Note alla storia

Il "qualcun altro" è John Lupin, il padre di Remus. La storia, a partire dal terzo capitolo, sarà divisa in due parti, la parte iniziale parlerà del passato di Remus, narrato dal giorno in cui è stato morso, la seconda del suo presente.
Teddy entrò di corsa in cucina, tenendosi allacciato al collo un asciugamano, a mo’ di mantello.
“Andiamo, papà, andiamo a fare il bagno!” strillò impaziente, gettando un’occhiata preoccupata alla madre.
“Beh, perché mi guardi così?” lo incalzò lei, mentre Remus dissimulava repentinamente la carezza al fondoschiena della moglie, trasformandola in una pacca leggera.
“Mamma! Ma sei vestita da femmina!” si lamentò il bimbo, per nulla contento. “E il papà ti ha appena sculacciata!”
“Ho dovuto intervenire,” mentì lui, flemmatico. “Una zanzara a strisce la stava per pizzicare.”
Tonks gli indirizzò uno sguardo deluso, prima di agguantargli il colletto della camicia e tirarsi Remus praticamente addosso, in modo da essere certa che Teddy non la potesse sentire. “Psst! Ehi! Credevo che questa fosse la tua nuova idea di preliminari ”, gli sibilò all’orecchio, mentre il bimbo cercava di incastrarsi tra di loro.
“Cosa? Non sento!” protestò vivacemente.
Remus guardò in giù, traducendo automaticamente le parole della moglie, in qualcosa che potesse essere ascoltato anche dalle innocenti orecchie del piccolo. “La mamma mi stava ringraziando per averla salvata.”
Teddy sembrò approvare, anche se riteneva la mamma micidiale e per nulla bisognosa di essere difesa.
“Per forza ti doveva dire grazie, insomma, la zanzara a strisce è grave, eh! Adesso però andiamo a fare il bagno? Noi maschi?”
“Sì, andiamo…” Remus lo seguì, congedandosi da Tonks con un sorriso desolato.
Non si era mai mostrata gelosa delle loro faccende per soli maschi, al contrario, spesso l’aveva sorpresa a osservarli di nascosto, con uno sguardo incantato.
Malgrado Remus vivesse quei momenti passati con Teddy con gioia, e la meraviglia di chi ancora teme che sia tutto un sogno, l’interruzione delle languide effusioni con cui si stava intrattenendo assieme alla sua streghetta, lo aveva lasciato un po’ frustrato. “A dopo, Dora…” la salutò, camminando voltato verso la cucina.
Lei finse di asciugarsi una lacrima, poi abbracciò il vuoto davanti a sé, portò le mani approssimativamente all’altezza di dove doveva trovarsi la cintura del suo invisibile amante e… Teddy lo tirò dentro il bagno, impedendogli di vedere il finale della recita.
Peccato, sembrava tanto una promessa di quello che intendeva fargli a letto.
Il bambino gli chiuse la porta alle spalle, tutto soddisfatto.
Adorava fare il bagno con lui, e Remus lo capiva benissimo: da piccolo si comportava allo stesso modo con suo padre. Ma John non sopportava la vista delle sue cicatrici, quindi il loro rituale del bagno per soli uomini si era interrotto bruscamente, dopo che era diventato allergico alla luna piena.
Remus si immerse nell’acqua calda, che aveva riempito in pochi minuti il locale di vapore, facendo sgocciolare le pareti piastrellate.
Teddy gli sorrise, allargando le braccia, in attesa che il papà lo prendesse in braccio per posarlo nella vasca. La sua pelle era chiara e assolutamente perfetta, se una sola cicatrice avesse mai segnato il suo piccolino, Remus ne sarebbe morto.
Lo sollevò e lo mise a sedere davanti a sé, iniziando a lavarlo con una spugna dalla forma approssimativa di… la fissò intensamente. Era opera di Tonks, ma doveva avere avuto un ripensamento a metà dell’opera, perché ci si sarebbe aspettato un fondoschiena diverso, da un animale che iniziava come un lupo… ma finiva con una strana cosa a zig zag, simile al sedere di un uccello.
“Ok, ripetiamo i punti salienti della tua nuova missione”, ordinò a Teddy, mentre gli insaponava i capelli.
“Sì, signore! Ho già pronto il secchiello!”
Remus si fermò, confuso. “Il secchiello?”
“Sì”, un po’ di schiuma gli colò sul naso e il bimbo starnutì. “Ma papà!” protestò piagnucolando.
“Oh. Scusami, Ted.”
Prese l’asciugamano appoggiato sul bordo della vasca e gli asciugò il viso.
“No, per il sapone! Mi arrabbio perché tu sei il capo generale, mi interroghi e non ti ricordi i piani! Te li devo spiegare io a te!”
Remus si sentì terribilmente colpevole e allo stesso tempo un grande stupido, mentre il figlio di cinque anni lo sgridava con veemenza. Si lambiccò, alla disperata ricerca del piano nominato da Teddy, ma proprio non capiva cosa c’entrasse il secchiello con il primo giorno di scuola del bambino.
Era vero che avrebbe frequentato una scuola Babbana fino agli undici anni, come gran parte dei figli dei maghi Mezzosangue, e il suo secchiello, essendo stato acquistato in un mercatino Babbano, non era del tutto fuori posto in quel contesto. Ma cosa dovesse farsene a scuola proprio non lo rammentava.
“Sì, ma…” tentò, insicuro.
“Ma l’hai vista, mamma, prima?” lo interruppe bruscamente Teddy, spegnendo sul nascere le patetiche scuse che si era inventato per giustificarsi.
“Io… sì, sì, certo.” Il solo ricordarla lo distraeva non poco.
“No solo il suo sedere, però. Dico se l’hai vista tutta per intero.”
Remus trasformò una risata in un colpo di tosse, facendo sbuffare Teddy per l’esasperazione. “La mamma è vestita da femmina. Tu mi hai detto che quando è così… ehm… femmina… Cioè invece che la tuta con i draghi, o la maglietta dei concerti, ha i vestiti con i pizzi che fanno prudere, io devo uscire in giardino a raccogliere i lombrichi.”
Remus fece mente locale, non ricordava proprio di averglielo detto. “Davvero?”
“Sì, papà! Io mi stavo mangiando una stringa di liquirizia sul divano, ma tu avevi una gran fretta di avere questi lombrichi…”
Remus non faticò a capire a cosa era dovuta questa fretta. Tonks sicuramente lo aspettava in camera per… Si scrollò di dosso in fretta l’idea, tornando a concentrarsi sul suo bimbo.
“Ma io parlavo di un altro piano, quello sulla scuola”, gli sorrise, sperando di convincerlo a cambiare argomento.
“Oh! Il piano sulla scuola!” raddrizzò la schiena, dimenandosi e alzando in aria le manine orlate di schiuma. “Sì! Lo so, lo so! Mai fare magie, né parlare di magia, né dire che sono un mago, che tu sei un mago, che mamma è una strega, che nonna è una strega,” si tirò una ciocca di capelli. “Incantesimo Fissante, me lo fa la nonna che con i capelli è espertissima, dopo i diavoli che la mamma gli ha fatto crescere nei suoi. I miei capelli a scuola saranno sempre e solo… ehm… azzurri,” guardò di sottecchi il papà, sperando di riuscire a farla franca. “Ho detto tutto?”
“Avevi scelto il castano, come la nonna, ricordi?”
“Mmm… ok,” mormorò, rassegnato.
Remus gli accarezzò la chioma bagnata, in quel momento blu come la vasca da bagno. “Ti sei ricordato tutto. Bravissimo il mio maghetto.”


“Quindi tu sei Teddy Lupin”, disse la maestra del suo bambino. Tonks diede al figlio una lieve spinta di incoraggiamento. Anche lei aveva frequentato quella scuola da piccola, ma ora tutto gli andava stretto, si sentiva come Hagrid invitato a prendere il tè dal professor Vitous.
Teddy annuì, intimidito.
“E loro sono la tua mamma e il tuo papà”, proseguì con voce gentile la signora Davis.
Il bimbo sembrò rianimarsi. “Sì. La mia mamma si chiama Ninfadora. Non si può chiamarla così perché si infuria, ma non è mica una strega!”
“Teddy!” lo avvisò subito, più irritata per aver sentito pronunciare il suo stupidissimo nome, che non per il riferimento al Mondo Magico.
“E lui è il mio papà, che si chiama Remus,” strizzò l’occhio al padre. “E non è per niente un mago...”
Remus le fece tanta tenerezza: in piedi, attaccato a lei, tutto impettito per l’orgoglio di essere il papà di quel ragnetto dalla lingua lunga.
“... è un normalissimo e neanche un po’ magico lupo mannaro.”
Tonks strinse forte la mano del marito, mentre lui sbatteva gli occhi per la sorpresa.
“Teddy ha tanta fantasia”, si riprese svelto, con un sorriso accompagnato da un’alzata di spalle.
La signora Davis annuì, ma aveva iniziato a scrutarlo attentamente, la fronte aggrottata.
Tonks escludeva che lei potesse sul serio pensare… i Babbani non credevano ai lupi mannari, ma l’improvviso interesse della donna era inquietante.
“Il suo nome… Remus…”
Lui esitò appena. “Sì?”
“Romolo e Remo, allattati dalla lupa.”
“Mmm-sì… buffo, vero?” disse lui, ostentando una tranquillità non del tutto genuina.
“Forse mi sbaglierò, ma… il suo è un nome inusuale, per questo lo ricordo.”
E poi la donna fece un altro nome, che Tonks riconobbe subito. Quello di una delle sue maestre, che le aveva insegnato proprio lì, in quella scuola. Silvie Stevens.
“Era mia madre”, articolò lentamente Remus, con sguardo spento.
“Oh! Allora ricordavo bene! È stata una mia collega per alcuni anni, mi parlava sempre di lei, sa?”
Tonks trasalì, la madre di Remus?
“Strano, però, credevo che Stevens fosse il suo cognome da sposata…”
“No. Ecco… i miei genitori non erano sposati.”
E Tonks capì che i suoi suoceri si erano sposati solo secondo la legge del Mondo Magico, tralasciando di registrare la loro unione anche all’anagrafe Babbana. Le sembrava una coincidenza incredibile, l’aver conosciuto la madre di Remus senza saperlo, e anni prima di incontrarlo.
“Siamo rimasti tutti molto addolorati dalla notizia della sua morte”, aggiunse mestamente la donna.
Remus si contrasse. Inghiottì aria più volte nel tentativo di prendere la parola, prima di riuscire a dar voce ai suoi pensieri. “Mia madre… lei… è morta?”
L’insegnante si portò una mano alla bocca. “Oddio! Mi spiace, sono passati tantissimi anni, credevo che lei ne fosse informato!”
Lui chinò il capo, i capelli gli scivolarono sugli occhi, ma non fece nulla per scostarli.
Il suo “No”, fu così flebile che solo Tonks, che aveva il viso a un palmo dal suo, lo sentì.

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