Note alla storia

Ed ecco qui la tanto attesa fanfiction che vede George alle prese con ben tre piccole pesti e che rispondono tutte al cognome Weasley.

Note al capitolo

Questa fanfiction è dedicata a Mapina, perché anche lei da molto aspettava questo seguito a "Un pomeriggio da dimenticare" e "C'è dell'altro" e con le sue storie mi fa sempre sorridere e immergere in un'altra dimensione.

Come sempre ringrazio Raf per l'opera di beta-reading che mi offre agratis.

Biscotto mio non ti conosco


– George, noi usciamo! – urlò Angelina nella tromba delle scale prima di trascorrere il pomeriggio con Hermione, Fleur, Ginny e Audrey: un tipico pomeriggio di shopping e pettegolezzi, proprio quello di cui avevano bisogno le cinque donne.
– Ok, buon pomeriggio. – rispose il mal... ehm, il rosso che finalmente aveva la casa tutta per sé. O quasi.
Infatti nella stanza accanto alla sua c’era il piccolo Fred intento a fare il pisolino pomeridiano. George aveva ancora una mezz’oretta a disposizione per fare i dovuti esperimenti sulle novità per il negozio e per riposare un po’; anche lui aveva bisogno di tranquillità. Il Tiri Vispi andava alla grande, come sempre, e i commessi ormai se la cavavano benissimo da soli, per qualche ora almeno, così lui poteva dedicarsi alla famiglia.
Purtroppo i suoi piani di tranquillità e pace furono bruciati dalla comparsa della testa di Ron nel camino del suo studio: – Oh, per fortuna ci sei, George. – disse appena vide il fratello seduto alla sua scrivania.
– Che vuoi, Ron? – chiese l’interpellato senza staccare gli occhi dalle carte che stava scrivendo.
Il più giovane dei fratelli Weasley non sapeva bene da che parte cominciare: – Harry mi ha chiamato per un’emergenza in ufficio e non so a chi lasciare Rose e Hugo. – disse infine tutto d’un fiato.
– Perché non li lasci alla mamma? È sempre contenta di avere i suoi nipotini per un pomeriggio – asserì l’altro, ormai conosceva fin troppo bene la passione di nonna Molly: avere tutti i suoi nipotini per un giorno sarebbe stato come ricevere il regalo di Natale in anticipo.
– Avevo promesso a Hermione che me ne sarei occupato io per tutto il pomeriggio, non voglio che mamma le dica che non sono riuscito a mantenere la promessa. – piagnucolò Ron cercando di intenerire il fratello facendo leva sulla solidarietà tra Weasley e, soprattutto, ricordandogli quanto sua cognata potesse essere intrattabile quando si arrabbiava.
– Ok, puoi portarli qui. – sospirò sconfitto George, staccando finalmente gli occhi dalle carte su cui stava lavorando.
Detto fatto: Ron era già in piedi davanti al fratello tenendo per mano Rose e in braccio Hugo. La prima volò, come di consuetudine, tra le braccia dello zio dimenticandosi di suo padre in meno di tre secondi; il piccolo Hugo era ancora leggermente assonnato e la sua testa ciondolava verso la spalla di Ron.
– Prometto che non ci metterò molto... – iniziò a dire Ron, ma fu subito bloccato da George.
– Non importa quanto ci metterai, ricorda solo che per questo servizio dovrai farmi un favore enorme. – ghignò, segno che aveva già in mente come suo fratello doveva pagare quel pomeriggio.
– Lo sapevo, ma non te l’avrei mai chiesto se non fossi disperato. – disse Ron, infilandosi nel camino.
– Muoviti, altrimenti Harry ti farà una bella ramanzina. – suggerì l’altro, passandogli il barattolo con la Polvere Volante. – Non preoccuparti per i pargoli, me ne occupo io.
– Ciao papà. – salutò la piccola Rose, aggrappandosi alla gamba di zio George.
Hugo sbadigliò sonoramente e salutò con la manina suo padre mentre lo guardava scomparire in una fiammata verde.
– Ok, ragazzi, cosa vi va di fare? – chiese George uscendo dallo studio e dirigendosi a controllare suo figlio.
– Giochiamo! – esclamò Rose entrando senza tanti complimenti nella stanza del piccolo Fred, dove di solito giocavano lei, Hugo e il cuginetto.
Fred, sentendo il trambusto proveniente dalla sua scatola dei giochi, non poté far altro che svegliarsi per vedere cosa stesse succedendo: – Pa’... – iniziò non sapendo bene come continuare la frase e trovandosi poco dopo faccia a faccia col cugino, capitato nel suo lettino solo per dare la possibilità a George di recuperare Rose. Tre paia di occhi lo fissarono attentamente mentre pensava a cosa poter far fare alle tre piccole pesti.
– Ok, ragazzi, che ne dite di fare un po’ di... – aveva la mente vuota, era passato troppo tempo da quando lui e i suoi fratelli erano piccoli e Molly si occupava di loro. Come faceva a tenerli buoni? Non ricordava molto bene, ma gli balenò in testa un’idea che forse avrebbe soddisfatto la “terremoticità” dei tre bimbi. – Che ne dite di fare i biscotti? – chiese alla fine, aspettandosi gridolini di approvazione e baci e abbracci da parte di Rose.
Cose che naturalmente mancarono, perché i tre bambini si guardarono tra loro prima che la più grande e dotata di una parlantina invidiabile iniziasse a parlare: – Zio, non ti sembra di esagerare? Noi non sappiamo cucinare e siamo ancora piccoli per queste cose. – disse Rose, infrangendo definitivamente l’entusiasmo di George. Hugo e Fred non poterono che annuire lievemente all’affermazione di sorella e cugina, anche se non erano riusciti ad afferrare totalmente il significato di ciò che aveva detto.
– Ma non è difficile, il lavoro più pericoloso lo farò io, voi dovrete solo dare forma alla pasta. – disse George, cercando di smontare la tesi della nipotina. “È proprio figlia di sua madre.” pensò poi, notando la somiglianza anche nel parlare tra Rose e Hermione.
I tre bambini si scambiarono l’ennesima occhiata e alla fine annuirono: – Ok, zio, andiamo a fare i biscotti. – disse infine la bambina, traducendo in parole ciò che anche Hugo e Fred pensavano.
George non poté far a meno di sorridere mentre prendeva in braccio figlio e nipote e seguire Rose verso la cucina. Solo in quel momento si rese conto che l’idea di fare i biscotti forse non era stata proprio buonissima, proprio come aveva detto sua nipote, ma ormai il danno era fatto e la parte razionale della famiglia, Rose, non sarebbe mai tornata sui suoi passi.
Una volta in cucina, Rose si arrampicò su una sedia, sedendosi composta, mentre suo zio metteva Fred nel suo seggiolone e ne faceva apparire uno nuovo per Hugo, almeno non avrebbero fatto troppi danni se fossero stati legati e assicurati.
George iniziò a cercare i vari ingredienti: – Zio, staresti meno ad appellarli con la magia. – intervenne Rose, ansiosa di vedere qualche altra magia.
– Oggi facciamo tutto alla Babbana, non mi piace appellare gli oggetti quando non ce n’è bisogno... – si bloccò un attimo ripensando a ciò che aveva appena detto la piccola. – Come fai a conoscere l’incantesimo di appello? – chiese guardando attentamente sua nipote, quasi fosse una creatura di quelle che cercava sempre Luna.
– Mamma lo ripete spesso a papà quando non trova i calzini uguali. – spiegò semplicemente Rose e nella testa di suo zio si formò l’immagine di Ron accerchiato da tanti calzini spaiati. Era pronto a rotolarsi a terra dalle risate, ma pensò che sarebbe potuto sembrare pazzo e non era il caso di preoccupare i bambini.
Nel frattempo Hugo aveva iniziato a succhiarsi il pollice pensieroso, guardandosi intorno e Fred seguiva con un ditino il disegno del piano del suo seggiolone, anche lui troppo preso dai suoi pensieri per accorgersi che finalmente suo padre avesse trovato tutto l’occorrente per i biscotti.
– Allora, miei pargoli, qui abbiamo uova, farina, zucchero, burro e cacao. Possiamo quindi dare il via all’operazione “Biscotto mio non ti conosco”. – George si stava divertendo un mondo; Rose, invece, lo guardava come se fosse diventato verde, gli fossero spuntate un paio di orecchie sulla sommità della testa e si fosse gonfiato di qualche centinaio di chili. Hugo e Fred si lanciarono l’ennesima occhiata prima di prendere dal tavolo davanti a loro un uovo ciascuno e iniziare a passarseli.
– No, vi prego, ragazzi. – cercò di richiamarli e di afferrare i nuovi giocattoli dei bimbi. – Rimettete le due uova sul tavolo, servono per fare l’impasto. Se cadono non li potremo più usare.
Neanche finito di dire, le due uova ebbero un incontro ravvicinato del terzo tipo con il pavimento che le accolse amorevolmente, fregandosene di sporcarsi.
George non ebbe neanche la forza di gridare, in fondo lui e Fred avevano fatto lo stesso da piccoli; Rose rideva talmente tanto che non si accorse di aver infilato la mano nella ciotola della farina, liberando così una piccola nuvola bianca che imbiancò leggermente il tavolo e parte del suo vestitino blu.
Smise di ridere all’istante, quello era il suo vestito preferito e non voleva sporcarlo per nessuna ragione al mondo, ma quando sentì tre risate alle sue spalle non ci pensò due volte: prese la ciotola della farina con entrambe le mani e buttò il contenuto addosso a zio, fratello e cugino.
L’unico adulto di casa si ritrovò così imbiancato da testa a piedi, esattamente come i due bambini: la parte razionale gli diceva di urlare alle tre piccole pesti che non avrebbero né fatto i biscotti né giocato con lui per un tempo calcolabile nell’eternità, mentre la parte più infantile e burlona gli diceva di continuare. Naturalmente la seconda parte prevalse e rispose alla pioggia di farina con un’innevata di cacao che si sparse su Rose.
Non c’era più molto sul tavolo che potesse impiastricciare o creare ulteriore confusione in quella stanza, ma Hugo trovò comunque il modo di sporcarsi ancora: le sue manine si immersero nel burro, trovandolo piuttosto viscido, cosa che non gli fece molto piacere. Così si ripulì le mani sulla tutina marrone, ormai di un marroncino smunto, che la mamma gli aveva messo per dormire, ma non riuscendo a pulirsi del tutto decise che il maglione di zio George poteva essere l’ideale; Fred notò l’espressione divertita del cugino e decise di fare altrettanto, purtroppo entrambi si ritrovarono con le manine ancora più sporche.
– Non vi sembravo abbastanza sporco? – chiese George guardando impotente i due che continuavano a ridere e a imburrarsi le mani per poi ripulirsi sul povero maglione fatto da Molly.
– Che cosa sta succedendo qui dentro? – Rose si immobilizzò all’istante con la ciotola dello zucchero tra le mani, Fred e Hugo continuarono a imburrare il maglione di George e quest’ultimo si voltò piano per vedere la sua “dolce” metà appena rientrata con le braccia stracolme di buste e bustine, segno che lo shopping era andato più che bene.
– Oh, ciao, tesoro. Stavamo facendo i biscotti. – rispose innocente George, cercando di non far sembrare la cucina il campo di battaglia che era.
– Hermione, vieni a prenderti i tuoi figli. – chiamò Angelina, ignorando ciò che le aveva appena detto suo marito.
– Cosa? Perché i miei figli sono qui? – chiese inviperita l’altra, entrando in cucina e notando le condizioni in cui versavano i suoi “angioletti”.
– Ron mi ha chiesto di tenerli perché Harry l’ha chiamato urgentemente in ufficio. – sussurrò George cercando di farsi notare almeno da Hermione, intenta a spolverare un po’ i vestiti dei suoi figli per riportarli a casa senza doversi sporcare troppo.
– E certo, quando Harry ha bisogno di qualcosa Ron risponde subito, se si tratta di tenere per un paio d’ore i suoi figli, invece, non c’è mai. – ringhiò ancora più arrabbiata, liberando Hugo dal seggiolone.
– Lo sai bene che Ron farebbe qualsiasi cosa per stare con Hugo e Rose. – cercò di farla ragionare George, ma Hermione lo fulminò con un’occhiataccia che lo fece tacere all’istante.
– Angelina, mi dispiace per la confusione che i miei figli hanno combinato. Se vuoi mi fermo a pulire tutto. – si propose la riccia.
– Ma no, vai tranquilla a casa a lavare i miei nipotini, sono più che sicura che la confusione è iniziata da qualcun altro. – rispose l’altra sorridendole e aiutandola a entrare nel camino del salotto. – Appena ho finito qui ti porto le borse a casa.
– Ok, ti aspetto. Ciao Fred. – salutò poi il nipotino, non rivolgendo un’altra parola al cognato, ancora intento a fissare le sue ciabatte infarinate.
– George Weasely, ora tu pulisci tutto mentre io lavo mio figlio. Quando torno voglio specchiarmi su quel tavolo. – ringhiò Angelina prendendo in braccio Fred. – E ti proibisco di usare la magia.
Non appena sentì la porta del bagno chiudersi, George si mise all’opera per rendere alla cucina il suo antico splendore: – Tutte a me capitano. – sospirò mesto raccogliendo i frammenti dei gusci delle uova.

Note di fine capitolo

E George come al solito è succube degli eventi, ma è troppo divertente metterlo in difficoltà XD

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