Era notte fonda ormai, il cielo era limpido e le stelle ben visibili; la porta che dava sul terrazzo della camera di Melrose era aperta per metà e un lieve venticello sospingeva avanti e indietro le tende bianche. Sul tavolino di ghisa c’era ancora il bicchiere di latte ormai vuoto che la ragazza beveva quando non riusciva a prendere sonno, e lì accanto stavano alcune pagine della Gazzetta del Profeta, le uniche che erano riuscite a non volare sotto il tavolino. Il resto del giornale giaceva infatti a terra, tra le gambe della sedia, ma fino all’indomani nessuno avrebbe raccolto quelle pagine: Melrose dormiva profondamente, tra i due guanciali del suo letto. Quella sera la ragazza aveva fatto fatica ad addormentarsi, i suoi pensieri avevano continuato a tornare sugli stessi argomenti e i fatti raccontati dal Profeta non erano certo d’aiuto per rilassarsi. Fatto sta che a cena non aveva proferito parola, nemmeno quando Megan aveva deriso la sua abitudine di portare gli avanzi a Nikky; “ Cos’è? Non sa procurarsi il cibo da solo il tuo furetto?”. Queste erano state le parole della sorella; Melrose dal canto suo aveva continuato a mangiare senza risposta, ma Megan era così impegnata a ridere da non aver notato il suo silenzio.
Dopo aver letto e riletto il Profeta, e dopo aver bevuto il suo bicchiere di latte caldo, la ragazza era riuscita finalmente a prendere sonno, e ora stava dormendo profondamente in maniera piuttosto scomposta, con una gamba fuori dalle lenzuola. Tutto taceva nei dintorni a parte i grilli nel bosco dietro la villa, e in quel momento Nikky si svegliò; cominciò a stiracchiarsi dentro la sua accogliente cesta di vimini in fondo alla stanza. L’animaletto zampettò qua e là per la camera, si fermò vicino al baule mezzo pieno di vestiti e libri di scuola, poi saltò sulla poltrona vicino alla porta, proprio dove Melrose riponeva l’uniforme per Hogwarts. Nikky cercò per un po’ di trovare una posizione comoda su quella poltrona, ma parve rinunciare alla vista di una farfalla. Sembrava indecisa sull’entrare o meno nella stanza, volò per un po’ intorno alla tenda mossa dal vento, poi finalmente si decise ed entrò. Rimase vicino al soffitto per qualche istante, e appena scese di quota, Nikky le corse incontro saltando sul letto; la farfalla però non si faceva prendere e proseguendo il suo volo raggiunse i soffici cuscini tra i quali dormiva Melrose. Il piccolo ermellino non ci pensò su due volte, balzò su uno dei guanciali ma questo non bastò per svegliare la padroncina, la quale emise un vago gemito, voltandosi dall’altra parte. Fu quando Nikky scivolò su uno dei comodini vicino al letto che Melrose si svegliò, l’animale per prendere la farfalla aveva fatto cadere a terra due libri e la giovane scattò a sedere con la bacchetta puntata verso il nulla e i capelli sugli occhi. - Ma che succede? - mormorò con l’aria meno sveglia che mai, mentre con la mano libera tentava di sistemarsi la bionda chioma parecchio scombinata. Poi notò Nikky che saltellava sulla scrivania di fronte al letto, così ripose la bacchetta al suo posto, sotto il cuscino, e si alzò controvoglia. - Si può sapere che combini? Eh? - chiese la ragazza al piccolo animale, dopo averlo preso in braccio; Nikky squittì tentando di liberarsi e solo allora Melrose notò la farfalla che svolazzava verso la porta del terrazzo. Sorridendo lievemente la giovane raggiunse la porta, aprendola del tutto e poi agitò le mani in modo che la farfalla uscisse, ma fu in quel momento che sentì un forte rumore, come un tonfo sordo, provenire dal piano di sotto. Ancora intontita dal brusco risveglio pensò per un attimo che fosse stata Nikky a provocarlo ma abbassando lo sguardo notò che l’animale era concentrato nel fissare la porta che dava sul corridoio.
- Che cosa sarà stato? - si chiese la ragazza avvicinandosi alla porta e origliando, poi di nuovo un altro tonfo ruppe il silenzio di quella notte; stavolta Melrose sobbalzò e si allontanò di tre passi dalla porta. Nikky invece iniziò a grattare il legno per uscire e Melrose, un po’ titubante l’accontentò.
- No! Nikky, torna qui! - disse Melrose quando l’animale filò verso le scale come un razzo; la ragazza non seppe spiegarsi il motivo ma l’istinto le diceva di fare il meno rumore possibile e dunque le sue parole furono un semplice e lieve sussurro, che Nikky non sentì. Al che la giovane fece un passo in avanti, ritrovandosi fuori nel corridoio, ma subito si voltò e corse a prendere la sua bacchetta da sotto il cuscino. Era ancora il suo istinto a parlare; fissò la bacchetta per un attimo e voltò l’orecchio verso la porta: di nuovo scese il silenzio.
“O cielo, Nikky!”. Il pensiero del piccolo animale le esplose nella mente e subito si precipitò verso le scale, scendendole due alla volta. Si ritrovò nell’ampio salone d’ingresso: alla sua destra stava la porta vetrata che conduceva alla sala da pranzo mentre davanti a sé c’era la porta scorrevole che la divideva dal secondo salone in genere usato per ricevere gli ospiti. Melrose notò Nikky proprio davanti a quella porta, annusava il pavimento tra le due ante scorrevoli, non completamente accostate, cosicché una striscia di luce fuoriusciva fino ad illuminare gli ultimi due scalini. Lei li scese e il fascio di luce le colpì il ginocchio destro; raggiunse Nikky fin davanti alle due ante e solo allora si accorse che dall’altra parte c’era qualcuno.
- Com’è possibile che non l’abbiate ancora trovato? Quel traditore!
- Non scaldarti troppo! Stiamo già facendo del nostro meglio!
La seconda voce Melrose non la riconobbe, ma forse fu dovuto al fatto che le si gelò il sangue nelle vene; aveva infatti riconosciuto benissimo la prima voce e le gambe non la ressero, cosicché scivolò silenziosamente in ginocchio, con Nikky tra le braccia. Era sua zia Bellatrix. Ma cosa ci faceva a casa sua? E quando era entrata? Tante domande le inondarono il cervello, tanto che si sentì la nausea e istintivamente si portò le mani alla bocca. Tuttavia senza sapere come, Melrose trovò la forza di spiare dalla fessura della porta color crema; vide davanti a sé due persone con indosso un lungo mantello completo di cappuccio, entrambe avevano lo sguardo rivolto verso una poltrona. Essa stava proprio davanti al camino di marmo bianco, qualcuno lo aveva acceso e un caldo fuoco scoppiettante illuminava il salotto. Per terra, sul tappeto giacevano i due angioletti di ottone che venivano usati come portacandele, erano stati di certo quelli a provocare i due tonfi sordi uditi da Melrose.
- Tutto ciò è assurdo! Se mi lasciaste fare... - ma le parole di Bellatrix vennero bruscamente interrotte da qualcosa; Melrose dovette spostarsi per poter vedere, e notò che un braccio spuntava da sopra uno dei braccioli della poltrona, posizionata davanti al camino. La mano appartenente a quel braccio era sollevata, con il palmo aperto e faceva segno di tacere. La giovane si accorse in quel momento che c’era qualcun altro vicino alla poltrona, in piedi; qualcuno di più basso con indosso il solito mantello scuro. Ma non fu difficile identificarlo, era senza ombra di dubbio Codaliscia. La mano destra di Melrose strinse istintivamente la bacchetta; ancora non sapeva cosa avrebbe fatto ma non se la sentiva di lasciare andare via Codaliscia in quel modo, senza nemmeno tentare di far qualcosa. La paura però la tenne ancora inchiodata al pavimento, dato che lì c’erano ancora sua zia, il tipo incappucciato e la persona seduta sulla poltrona. Così al panico si aggiunsero anche ansia e rabbia dettate dal suo sentirsi impotente; decise di rimanere nascosta ancora un po’ per capire di cosa stessero parlando e per scoprire chi fosse la persona seduta sulla poltrona, alla quale tutti sembravano portare enorme rispetto.
“Certo che è strano, cosa ci fanno riuniti nel mio salotto? Dov’è mia madre? Possibile che nessuno li abbia notati o sentiti?” pensò Melrose guardandosi un po’ intorno; la fastosa sala d’ingresso, di solito così familiare ora era quasi spettrale. La luce della luna proiettava dalle finestre lunghe ombre sinistre sul pavimento, e la ragazza le osservava un po’ intimorita, aveva l’impressione che potessero cominciare a strisciare verso di lei ed accerchiarla in qualsiasi momento.
Poi, all’improvviso un fulmine di puro terrore le invase i sensi; osservò impietrita con l’occhio destro dentro la sala, e vide Codaliscia in ginocchio di fianco alla poltrona, poi notò che pure Bellatrix e l’uomo che non conosceva avevano assunto un atteggiamento sottomesso, e un nome le comparve nella mente.
“No, non può… non… non è possibile… che…”. I pensieri della ragazza erano ormai una confusa nube di parole nella testa, senza capo né coda; tremava di paura mentre osservava l’uomo seduto nella poltrona alzarsi. Ma non poteva essere un uomo normale, non con quella pelle biancastra, quel naso praticamente inesistente, ridotto a due fessure e quegli occhi rossi, grandi, da serpente.
Lord Voldemort si alzò dalla poltrona e si avvicinò al camino acceso; rimase per un po’ in silenzio, avvolto in chissà quali pensieri mentre Codaliscia ancora in ginocchio non osava sollevare lo sguardo su di lui, limitandosi a fissare intensamente il tappeto pregiato sotto i suoi piedi.
- Perdonate il suo ritardo, padrone. Mia sorella non sa…
- Taci, Bella! - rispose Voldemort zittendo la donna, - Sta arrivando… -. Lei in risposta, sgranò gli occhi sorpresa, poi subito un’altra persona si Materializzò nella sala, anch’essa con indosso un mantello nero e il cappuccio in testa. Fece un inchino davanti all’Oscuro Signore, ignorando l’occhiata di Bellatrix.
Melrose osservava la scena più immobile di una statua; ora che Voldemort si era spostato davanti al camino, lei poteva vederlo benissimo di spalle mentre lui osservava il nuovo arrivato.
- Perdonatemi signore, i miei informatori ci hanno impiegato più tempo del necessario, ma alla fine sappiamo dove si nasconde il traditore -. La voce era quella di una donna, sebbene avesse ancora il cappuccio in testa e dunque fosse impossibile distinguerne i lineamenti, da dove si trovava Melrose. Ma alla ragazza non era necessario vederla in viso per capire chi fosse; conosceva troppo bene quella voce, la sentiva ogni giorno perché quella donna viveva con lei in quella casa.
- M-mamma… c-come è possibile? - balbettò la giovane con la faccia ormai pallida e le mani tremanti, subito dopo infatti, la donna si abbassò il cappuccio nero, mostrando i biondi capelli, perfettamente ordinati e legati in uno chignon. Gli occhi verdi guizzarono verso Bellatrix per un attimo, poi tornarono bassi.
- Bene. Ottimo lavoro, Yvonne - affermò Voldemort a voce bassa, senza guardarla negli occhi, mentre Bellatrix le lanciò di nuovo un’occhiata. Yvonne oltre ad essere la sorella minore era anche la più bassa di statura, ma in quel momento non pareva proprio inferiore a nessuno; sorrise alla sorella senza aggiungere una parola e questo sembrò offendere Bella più di uno schiaffo.
- Amycus, raduna gli altri e andate; voglio saperlo morto la prossima volta che ci vedremo - sentenziò Voldemort voltandosi verso il resto del gruppo per la prima volta da quando si era alzato in piedi. Melrose tornò in sé in quel preciso istante; poteva vedere il viso di Voldemort perfettamente e di nuovo il terrore le scese sulle spalle. Quella posizione era pericolosa, da quella fessura potevano vederla: e se Voldemort si fosse accorto che lei li stava spiando cosa sarebbe successo? Ma perché era scesa? Perché non era rimasta in camera sua, al sicuro? Avrebbe continuato a dormire beata e non avrebbe mai saputo che nel suo salotto si stava tenendo un raduno di Mangiamorte.
“Ma mia madre no... lei, non può essere un Mangiamorte, no... lei non ha il marchio...” pensò disperata Melrose. Non avrebbe mai nemmeno immaginato una cosa del genere; con sua madre i rapporti non erano i migliori del mondo, ma nemmeno per un attimo la ragazza aveva mai pensato che la donna potesse avere qualche legame con Voldemort. E ora invece lui stava lì, in salotto dove Melrose da piccola giocava spesso con la nonna quando veniva a trovarla; su quella poltrona quante volte suo padre l’aveva presa in braccio fino a farla addormentare. Ora non sapeva nemmeno se avrebbe mai più rimesso piede lì dentro.
- Si, mio signore. Vado! Sarà un immenso piacere portarvi la notizia delle morte di Karkaroff! - rispose quell’uomo, e dopo un goffo inchino si Smaterializzò.
In quel momento Melrose non riuscì a trattenersi ed emise un gemito, poi si tappò subito la bocca con entrambe le mani, e rotolò fuori dalla visuale. Tremava come una foglia e aveva lo sguardo sconvolto, fisso sulle scale. Non sapeva cosa fare, se avessero sentito? Se una volta tornata a spiare dalla fessura si fosse trovata davanti quegli occhi rossi da serpente? Il solo pensarlo le provocò l’ennesimo brivido lungo la schiena. Non sapeva nemmeno se sua madre l’avrebbe aiutata, ma anche se fosse stato così cosa cambiava? Sarebbero in ogni modo state due contro tre e uno dei tre era Voldemort, non un mago qualunque. Si sentì persa e sola; due grosse lacrime presero a scorrerle lungo le guance pallide, e nel gesto di asciugarsele notò Nikky di nuovo alle prese con quella farfalla. Nel vedere l’animaletto saltellare spensierato, alla ragazza scappò un mezzo sorriso ma subito le si spezzò sulle labbra; Nikky che si era arrampicata su un mobiletto, vicino alla porta della sala da pranzo, stava pericolosamente avvicinandosi ad un vaso che oltre ad essere prezioso era pure di vetro. Se fosse in qualche modo caduto a terra si sarebbe frantumato, provocando un bel po’ di rumore; e proprio in quell’istante il piccolo ermellino colpì con la coda il vaso, che prese a vacillare. Melrose non ci pensò due volte e corse verso il mobiletto, ma il panico le aveva come intorpidito le gambe, cosicché cadde in terra continuando però a scivolare con le ginocchia verso il vaso. La ragazza riuscì a prenderlo al volo prima che toccasse terra, ma non riuscì a frenarsi, dunque colpì il mobile con la parte destra del corpo e una fitta di dolore le invase tutto il braccio.
“Non possono non avermi sentita! Per me è la fine!” pensò risollevandosi e posando il vaso, poi si voltò verso la porta scorrevole e con agghiacciante terrore notò che la fessura non c’era più. Qualcuno aveva chiuso completamente la porta. Melrose corse a raccogliere la sua bacchetta, poi afferrò Nikky e corse per le scale fino in camera sua senza mai voltarsi indietro. Chiuse la porta a chiave e si buttò nel letto ormai freddo; si coprì fino alle orecchie e con la bacchetta tra le mani rimase in silenzio, insieme a Nikky che stava rannicchiata lì vicino. Il terrore si era impossessato di lei totalmente, ormai era certa che di lì a poco avrebbe sentito dei passi salire le scale e fermarsi davanti alla sua porta. Di nuovo quella sensazione di completo abbandono la avvolse; pensò ai suoi amici, Hermione Harry e Ron e che forse non li avrebbe più rivisti, così pianse in silenzio abbracciata al suo ermellino mentre i grilli continuavano a cantare sotto il cielo stellato.
In quel preciso istante però, un rumore simile ad un piccolo scoppio, risuonò per tutta la stanza. Nikky zampettò fuori dalle coperte mentre tutti i muscoli del corpo di Melrose si irrigidirono per lo spavento, rimase completamente immobile con le pupille dilatate a fissare il bianco del cuscino, poi dopo aver constatato che nessuno si era Materializzato nella camera, mosse leggermente le coperte. Riuscì infine a sbirciare infondo al letto e vide la coda di Nikky che si agitava; si avvicinò carponi e notò per terra una busta di carta. Saltò giù dal letto con un balzo e afferrò la busta, solo in quel momento si accorse di una piuma color rosso acceso che stava per terra.
- Fanny… - mormorò con un filo di voce, e subito il cuore le si riempì di calore; le guance ripresero un po’ di colorito e Melrose si sentì rinfrancata. Silente sapeva cosa era successo quella notte in casa sua e forse in quella lettera c’era la spiegazione di tutto. Dunque la ragazza aprì la busta e lesse mentalmente.

Cara Melrose,
Sono a conoscenza dei fatti accaduti questa notte, e ne sono immensamente dispiaciuto. Alcuni incaricati dell’Ordine avevano il compito di sorvegliare gli spostamenti di vari Mangiamorte ma questi ultimi sono riusciti a far perdere le loro tracce, e nessuno poteva immaginare che avessero scelto casa tua come ritrovo. Per stanotte non devi temere, Voldemort e i suoi se ne sono andati; ad ogni modo domani mattina manderemo qualcuno a prenderti per portarti dai Weasley, ho già avvertito Molly. Per precauzione non uscire dalla tua stanza e non rispondere a questa lettera.
Un caro saluto e a presto.
Albus Silente

“Non dice niente su mia madre…” pensò la ragazza rileggendo freneticamente le parole del Preside; “In che rapporti è con quei Mangiamorte, e con Voldemort?”. Ma temeva troppo la risposta, era stata la madre ad informarli di dove si trovava il “traditore”. - Cielo! Vogliono uccidere Karkaroff! - esclamò la giovane, ricordandosi all’improvviso i discorsi che aveva sentito al piano di sotto. “Ma forse Silente ne è già al corrente…” concluse ragionando tra sé. A quel punto la stanchezza le crollò addosso di colpo e tutta insieme, tanto che le gambe le tremarono visibilmente: si arrampicò sul letto tenendo in mano la lettera e la busta, e si lasciò cadere sui cuscini senza opporre la minima resistenza alla gravità. Un braccio meccanicamente partì in cerca delle lenzuola e dopo essersi coperta molto sommariamente, si rannicchiò su sé stessa stringendo la lettera, mentre sentì il leggero peso di Nikky vicino a sé; quel semplice pezzo di carta le infondeva coraggio e le dava un gradevole senso di protezione: in quel momento era convinta che nessuno, nemmeno Voldemort avrebbe mai potuto entrare in quella stanza e farle del male. Così con questa piacevole sensazione nel cuore si addormentò.
- Signorina? Signorina Melrose, la prego si svegli! -. Le parole della cameriera giunsero alle orecchie della ragazza come un suono lontano e indistinto, insufficiente per ridestarla dal profondo sonno che l’aveva avvolta.
- Signorina, mi sente? Suo fratello mi ha mandato a dirle che se non si sbriga a scendere non troverà più nemmeno un’omelette! Sua madre ha deciso di preparare le sue preferite, con prosciutto e formaggio fuso! Signorina? -. La giovane aprì un occhio e le tornò in mente in un lampo tutto ciò che le era capitato durante la notte; schizzò a sedere spalancando gli occhi, ma dovette richiuderli per la luce abbagliante del sole ormai alto. Guardandosi intorno, vide che la sua stanza era esattamente come l’aveva lasciata la sera prima, i fogli che componevano la Gazzetta del Profeta erano ancora sparsi sul terrazzo e sul tavolino c'era sempre il suo bicchiere di latte. - Si, ora... ora mi alzo, grazie! - rispose la ragazza guardando verso la porta chiusa e quando provò a spostare le gambe, avvertì distintamente la lettera di Silente sotto le coperte. Melrose si mise a sedere sul bordo del letto con la lettera tra le mani, poi di colpo sobbalzò rileggendo le ultime righe: domani mattina manderemo qualcuno a prenderti per mandarti dai Weasley. - Oddio! - mormorò la ragazza osservando il suo baule non ancora sistemato, per non parlare del fatto che era ancora in pigiama.
Si vestì in fretta e furia e cercò i libri che le servivano; in quel momento la confusione più totale regnava sovrana sia nella stanza, sia nella testa della ragazza che cercava disperatamente di ricordarsi tutto ciò che le sarebbe servito a Hogwarts. Nikky invece sonnecchiò tranquilla e serena nella sua cesta di vimini fino a che Melrose non la trascinò fuori dalla stanza per la coda; l'animaletto indispettito da tale atteggiamento, si divincolò e schizzò giù per le scale scomparendo dietro la porta scorrevole infondo al salone. Alla ragazza fece uno strano effetto vedere casa sua così illuminata dalla luce del giorno, ripensò alla notte appena trascorsa e un lieve brivido le percorse la schiena. Si avvicinò alla porta scorrevole lentamente; essa era completamente aperta, ma Melrose non riuscì ad oltrepassarla. Per un attimo pensò di aver sognato tutto, ma la lettera del preside nella tasca posteriore dei jeans era una prova inconfutabile. "Voldemort è stato davvero qui, stanotte" pensò la giovane osservando i due angioletti di ottone, ora di nuovo al loro posto, sul camino.
- Buh!
Megan era riuscita ad arrivare alle spalle della sorella senza che lei se ne accorgesse, e l'aveva spinta oltre la porta; Melrose dal canto suo si spaventò così tanto da lanciare un urlo piuttosto forte, mollò il baule a terra e si voltò di scattò puntando la bacchetta verso Megan.
- Ma che ti prende? Sei impazzita? Mi hai spaventata! E vuoi posare o no quella dannata bacchetta?!
- Ah, io ti avrei spaventata?! - rispose Melrose con la voce affannata, infilandosi la bacchetta in tasca; avrebbe voluto dirgliene quattro ma invece rimase in silenzio qualche secondo, mentre avvertiva Nikky arrampicarsi sulla sua spalla.
- Senti, Megan, tu... hai per caso sentito qualcosa di strano stanotte? Tipo dei rumori o anche... delle voci? -. Ci mise un po' a formulare la domanda, cercò di essere vaga e di non rivelare troppo; subito però, notò che l'espressione della sorella era cambiata, ora Megan la stava fissando in un modo strano e un mezzo sorriso le comparve sulle labbra sottili. "Forse sa qualcosa" pensò Melrose aspettando una risposta con aria seria, "E se fossero tutti coinvolti?".
Il sorriso di Megan sfociò in una sonora risata che lasciò Melrose piuttosto perplessa. - Madre! Ho la prova che Melrose è impazzita del tutto! Ora sente pure le voci! - esclamò poi la sorella, saltellando verso la sala da pranzo e continuando a ridere di gusto.
Melrose rimase immobile per un po’, non sapeva se sentirsi offesa o sollevata dal comportamento della sorella; - Se non altro, ora sappiamo che mia sorella e mio fratello non sanno niente - mormorò la giovane accarezzando la testa di Nikky, che squittì felice. Poi si voltò e dopo aver dato un’ultima occhiata al salotto, decise di chiudere le ante della porta, che si unirono in un sonoro “clack”.
- Oh, che coincidenza, ero venuta proprio per chiudere quella porta!
La voce di Yvonne fece voltare Melrose quasi di scatto, non seppe perché ma il respiro le divenne di nuovo affannoso, tanto che si portò una mano al colletto della maglietta per allargarlo un po’.
- Non vieni a far colazione, Melanie cara? - chiese la donna tirando fuori la propria bacchetta e puntandola all’altezza delle spalle della figlia. Quel gesto spaventò Melrose molto più dello scherzetto che le fece poco prima la sorella, eppure non lasciò trapelare nemmeno un po’ di quella paura; con incredibile naturalezza fece scivolare la mano destra sulla tasca che accoglieva la bacchetta, pregando di non doverla usare. Poi però udì un rumore metallico alle sue spalle ed intuì che la madre aveva semplicemente chiuso a chiave la porta.
- Allora, non vuoi mangiare le tue care omelette? - continuò la madre, indicando con lo sguardo la sala da pranzo. Ma Melrose non se la sentiva proprio, l’ansia e la tensione erano salite a livelli insostenibili e non sarebbe riuscita a stare seduta a tavola, facendo finta di nulla; inoltre non riusciva nemmeno a fissare negli occhi sua madre.
- No, io... scusami Madre, non ho molta fame...
- Capisco… e dimmi, sai già chi verrà a prenderti per portarti dai Weasley? - chiese la donna lanciando un’occhiata al baule, ma la ragazza scosse la testa in segno di negazione. Prese poi il baule e decise che avrebbe aspettato fuori, anche perché l’ansia le toglieva quasi il respiro. Camminò a passo svelto fino al portone d’ingresso, e quando lo aprì l’aria fresca del mattino le ridiede un po’ di vigore.
Melrose rimase a sedere sui gradini che davano sul giardino principale, mentre Nikky si divertiva a seguire una cavalletta sul viale; il cielo era di un azzurro limpido con pochissime nuvole e la ragazza col naso all’insù si dimenticò per un po’ di ciò che era successo in casa sua.
Non ci volle molto prima che il rumore di una macchina interrompesse la quiete di quella mattina, Melrose si ridestò subito dai suoi pensieri e cercò Nikky con lo sguardo, la quale le corse subito incontro, quasi intuendo i pensieri della padroncina. Un’automobile nera percorse il vialetto della villa e si fermò vicino agli scalini sui quali stava seduta la ragazza.
- Oliver! - esclamò lei, riconoscendo l’uomo che scese dall’auto, e gli corse incontro abbracciandolo.
- Caspita che accoglienza! - rispose lui, ricambiando l’abbraccio, dopodiché sistemò a bordo il baule.
- Allora, possiamo andare? - chiese Oliver aprendo la portiera per Melrose, la quale annuì, schizzando dentro con Nikky e sistemandosi sul sedile. Dal finestrino della macchina Melrose vide la madre affacciarsi al portone e rimanere immobile sul primo scalino; Oliver si tolse il cappello in segno di saluto ed Yvonne ricambiò, chinando leggermente il capo. In breve l’uomo mise in moto l’auto e Melrose osservò la propria casa allontanarsi; un senso di malinconia le invase il cuore, non sapeva se sarebbe tornata, non era più sicuro per lei e si sentì infinitamente sola. Poi osservando la madre le parve quasi di notare un velo di inquietudine nella sua espressione, ma non ne fu certa; forse era solo ciò che Melrose voleva vedere, e comunque fu un istante brevissimo in quanto subito dopo oltrepassarono il cancello e la donna sparì dalla visuale.

Posta una recensione

Devi fare il login (registrati) per recensire.