fare la sua scelta.
"Crudo, immagino?"
Petunia annuì.
"Sta bene", fece Severus. Allungò le monete al pescivendolo, che bonfonchiando
qualcosa gli servì una porzione neanche piccola dello schifoso Regaleco.
Sapeva di fango e sangue, e sapeva di sconfitta, di tremenda umiliazione.
La folla lo incitava ad ogni boccone.
"Re-di-a-rin-ghe, Re-di-a-rin-ghe..."
Severus riuscì a vomitare poco lontano, e soprattutto non visto. Petunia rimaneva una
carogna, ma era stata di parola. Pulì il cartoccio delle aringhe dagli schizzi del prodotto
del proprio stomaco, riconoscendo in esso ogni sofferto boccone.
Re di Aringhe, lo chiamarono da allora al mercato.
Solo una delle ignobili prove che gli avrebbe riservato la vita.
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