Note alla storia

Ciao!
Eccovi qui il mio secondo tentativo di una AS/S! Speriamo bene! ^^
Il filo logico di questa relativamente breve fic risiede appunto nei sette vizi capitali: Invidia, Superbia, Avarizia, Lussuria, Ira, Gola e Accidia e ad ogni anno verrà trattato uno di questi vizi.
Il rating per sicurezza lo metto NC-17, giusto per i prossimi anni! ;-)
Ecco qua dunque il primo capitolo! Dai, fatemi sapere il vostro parere!
Grazie e buona lettura!

Note al capitolo

Ecco qua dunque il primo capitolo! Dai, fatemi sapere il vostro parere!
Grazie e buona lettura!

H.
Invidia : tristezza per il bene altrui, percepito come un male proprio.

1° anno.


Era ingiusto.
Cosa? Un po’ tutto ad onor del vero: gli sfottò di James; un posto libero sull’Hogwarts Express impossibile da trovare, poiché gli allievi si divertivano troppo a lasciar girovagare come anime in pena i nuovi arrivati; la valigia che diveniva ad ogni istante sempre più pesante a causa della stanchezza; le proteste della sua civetta Haylan che attirava l’attenzione di quasi tutti i passeggeri, facendoli sghignazzare divertiti; etc. Insomma, piccoli e medi fastidi che contribuivano ad aumentare il feroce spleen di Albus Severus Potter, come se già l’esistente livello, con il quale si era alzato quella mattina d’autunno, non fosse di suo abbastanza sufficiente.
Eh sì! Dal momento in cui sua madre lo aveva svegliato alle otto, fino al suo salire sul treno, la mente del ragazzino era stata strizzata all’inverosimile dalle tenaglie della paura di finire nella casa del boogie man, altresì nota col nome secolare di Slytherin. Quest’irrazionale fobia derivava, oltre che dalla pessima fama legata all’operato dei suoi studenti, dalle pressanti e ininterrotte supposizioni – a voce ben alta, ovviamente – di suo fratello maggiore James circa un probabile smistamento di Albus nella casa degli orrori, pardon Slytherin.
Le rassicurazioni di suo padre lo avevano consolato in parte: per quanto Mr. Potter gli avesse rivelato, che il previo portatore del suo secondo nome non solo era stato uno Slytherin, ma anche più coraggioso di molti altri Gryffindor, le sue sagge parole avevano preso il volo verso altri lidi oscuri non appena Albus, ripensandoci attentamente, aveva concluso con suo sommo orrore che il suo secondo nome era un ulteriore incentivo per il suo biglietto di sola andata tra i rettili striscianti. Inoltre, aveva sentito un pesante nodo allo stomaco quando aveva appreso che poteva decidere, se chiedendo con cortesia, di essere smistato dove più gli garbava: come sarebbe riuscito a convincere un cappello? Dai, in tutta onestà, come?
“Hey, Al! Credo di aver trovato un posto libero! Su, muoviti!”, lo risvegliò sua cugina Rose Weasley dalle sue cupe rêveries , facendogli un impaziente e secco cenno con la mano, il quale ribadiva in maniera impressionante il suo essere figlia di zia Hermione. E, sorprendentemente, lo scompartimento era perfino vuoto.
“Pensi che lo zio parlasse sul serio, quando aveva affermato che ti avrebbe diseredato in caso tu non fossi smistata in Gryffindor?”, domandò piano Albus alla ragazzina accanto a lui, dopo una manciata di incomodi minuti a contemplare il paesaggio fuori dal finestrino.
Alzando le spalle, Rose espresse il suo solenne giudizio: “Mamma dice che l’ottanta per cento delle volte, che papà apre la bocca, è solo per farle prendere un po’ d’aria!” e rise di gusto dinanzi a quell’affermazione origliata durante il tea pomeridiano delle cinque tra la madre e le varie zie nel salotto di casa. Piccolo rendezvous di sole donne, dove la presenza molesta dei maschi era assolutamente vietata e biasimata. “Ovvio, che non si azzarderebbe a farlo! Specie, se ci tiene allo scalpo! Hai visto, come mamma l’ha apostrofato? Anche riguardo al figlio dei Malfoy …”
“… che sicuramente finirà in Slytherin”, pensò Albus tra sé e sé. Dai racconti di zio Ron, tutta la famiglia Malfoy era finita in quella casa, ergo sarebbe stata una logica conseguenza che anche il loro unico marmocchio ed erede vi fosse assegnato.
A giudizio del cadetto dei Potter, il giovane Malfoy era davvero fortunato: lui di certo non si era tormentato in quelle ultime settimane al pensiero della casa che l’avrebbe ospitato per i sette anni a venire! Eh, no! La sicurezza dei precedenti di famiglia doveva aver appianato ogni ansia e aspettativa: il suo posto era già pronto lì per lui; doveva solo confermarlo ufficialmente agli occhi del mondo. Nessun timore.
Infatti, la sua espressione incolore, da lui intravista alla stazione nel momento in cui lo zio Ron aveva indicato la famiglia Malfoy, non tradiva alcuna pena per la sua sorte, anzi, aveva quasi un che di compiaciuto in essa. Tzé! Il solito fortunello viziato figlio di papà!
Un insistente tamburellare alla porta dello scompartimento fece trasalire i due ragazzini, spronando Rose ad alzarsi dal sedile e indagare sulla natura di tale rumore, poiché dal vetro non era possibile scorgere nessuno. Un lucente e agile gatto nero s’intrufolò tra le gambe della rossa, elargendole uno scocciato Miao!, quasi volesse rimproverala per averci impiegato tutto quel tempo ad aprirgli. Il felino balzò sul sedile vuoto opposto ai due cugini e vi si raggomitolò sornione, sfidandoli con i suoi occhi gialli a spostarlo da lì.
Una voce seguì celere il suo inaspettato arrivo. “Toh! Eccoti qui finalmente! Brutto gattaccio!”, borbottava una giovinetta, la quale, dal timbro della voce e il visetto ancora infantile, doveva essere coetanea di Albus e Rose. Per un periodo imprevedibile come la pubertà, era piuttosto carina. “Sei stato molto cattivo, Antares! Il tuo padrone ed io eravamo preoccupati per te!”, lo rimbrottava, pigliandolo in braccio e scusandosi coi due coetanei per il felino disturbo. I cugini l’assolsero subito senza tanti rimpianti. Poi, considerano lo spazio libero nello scompartimento, in seguito ad una rapida e attenta ispezione, ella domandò garbata:
“Scusate, per caso sono occupati questi posti?” e al pronto diniego il sorriso della ragazzina si allargò di puro sollievo. E, sporgendo la testa sul corridoio, chiamò ad alta voce una seconda persona: “Hey, Cory! Ho trovato dove sederci!”, giubilò contenta e il suo accompagnatore non tardò a raggiungerla, entusiasta del suo appello.
“Fiuh! Per fortuna! Ancora un minuto con le tue sorelle e mi sarei gettato fuori dal finestrino, senza aprilo!”, scherzò una voce ancora incerta tra il contralto e il tenore, entrando sbuffante nel piccolo scompartimento, sul quale calò un imbarazzato silenzio.
Il nuovo arrivato era Scorpius Malfoy.
Ma non come i due cugini lo avevano scorto alla stazione, composto e solenne. Al contrario, si presentava ora ai loro increduli occhi scompigliato all’inverosimile. I capelli poi erano arruffati, ribelli e ricci, molto probabilmente grazie alle possenti zampate da lui elargite nel frattempo alla sua pettinatura, onde levarle ogni somiglianza da una possibile associazione alla famosa leccata da parte di una mucca al posto della spazzola. E in tutta onestà, stava molto meglio con quella zazzera disordinata che pettinato.
“Salve!”, abbozzò ad un saluto il ragazzino, lo sguardo che saltava dal sedile ai cugini. “Possiamo?”, inquisì speranzoso, sorridendo all’esitante ma affermativa concessione degli interdetti Albus e Rose. Si lasciò cadere scomposto sul sedile, incrociandovi poco raffinatamente sopra le gambe e sottraendo il nero felino dalle braccia della sua partner in crime. E sempre di animo ben disposto, egli tese loro la mano, accingendosi alle presentazioni: “A proposito, io sono …”
Senza riuscire a trattenere la lingua, Albus si lasciò scappare: “Sappiamo già chi sei!” e si pentì non appena ebbe pronunciato quella frase, giacché il biondo ragazzino all’udirla sgranò gli occhi e retrocedette verso il sedile, sinceramente colpito dalla sottile vena di aggressività ivi contenuta. Fu un attimo, però. La sua espressione si rifece conciliante, seppur ora più guardinga. “D’accordo. Allora, immagino sappiate anche chi sia lei, vero?”
In effetti, né Rose né Albus erano a conoscenza dell’identità della giovinetta seduta accanto a Scorpius. L’aura di disagio aumentò a dismisura nello scompartimento.
“Peccato. Ci saremmo risparmiati i convenevoli. In ogni modo, lei è mia cugina Odile Nott e non c’è bisogno, che vi scomodiate a presentarvi, visto che anch’io so”e pose un falsamente solenne accento sul verbo “chi voi siate!”, scherzò, lanciando un’occhiata obliqua ad Albus, che finse di non accorgersene.
Invece, desiderosa di rimediare alla sgarbata gaffe del cugino, Rose presentò lui e se stessa agli altri due cugini, i quali accettarono la mano loro offerta in segno di riconciliazione. La giovinetta ebbe qualche esitazione a stringere quella di Scorpius, non per lui, bensì per il gatto Antares, che la squadrava fisso.
“Ah, non graffia!”, la rassicurò il ragazzino, gli occhi luccicanti di birbante malizia. “Tranne per quelli pieni di pregiudizi contro il suo padrone”, aggiunse poi, piegando sornione l’angolo della bocca infantile.
Secondo incomodo silenzio.
“Mio cugino ed io”, continuò infine la rossa, schiarendosi la voce “stavamo appunto discutendo sulla Cerimonia dello Smistamento. Voi avete già un’idea di dove sarete assegnati?”
Lo sguardo di Odile si fece pensieroso. “Le mie sorelle maggiori sono Slytherin e anche la mia gemella, Odette, vorrebbe andare lì, ma temo che sia giusto per compiacere i nostri genitori. Come se a loro importasse! Quanto a me, se potessi scegliere, sarebbe senz’ombra di dubbio Ravenclaw, where those of wit and learning will always find their kind!” (dove gli arguti e atti all’apprendimento troveranno sempre i loro simili, ndr. )
“Ravenclaw non è male!”, commentò sincera Rose, considerando l’opzione, chissà!, di finire lì anch’ella. “E tu, Scorpius? Dove vorresti essere smistato?”
Accarezzando serafico con la coda del gatto, il biondino replicò: “Sinceramente, non ho preferenze!”
Albus, fino a quell’istante rimasto in conveniente disparte, aggrottò perplesso la fronte. Ma come! Non gli importava? “E’ facile parlare per te!”, gli disse bellicoso. “Tanto, tu sai già in quale casa verrai assegnato!”
Il sopracciglio di Scorpius si arcuò incuriosito. “Ah sì?”, fece lentamente, gli occhi grigio-argento puntati contro quelli smeraldo del suo coetaneo. “E quale, sentiamo?”
“Slytherin, ovvio!”
“Perché “ovvio”?”, inquisì attento il biondo, raddrizzandosi sullo schienale.
“Fingi di non capire? Ma se lo sanno tutti, che la tua famiglia è sempre stata in Slytherin!”, ribatté piccato Albus, ignorando i pizzicotti di avvertimento della cugina e le occhiate assassine di Odile Nott.
“Logica equazione”, commentò al contrario tranquillissimo Scorpius, giocherellando con un piccolo orologio da taschino trasformato in un ciondolo. “Ma in tutte le famiglie c’è sempre stata l’eccezione che conferma la regola, o mi sbaglio?” e i suoi occhi grigi rifulsero di ambiguo monito, prima di riconcentrarsi sulla corvina pelliccia del gatto Antares.

***

Il viaggio terminò prima del previsto e nemmeno il tempo di metabolizzare l’incanto dell’attraversamento in barca del lago, che già i futuri allievi del primo anno di Hogwarts erano stati radunati in un’ampia stanza, in attesa di essere condotti nella Sala Grande e lì venir sottoposti al responso del Sorting Hat.
E quando il professore di Trasfigurazione, nonché vicepreside, ritornò per guidarli al detto luogo, Albus sentì le vene delle tempie battere la chamade, neanche l’avessero sottoposto alla garrotta.
Respirò a fondo: non sarebbe finito in Slytherin, non sarebbe finito in Slytherin! Bastava domandarlo al Cappello e … Inconsciamente, il ragazzino lanciò un’occhiata a Scorpius, il quale scherzava sereno e ignaro con la cugina. Il cadetto dei Potter storse indispettito la bocca: perché non poteva rilassarsi come lui? Naturale: lui non conosceva a priori la sua futura casa!
Tanto il giovinetto era preso dai suoi cupi pensieri, che si perse sia il discorso di benvenuto della preside McGonagall, che la canzone del Sorting Hat. Trasalì tuttavia ad un certo punto, quando il cappello pronunciò la parola tabù. E il suo udito si ovattò, alla vista del vicepreside srotolare una lunga pergamena e chiamare in ordine alfabetico i ragazzini altrettanto agitati attorno a lui, i quali salivano uno alla volta titubanti sullo sgabello accanto al professore.
“Malfoy, Scorpius!”, risuonò ad un certo punto incolore la voce dell’uomo per la sala e ad Albus non sfuggì lo sguardo di divertita anticipazione nella tavola degli Slytherin nel momento in cui il biondino prendeva posto sullo sgabello e gli veniva calato il cappello in testa.
Ecco!, pensava il moro, ora lo assegnerà senza dubbio a …
“Ravenclaw!”, gridò convinto il cappello e un piccolo gasp! di stupore ribollì tra gli studenti, gli stessi professori inclusi. Quanto agli Slytherin, essi fissavano stralunati un sornione Scorpius che si recava verso la tavola degli ugualmente sconcertati Ravenclaw.
“Nott, Odette!”, e fu il turno della gemella che desiderava essere smistata in Slytherin a rimettersi al giudizio del cappello, che, dopo qualche attimo di pensierosa cogitazione, decretò: “Gryffindor!”, causando un malsano pallore sulle gote della fanciulla, che barcollò alla tavola della casa assegnatale.
Decisamente, quel cappello doveva essersi dato di recente alle gioie della Muggle cannabis, altrimenti non ci si capacitava di quelle sue strambe decisioni. Per quel che lo concerneva, Albus vedeva il colore verde e argento sempre più appresso.
“Nott, Odile!” e l’altra gemella si sedette speranzosa sullo sgabello, sorridendo al gesto d’incoraggiamento del cugino. Non rimase delusa.
“Ravenclaw!”, fu il responso del cappello e il cadetto dei Potter sentì in cuore rinascere la speranza in un futuro rosso scarlatto. Infatti, lo smistamento riprese un corso un po’ più normale rispetto agli sensazionali fuoriprogramma verso la M e la N della lista.
Infine, arrivò il suo turno.
“Potter, Albus!”
Simile ad un condannato a morte che saliva sul patibolo, Albus avanzò sonnambolico verso lo sgabello, sedendovisi lievemente tremante.
"Uhm … un animo complesso, intricato … vedo insicurezza, eppure un grande desiderio di competizione … arguzia, sì … animo lavoratore … ma … ma … oh! vedo ambizione … sì … voler dimostrare di non essere l’ombra del fratello … e una mente piuttosto agile … uhm … dove potrei metterti?"
"Ehm … potrei non andare in Slytherin, per favore?"
"Ah-ah! Dev’essere un vizio di voi Potter! Anche tuo fratello James me lo chiese a suo tempo! E tuo padre prima di lui!"
"E li assegnasti entrambi in Gryffindor! E mia madre, i miei zii pure loro sono stati dei Gryffindor!"
"Perché era la loro casa! Il loro animo aveva già scelto!"
"E …?"
"Mi dispiace, ma non ti vedo in Gryffindor! Slytherin sarebbe la tua casa ideale!"
"Aspetta! Avevi detto che il loro animo aveva già scelto! Anch’io scelgo di non andarci!"
"No, giovane Potter. In te non sento la medesima forte e tenace convinzione di tuo padre né di tuo fratello. Ora forse senti che ti stia facendo un gran torto, però ti assicuro che in futuro non troverai così malvagia la mia scelta!"
"No! No! Aspetta!"
"Ti assegno dunque …"
"No!"
“Slytherin!”, gridò solenne il cappello e il secondo scoop della serata venne accolto con il medesimo scioccato stupore: un Malfoy in Ravenclaw; un Potter in Slytherin. Che fosse vicina l’Apocalisse?
Trattenendo a stento il grosso groppo in gola, Albus si trascinò verso il tavolo degli Slytherin, i cui astanti lo scrutavano con la stessa guardinga repellenza nei confronti di un lebbroso. Il moro non si stupì nemmeno nell’appurare, che il suo vicino di tavolo si fosse scostato da lui di qualche abbondante centimetro. Tenne lo sguardo ben ancorato sul piatto d’oro, cercando di dimenticare l’espressione stupefatta di James e di Rose e soprattutto, i divertiti sogghigni di Scorpius e Odile.
Albus percepì un sordo odio nei confronti del biondino, più che per il fratello che aveva gufato contro di lui. Era Scorpius quello che doveva sedersi tra gli studenti vestiti di verde e argento, non lui! Era Malfoy, quello che possedeva una fedina tutta Slytherin in famiglia, non lui! E soprattutto, perché il Sorting Hat lo aveva assegnato a Ravenclaw? Che Scorpius glielo avesse forse chiesto? E se sì, come mai quel cappellaccio della malora lo aveva esaudito, rimanendo al contrario sordo alla supplica di Albus?
Era ingiusto!
“Weasley, Rose”, lo distrasse l’appello alla cugina, la quale trotterellò ora visibilmente ansiosa verso il cappello, il quale fece appena in tempo a sfiorarle la chioma rossa, che subito urlò:
“Gryffindor!”
Albus si morse a sangue il labbro inferiore.
Sì, era decisamente ingiusto!



To be continued …

Note di fine capitolo

Allora, piaciuta?

Next chapter: “Superbia”

Alla prossima!

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