Note alla storia
Tutti i personaggi citati sono “creature” di JK Rowling.So che Minerva McGranitt nasce, secondo il racconto, il 4 ottobre 1925, ma, forse un po’ condizionata dalla trasposizione cinematografica della saga, forse perché sono i miei due personaggi preferiti, l’immaginazione mi porta a ridurre il divario di età che separa Minerva da Severus Piton.
E nelle mie fanfics mi diverto a lasciare che sia l’immaginazione a scrivere...
Enjoy! ^_-
"Ti sei divertita stasera?".
Minerva McGranitt si richiuse la porta della sua camera alle spalle, dandole una leggera pressione con la schiena, finché non sentì il chiavistello scattare con uno schiocco sonoro.
Aveva le mani impegnate: in una teneva le scarpette da ballo verde smeraldo, nell'altra il cappello a punta nero, sul quale svettavano tre esili piume anch’esse di colore verde.
"Sì, molto. E sono anche stata felice che i ragazzi abbiano messo in pratica discretamente gli insegnamenti, ricevuti durante le lezioni di ballo che ho tenuto per loro.
La Signorina Granger poi mi ha davvero stupita... Ah, non ti preoccupare... Non pretendo che tu esprima giudizi su questo genere di cose. So che non sono proprio... nelle tue corde".
Il professor Piton l'aspettava seduto vicino al caminetto, con i gomiti appoggiati ai braccioli della poltrona e le dita delle mani intrecciate sotto il mento.
Anche lui quella sera era andato al Ballo del Ceppo, ma dopo un'ora il suo sistema nervoso non aveva più resistito. Tutte quelle danze e quei saltelli lo disgustavano.
Ma c'era stato anche dell'altro, che aveva contribuito notevolmente ad irritarlo.
"Effettivamente non sono ancora riuscito a capire quale sia l'utilità di questo Ballo ai fini del Torneo Tremaghi... E poi vedere la scuola invasa da bande di giovani zampettanti non mi ha mai entusiasmato. Neanche ai miei tempi lo avevo trovato un evento interessante".
Minerva lo ascoltava dalla stanza accanto, dove stava riempiendo intanto la vasca, con l'intenzione di farsi un bagno riposante prima di guadagnare il letto.
Iniziava ad essere piuttosto stanca. Nonostante si fosse molto divertita al Ballo, è pur vero che non era più una ragazzina e tra i preparativi, le decorazioni della Sala Grande e la festa stessa non si era ancora fermata un momento sin dalle prime ore del pomeriggio.
"Non fraintendermi..." continuò allora Piton, alzando leggermente il tono della voce e tirando il collo in direzione della porta aperta, per superare il frastuono dell'acqua che cadeva nella vasca "...ma era proprio indispensabile fare così la gatta morta con Silente stasera?".
La professoressa McGranitt si affacciò con la testa da dietro lo stipite della porta, con un'espressione scioccata e lievemente divertita al tempo stesso.
Le ci volle qualche istante di esitazione per rielaborare il concetto, tanto quelle parole l’avevano colta di sorpresa.
"C'era forse una qualche sottile allusione alle mie peculiari doti magiche, in questa tua ultima definizione?" chiese allora la donna, sempre mantenendosi su un tono scherzoso, ma non nascondendo a se stessa una lieve preoccupazione.
"Nessuna allusione. Mi sembra che fosse sotto gli occhi di tutti...".
"Severus, sono sicura che tu stia scherzando!".
"Non dovresti esserlo. Va bene non farsi mai vedere insieme davanti agli studenti, se non per battibeccare in continuazione... ‘ Non dobbiamo destare sospetti, Severus... Potrebbero capire qualcosa, Severus ’ ...Ma a tutto c'è un limite. Questa sera ho visto coi miei occhi Fred e George Weasley scambiarsi occhiatine divertite dietro alle tue spalle, mentre ballavi con Silente.
Da domani tutta la scuola non potrà far altro che pensare alla scena del Ballo, quando vi vedrà insieme nei corridoi!".
"Ma i gemelli sono solo ragazzi con la passione per scherzetti e battutine!
...E poi anche tu hai ballato con la professoressa Sinistra, ma non per questo io mi permetto di farti scenate. Forse ciò è dovuto al fatto che io ho più fiducia in te di quanto tu ne abbia nei miei confronti...".
"Ci risiamo con questa storia: il perfido Serpeverde non si fida dell'integerrima Grifondoro...".
"No, sarebbe meglio dire: il “fantasioso” Serpeverde è geloso dell'integerrima Grifondoro".
"La gelosia è un sentimento irragionevole che non rientra nella mia sfera comportamentale, Minerva. Se tu mi ritieni davvero capace di tali reazioni, sappi che giudico ciò alquanto offensivo".
"Non era nelle mie intenzioni, Severus" ribatté subito Minerva McGranitt, mentre, uscita dalla vasca, s'infilava l'accappatoio dall'immancabile disegno scozzese.
"Ma non hai pensato al fatto che anch'io potrei ritenermi offesa di essere definita “gatta morta”, per aver solo mosso qualche innocente passo di danza con un vecchio amico come Albus? Neanche gli avessi gettato le braccia al collo!".
"Ci sarebbe mancato solo quello..." sibilò Severus Piton con gli occhi fissi sulla fiamma che scoppiettava nel caminetto.
"Cosa, scusa? Non ho sentito le tue ultime parole, perché mi stavo sciacquando via il sapone dalle orecchie... Puoi ripetere?".
All'improvviso la professoressa apparve sulla soglia della stanza con i lunghi capelli corvini sciolti, raccolti sulla spalla destra. Con un movimento ritmico della spazzola, tirava i capelli verso il basso, sciogliendo gli ultimi nodi che s'impigliavano tra i denti del pettine.
"Niente d'importante" sibilò Piton, senza alzare gli occhi dalla fiamma scoppiettante.
"Questo lascia che sia io a giudicarlo".
"Non era importante ti dico. Lasciami stare! Perché non vai a farti ancora un ballo giù insieme ad Albus? Se fai una corsa, ci scommetto che lo trovi ancora lì".
"Sei insopportabile, Severus Piton! Non capisco quale sia il motivo per cui mi sono innamorata di te!".
Poi Minerva si sedette nell'altra poltrona davanti al fuoco e si mise anche lei a guardare il caminetto.
Nonostante s’interponesse tra loro solo il basso tavolino, dove spesso erano soliti passare interminabili ore a giocare agli Scacchi dei Maghi, in quel momento non avrebbero potuto essere più distanti.
Sembravano entrambi ipnotizzati dal fuoco che ardeva nel caminetto. Minerva con le braccia conserte strette al petto, Piton con le dita intrecciate tra loro in una stretta indissolubile.
All'improvviso quattro colpetti in successione ordinata risuonarono contro la porta della camera. Minerva si voltò verso Piton con espressione interrogativa ed egli sembrò intuire la domanda sospesa nella gola dell'insegnante: "Se non vai ad aprire la porta, come facciamo a sapere chi ci sia dietro?".
La donna emise un rapido e brusco sbuffo d'aria dal naso aguzzo, alzandolo poi verso il soffitto.
Quindi scattò in piedi impettita e, con aria ancora visibilmente contrariata, aprì la porta.
"Minerva, scusami se ti disturbo a quest'ora... Oh, vedo che c'è anche Severus! Non avrei potuto essere più fortunato!".
‘ Tempismo perfetto...’ pensò Piton, prima di uscirsene fuori con un debole e poco entusiasta: "Buonasera, Albus. Qual buon vento...?".
Silente varcò speditamente la porta e andò ad accomodarsi nella poltrona davanti al caminetto, dov'era seduta Minerva fino a poco prima. Il cuscino era leggermente bagnato e il contrasto tra quell'umidità e il caldo emanato dal fuoco fece rabbrividire il preside.
Non aveva proprio per niente una bella cera.
"Ero venuto a chiedere alla cara Minerva se per caso aveva ancora un po’ di quella Pozione Obliatensioni, che mi aveva procurato qualche tempo fa. Tra l'organizzazione del Torneo, il Ballo e quello che è accaduto durante la cerimonia di proclamazione dei Campioni, è stato un periodo veramente duro per i miei nervi e, dopo la sgambettata di stasera... avrei proprio bisogno di riposare qualche ora senza l'assillo di tanti pensieri nella testa. Non vorrei buscarmi un malanno...
Al massimo... non è per approfittare della tua disponibilità, ma... nel caso Minerva non ne avesse più, saresti così gentile da prepararmene un poco tu, Severus?
Purtroppo non ricordo il dosaggio esatto degli ingredienti, sennò non vi avrei disturbato, ma so che la preparazione richiede poco tempo".
"Ma dimmi, Albus: in questi casi non sarebbe più efficace fare ricorso al Pensatoio? In effetti, ti vedo un po’ affaticato" chiese allora Minerva con espressione preoccupata per la salute dell'amico.
"Purtroppo non è così facile come sembra. Nel Pensatoio si possono riversare avvenimenti che agitano la mente o problemi legati a ricordi specifici, ma non tensioni dovute a sentimenti o emozioni, ai quali non sia possibile ricondurre una particolare causa scatenante”.
“Capisco... Vado subito a vedere se nello studio ne ho ancora una boccetta” disse allora Minerva, stringendosi nell’accappatoio umido, e scomparve come un’ombra nel buio del corridoio.
“Scusatemi ancora se vi ho disturbato a quest’ora tarda, ma Madama Chips va sempre a dormire molto presto e non avrei voluto svegliarla, mentre so che Minerva di solito resta in piedi fino a tardi. Dice che quando fuori è buio riesce a concentrarsi con maggiore facilità e che un’oretta di lavoro, prima di stendersi, le rende a volte persino di più che un pomeriggio intero”.
“Se lo dici tu, Albus. Come sempre sei ben informato sulle questioni che interessano la scuola... così come sulle abitudini del tuo corpo insegnanti”.
Silente esitò a rispondere.
Gli pareva di aver avvertito una punta di sarcasmo nelle parole del suo pallido interlocutore.
Ma non ne era sicuro.
A pensarci bene avrebbe anche potuto trattarsi del suo solito tono strascicato.
Probabilmente era solo un’impressione.
“Beh, ho sempre preferito perseguire una politica di cordiale familiarità con gli insegnanti, piuttosto che porre un gelido distacco tra voi e me. Credo sia giusto che la scuola abbia una guida solida ed autoritaria, che sappia prendere decisioni ferme nel momento del bisogno, ma ciò non impedisce che possa instaurarsi un rapporto di rispetto ed amicizia. Inoltre, ormai sono parecchi anni che ci conosciamo e lavoriamo fianco a fianco e si può dire che la nostra sia diventata un po’ come un'unica grande famiglia”.
Nel sentire queste ultime parole, il mento di Piton si corrugò involontariamente, mentre gli angoli della sua bocca volgevano via via verso il basso, esprimendo tutto il disgusto che cresceva in lui al pensiero di quell'immagine sdolcinata, che Silente gli andava, suo malgrado, tratteggiando nella mente.
Ancora peggio se pensava poi che, nella visione celestiale del preside, in quella "grande famiglia" doveva essere per forza compreso anche lui.
Non osava immaginare quale ruolo gli fosse stato riservato dalla fervida immaginazione di Silente.
Ma, senza averne alcuna intenzione, si vide imprigionato su di un seggiolone con una ripugnante cuffietta azzurra in testa.
Chiuse gli occhi un momento, affrettandosi a respingere quella scena raccapricciante.
“L'armonia e la stima reciproca sono due componenti fondamentali di ogni buona famiglia” continuò Silente nel frattempo “Io nutro un profondo rispetto per tutti voi. Guarda il caso di Minerva, ad esempio...”.
A quel nome Piton alzò immediatamente lo sguardo sul preside, come se egli avesse appena dato l'allarme, perché un troll era entrato dalla porta della camera.
“...Io la considero come una tra le mie più care amiche, una confidente che so sarà sempre presente, anche nei momenti di maggiore difficoltà. Stasera penso di averle anche schiacciato parecchie volte i piedi, mentre ballavamo. Eh sì... Non è che l'idea di danzare, dopo tanti anni che non lo facevo più, proprio mi arridesse, per così dire. Ed è anche in queste piccole cose che si può cogliere veramente il valore dell’amicizia.
Non so se avrei avuto il coraggio di mettere anche solo un piede sulla pista, se al mio fianco non ci fosse stata Minerva ad incoraggiarmi, anzi... quasi ad obbligarmi a ballare, con i suoi metodi che sanno essere sempre piuttosto convincenti...
Si trattava di una sfida con me stesso e anche un po’ con gli altri insegnanti, dato che avrei fatto proprio una figuraccia a rimanere immobile da un lato, mentre tutti quanti piroettavano qua e là per la Sala Grande”.
“Eppure mi sei sembrato alquanto in forma. Mi è parso di vedere che anche gli studenti sono rimasti piacevolmente stupefatti davanti al vostro exploit danzante...”.
“Beh, penso sia apparso alquanto insolito ai loro occhi vedermi danzare il valzer in mezzo a loro.
Ma tutto sommato ritengo si siano comportati in modo ineccepibile stasera” sorrise il mago, volgendo lo sguardo da un lato, verso la parete.
“Sì... A parte rari casi isolati...” precisò allora Piton.
“Ti riferisci a Fred e George Weasley? La loro spiccata attitudine per gli scherzi è ormai proverbiale, ma in fondo sono bravi ragazzi. Hanno bisogno ancora di qualche anno e di un po’ di esperienza in più per maturare, ma so che sapranno trovare presto la loro strada. Ancora poco tempo fa, hanno assunto la Pozione Invecchiante per inserire il loro nome nel Calice di Fuoco, ma in quel caso la loro ironia si è rivelata alquanto controproducente...” e qui Silente rise mestamente sotto i baffi “...Ma ritengo che spiacevoli inconvenienti di tal genere possano a volte riuscire più educativi di qualsiasi rimprovero.
Comunque, per quanto riguarda stasera, la sicurezza che ho acquisito dopo tanti anni di insegnamento ha fatto sì che non prestassi alcuna attenzione ai loro innocenti risolini, mentre Minerva ed io ballavamo. E, inoltre, questa volta i loro compagni mi sembravano già fin troppo imbarazzati ed indaffarati a cercar di stare a tempo con la musica, per fare caso a loro.
So che, nonostante tu non apprezzi questo genere di divertimenti, ti dev’essere comunque costato molto rimanere da parte e non avvicinarti quasi per nulla a Minerva per tutta la durata della festa, per non destare sospetti, ma ti ritengo troppo intelligente per dar retta alle insinuazioni burlesche di due studenti della scuola.
Puoi dormire tra due guanciali, Severus, quella donna è caparbia ed ostinata nella vita, come in amore”.
Silente schiacciò un rapidissimo occhiolino al collega e, accomodando meglio le scapole contro lo schienale della poltrona, inarcò le labbra in un sorriso disteso.
Piton si sentì come un bambino appena scoperto dalla madre a ficcare il dito nel vasetto del miele.
Subito si sporse in avanti per replicare, cercando di mantenere un’espressione almeno in apparenza impassibile, ma in quel momento la professoressa McGranitt fece capolino dal corridoio buio, con in mano una boccetta piena per metà di un liquido verdognolo.
“Ecco, Albus. Non è molta, ma penso che per stasera dovrebbe essercene a sufficienza. Domani Severus potrà preparartene un altro po’ con calma”.
I suoi occhi azzurri si voltarono sul capo di Piton, come aspettandosi un cenno di assenso da parte sua, ma egli era ancora troppo sbalordito dalla schiettezza delle parole di Silente, per accorgersi che era appena stato tirato in causa nella conversazione.
“Severus? Tutto bene?” lo incalzò allora la donna, avvicinandosi alla sua poltrona. Solo allora egli alzò il volto, liquidando la questione con un gesto poco convinto della testa.
“Beh, credo che sia giunta per me l'ora di andare a godere del soave teporino del mio giaciglio. È stata una giornata alquanto movimentata e un po’ di riposo ora è proprio quello che mi ci vuole.
Auguro una buonanotte ad entrambi, amici miei” e, così dicendo, Silente afferrò la boccetta di pozione dal tavolino tra le poltrone ed uscì dalla camera, chiudendosi la porta alle spalle.
La professoressa McGranitt tornò in bagno ad asciugarsi i capelli e, quando ne uscì qualche minuto più tardi, aveva già indossato la sua elegante camicia da notte scozzese.
Piton era sempre lì, sprofondato immobile nella poltrona a fissare le fiamme nel caminetto.
“Hai intenzione di restare lì fermo fino a domani mattina? Non ti sembra di avere un colorito già abbastanza pallido, senza dover rimanere in piedi tutta la notte?”.
Nessuna risposta.
“Io vado a dormire. Se vuoi darmi retta, penso faresti meglio a riposare un po’ anche tu”.
Ma l’uomo nuovamente non la degnò nemmeno di uno sguardo.
“Come non detto... Vi auguro una buona notte, ovunque vi troviate tu e la tua testa in questo momento”.
"Aspetta, Minerva...".
La strega si fermò e volse lo sguardo nella penombra verso la poltrona, quando già teneva in mano un lembo del lenzuolo a quadretti gialli e amaranto.
"...Non stai dimenticando qualcosa?".
“Sì...” rispose prontamente la strega “...Qualcosa mi sembra di averlo dimenticato stasera: il perché mai continui a sopportarti, nonostante il tuo carattere intollerabile!”.
"Forse perché è talmente forte in te l’impulso a contraddire tutto e tutti, che vuoi dimostrare che ha torto anche il detto, secondo cui sarebbero gli opposti ad attrarsi..." rispose con un sorrisetto malignamente sarcastico il professore.
"Ah! Per la barba di Merlino! Stasera di sciocchezze ne ho già sentite fin troppe!" .
La donna scostò le coperte e si sedette sul letto, con tutte le intenzioni di andare dritta a dormire stavolta, anche se sapeva che probabilmente quella notte non avrebbe chiuso occhio dopo una serata così movimentata, conclusasi, al di fuori da ogni previsione, in una maniera decisamente ancor più movimentata.
Tanto valeva, siccome ormai di tempo al sonno ne aveva già abbondantemente sottratto, levarsi però un'ultima curiosità:
"Allora, se vuoi dirmi cos'è che mi starei dimenticando, spicciati perché sono stanca!".
Piton sorrise silenziosamente nel buio e le fiamme del caminetto risplendettero di tenui luccichii nelle sue pupille scure.
Dopo qualche istante senza nessuna risposta, Minerva s'insospettì e si avvicinò di qualche passo alla poltrona, dov'era seduto l'uomo.
Fu allora che egli, senza perdere altro tempo, raccolse la bacchetta che aveva appoggiato tra il sedile ed il bracciolo.
Quindi si alzò in piedi e la levò in alto, descrivendo con essa un'ampia circonferenza sopra alla sua testa.
Mentre la roteava in aria, le pareti della stanza si aprirono come un ventaglio ed un’aria leggermente frizzantina invase l'ambiente, finché la camera di Minerva sparì del tutto e lasciò spazio ad una radura innevata, illuminata solo da una timida falce di luna.
Alcuni salici protendevano i loro rami, come lunghe braccia imbiancate, sin sotto la superficie di uno splendente lago ghiacciato, sul quale decine di piccole sfere luminose, staccandosi dalle fronde, danzavano sospese nell’aria.
Poi scomparvero anche i mobili come per magia e la fiamma nel caminetto si assopì.
La McGranitt, che indossava sempre la sua camicia da notte scozzese con tanto di ciabattine in tinta, rimase a bocca aperta di fronte a quello stravagante incantesimo: si accorse che, nonostante ora la circondasse un gelido paesaggio invernale, nessun brivido di freddo le correva lungo la schiena, ma anzi si sentiva le mani e la faccia bollenti.
"Ora ricordi?” chiese dunque Piton, voltandosi verso Minerva con la bacchetta ancora levata in alto.
La professoressa non rispose e continuò a guardarsi attorno, perlustrando velocemente con gli occhi lo scenario notturno, che si stendeva dove fino a poco prima erano le pareti della sua stanza.
Allora Piton si decise a rinfrescarle la memoria:
“Non dovevi concedermi un ballo? O, per meglio dire, non avevi promesso di riservare a me l’ultimo ballo della serata?”.
La donna esitò ancora qualche istante in contemplazione, poi si volse finalmente verso di lui:
“E non avresti potuto semplicemente ricordarmelo, prima di farmi scomparire la stanza? Con tutto questo trambusto mi avrai messo la roba completamente in disordine!”.
Piton rimase letteralmente a bocca aperta per la sorpresa.
Non poteva credere alle proprie orecchie.
Aveva commesso una violenza non indifferente nei confronti della sua autostima personale, scendendo a tanta sdolcinata romanticheria, progettando nei minimi dettagli quell’Incantesimo Illusionista, a partire dalla scelta del luogo, fino alla disposizione della più esile fronda dei salici.
Non aveva lasciato davvero nulla al caso, seppure la sua mente provasse ribrezzo al solo pensiero di quello che stava realizzando.
Eppure lei aveva finito per rovinare tutto con la sua solita, rigida ed insopportabile concretezza demolitrice!
Perché tanto sforzo per farle piacere?
In fondo lui aveva cercato in ogni modo di cambiare la propria natura per lei e lei... lei non era cambiata di una virgola!
In mezzo ad un paesaggio magico, incantato, romantico... stomachevole... Cosa le veniva in mente?... Che la sua roba poteva ricomparire in disordine, in una disposizione diversa rispetto alla collocazione maniacale in cui l'aveva messa lei!
Minerva lo lasciò ancora un po’ di tempo a bollire nel suo calderone, giusto per vendicarsi un tantino della sfuriata senza senso che le aveva riservato quella sera.
Poi si decise a rompere il silenzio e si avvicinò all'insegnante ancora allibito, afferrandogli la mano e poggiandola sul suo fianco:
"Vorrà dire che perderò un po’ di tempo a rimetterla a posto così com'era, domani mattina...".
Severus colse solo in quel momento l'ironia nella sua voce e la rabbia sul suo volto lasciò spazio ad un sorriso lievemente disgustato (che per lui era già il massimo...).
L'espressione falsamente rassegnata della donna, invece, si aprì in un risolino compiaciuto per la perfetta riuscita dello scherzetto (ispirato forse, almeno inizialmente, anche da un irrazionale fondo di verità...).
Poi Minerva poggiò la mano sinistra sulla spalla di Piton ed abbandonò la destra nella sua, iniziando a tenere il tempo con un filo di voce "Un, due, tre! Un, due, tre!...", come aveva fatto nella lezione di danza con i suoi studenti.
Fu allora che Piton s’interruppe un istante e sfilò la bacchetta dal mantello, indirizzandola verso il folto del bosco.
Subito una musica lieve giunse ai loro orecchi, trasportata dal vento che scuoteva le fronde imbiancate.
Le due slanciate figure roteavano tra il fruscio della neve in un turbinare di stoffa nera e scozzese, perdendosi ciascuno negli occhi dell'altro, senza mai interrompere quella vellutata carezza di sguardi.
La loro immagine balenava sulla superficie del lago ghiacciato, dietro le fronde dei salici, e le preoccupazioni, che attanagliavano la loro mente, sembravano via via allontanarsi ad ogni giro di valzer.
Magia, incantesimo, sogno... ‘Orrore!’, quando all'improvviso la professoressa McGranitt si accorse di portare ancora ai piedi quelle stupide, inadatte pantofole scozzesi!
Non perse tempo e, senza fermare i suoi eleganti passi di danza, con un semplice schiocco tra pollice e medio, le trasfigurò in un paio di aggraziate scarpette verdi, con tanto di fiocchetto di velluto sulla punta.
"Minerva, Minerva... niente lavoro stasera, d'accordo?" la rimproverò allora Piton in tono leggermente compiaciuto, alzando appena il sopracciglio sinistro.
La professoressa sorrise candidamente e, poggiando la guancia sulla spalla del mago, nascose al suo sguardo il tenue rossore che le si andava dipingendo sulle gote.
Ora capiva che forse non era solo merito dell'incantesimo, se un tiepido calore le si diffondeva sotto la pelle, nonostante la neve continuasse a fermarsi sulla sua sottile camicia scozzese.
Chissà cosa avrebbero detto i fratelli Weasley, se l’avessero potuta vedere in questo momento...
Ma soltanto la luna continuava ad osservarli dal cielo, in attesa che l’effetto dell’incantesimo finisse e le spesse pareti del castello di Hogwarts tornassero a celare il suo pallido chiarore.
Minerva McGranitt si richiuse la porta della sua camera alle spalle, dandole una leggera pressione con la schiena, finché non sentì il chiavistello scattare con uno schiocco sonoro.
Aveva le mani impegnate: in una teneva le scarpette da ballo verde smeraldo, nell'altra il cappello a punta nero, sul quale svettavano tre esili piume anch’esse di colore verde.
"Sì, molto. E sono anche stata felice che i ragazzi abbiano messo in pratica discretamente gli insegnamenti, ricevuti durante le lezioni di ballo che ho tenuto per loro.
La Signorina Granger poi mi ha davvero stupita... Ah, non ti preoccupare... Non pretendo che tu esprima giudizi su questo genere di cose. So che non sono proprio... nelle tue corde".
Il professor Piton l'aspettava seduto vicino al caminetto, con i gomiti appoggiati ai braccioli della poltrona e le dita delle mani intrecciate sotto il mento.
Anche lui quella sera era andato al Ballo del Ceppo, ma dopo un'ora il suo sistema nervoso non aveva più resistito. Tutte quelle danze e quei saltelli lo disgustavano.
Ma c'era stato anche dell'altro, che aveva contribuito notevolmente ad irritarlo.
"Effettivamente non sono ancora riuscito a capire quale sia l'utilità di questo Ballo ai fini del Torneo Tremaghi... E poi vedere la scuola invasa da bande di giovani zampettanti non mi ha mai entusiasmato. Neanche ai miei tempi lo avevo trovato un evento interessante".
Minerva lo ascoltava dalla stanza accanto, dove stava riempiendo intanto la vasca, con l'intenzione di farsi un bagno riposante prima di guadagnare il letto.
Iniziava ad essere piuttosto stanca. Nonostante si fosse molto divertita al Ballo, è pur vero che non era più una ragazzina e tra i preparativi, le decorazioni della Sala Grande e la festa stessa non si era ancora fermata un momento sin dalle prime ore del pomeriggio.
"Non fraintendermi..." continuò allora Piton, alzando leggermente il tono della voce e tirando il collo in direzione della porta aperta, per superare il frastuono dell'acqua che cadeva nella vasca "...ma era proprio indispensabile fare così la gatta morta con Silente stasera?".
La professoressa McGranitt si affacciò con la testa da dietro lo stipite della porta, con un'espressione scioccata e lievemente divertita al tempo stesso.
Le ci volle qualche istante di esitazione per rielaborare il concetto, tanto quelle parole l’avevano colta di sorpresa.
"C'era forse una qualche sottile allusione alle mie peculiari doti magiche, in questa tua ultima definizione?" chiese allora la donna, sempre mantenendosi su un tono scherzoso, ma non nascondendo a se stessa una lieve preoccupazione.
"Nessuna allusione. Mi sembra che fosse sotto gli occhi di tutti...".
"Severus, sono sicura che tu stia scherzando!".
"Non dovresti esserlo. Va bene non farsi mai vedere insieme davanti agli studenti, se non per battibeccare in continuazione... ‘ Non dobbiamo destare sospetti, Severus... Potrebbero capire qualcosa, Severus ’ ...Ma a tutto c'è un limite. Questa sera ho visto coi miei occhi Fred e George Weasley scambiarsi occhiatine divertite dietro alle tue spalle, mentre ballavi con Silente.
Da domani tutta la scuola non potrà far altro che pensare alla scena del Ballo, quando vi vedrà insieme nei corridoi!".
"Ma i gemelli sono solo ragazzi con la passione per scherzetti e battutine!
...E poi anche tu hai ballato con la professoressa Sinistra, ma non per questo io mi permetto di farti scenate. Forse ciò è dovuto al fatto che io ho più fiducia in te di quanto tu ne abbia nei miei confronti...".
"Ci risiamo con questa storia: il perfido Serpeverde non si fida dell'integerrima Grifondoro...".
"No, sarebbe meglio dire: il “fantasioso” Serpeverde è geloso dell'integerrima Grifondoro".
"La gelosia è un sentimento irragionevole che non rientra nella mia sfera comportamentale, Minerva. Se tu mi ritieni davvero capace di tali reazioni, sappi che giudico ciò alquanto offensivo".
"Non era nelle mie intenzioni, Severus" ribatté subito Minerva McGranitt, mentre, uscita dalla vasca, s'infilava l'accappatoio dall'immancabile disegno scozzese.
"Ma non hai pensato al fatto che anch'io potrei ritenermi offesa di essere definita “gatta morta”, per aver solo mosso qualche innocente passo di danza con un vecchio amico come Albus? Neanche gli avessi gettato le braccia al collo!".
"Ci sarebbe mancato solo quello..." sibilò Severus Piton con gli occhi fissi sulla fiamma che scoppiettava nel caminetto.
"Cosa, scusa? Non ho sentito le tue ultime parole, perché mi stavo sciacquando via il sapone dalle orecchie... Puoi ripetere?".
All'improvviso la professoressa apparve sulla soglia della stanza con i lunghi capelli corvini sciolti, raccolti sulla spalla destra. Con un movimento ritmico della spazzola, tirava i capelli verso il basso, sciogliendo gli ultimi nodi che s'impigliavano tra i denti del pettine.
"Niente d'importante" sibilò Piton, senza alzare gli occhi dalla fiamma scoppiettante.
"Questo lascia che sia io a giudicarlo".
"Non era importante ti dico. Lasciami stare! Perché non vai a farti ancora un ballo giù insieme ad Albus? Se fai una corsa, ci scommetto che lo trovi ancora lì".
"Sei insopportabile, Severus Piton! Non capisco quale sia il motivo per cui mi sono innamorata di te!".
Poi Minerva si sedette nell'altra poltrona davanti al fuoco e si mise anche lei a guardare il caminetto.
Nonostante s’interponesse tra loro solo il basso tavolino, dove spesso erano soliti passare interminabili ore a giocare agli Scacchi dei Maghi, in quel momento non avrebbero potuto essere più distanti.
Sembravano entrambi ipnotizzati dal fuoco che ardeva nel caminetto. Minerva con le braccia conserte strette al petto, Piton con le dita intrecciate tra loro in una stretta indissolubile.
All'improvviso quattro colpetti in successione ordinata risuonarono contro la porta della camera. Minerva si voltò verso Piton con espressione interrogativa ed egli sembrò intuire la domanda sospesa nella gola dell'insegnante: "Se non vai ad aprire la porta, come facciamo a sapere chi ci sia dietro?".
La donna emise un rapido e brusco sbuffo d'aria dal naso aguzzo, alzandolo poi verso il soffitto.
Quindi scattò in piedi impettita e, con aria ancora visibilmente contrariata, aprì la porta.
"Minerva, scusami se ti disturbo a quest'ora... Oh, vedo che c'è anche Severus! Non avrei potuto essere più fortunato!".
‘ Tempismo perfetto...’ pensò Piton, prima di uscirsene fuori con un debole e poco entusiasta: "Buonasera, Albus. Qual buon vento...?".
Silente varcò speditamente la porta e andò ad accomodarsi nella poltrona davanti al caminetto, dov'era seduta Minerva fino a poco prima. Il cuscino era leggermente bagnato e il contrasto tra quell'umidità e il caldo emanato dal fuoco fece rabbrividire il preside.
Non aveva proprio per niente una bella cera.
"Ero venuto a chiedere alla cara Minerva se per caso aveva ancora un po’ di quella Pozione Obliatensioni, che mi aveva procurato qualche tempo fa. Tra l'organizzazione del Torneo, il Ballo e quello che è accaduto durante la cerimonia di proclamazione dei Campioni, è stato un periodo veramente duro per i miei nervi e, dopo la sgambettata di stasera... avrei proprio bisogno di riposare qualche ora senza l'assillo di tanti pensieri nella testa. Non vorrei buscarmi un malanno...
Al massimo... non è per approfittare della tua disponibilità, ma... nel caso Minerva non ne avesse più, saresti così gentile da prepararmene un poco tu, Severus?
Purtroppo non ricordo il dosaggio esatto degli ingredienti, sennò non vi avrei disturbato, ma so che la preparazione richiede poco tempo".
"Ma dimmi, Albus: in questi casi non sarebbe più efficace fare ricorso al Pensatoio? In effetti, ti vedo un po’ affaticato" chiese allora Minerva con espressione preoccupata per la salute dell'amico.
"Purtroppo non è così facile come sembra. Nel Pensatoio si possono riversare avvenimenti che agitano la mente o problemi legati a ricordi specifici, ma non tensioni dovute a sentimenti o emozioni, ai quali non sia possibile ricondurre una particolare causa scatenante”.
“Capisco... Vado subito a vedere se nello studio ne ho ancora una boccetta” disse allora Minerva, stringendosi nell’accappatoio umido, e scomparve come un’ombra nel buio del corridoio.
“Scusatemi ancora se vi ho disturbato a quest’ora tarda, ma Madama Chips va sempre a dormire molto presto e non avrei voluto svegliarla, mentre so che Minerva di solito resta in piedi fino a tardi. Dice che quando fuori è buio riesce a concentrarsi con maggiore facilità e che un’oretta di lavoro, prima di stendersi, le rende a volte persino di più che un pomeriggio intero”.
“Se lo dici tu, Albus. Come sempre sei ben informato sulle questioni che interessano la scuola... così come sulle abitudini del tuo corpo insegnanti”.
Silente esitò a rispondere.
Gli pareva di aver avvertito una punta di sarcasmo nelle parole del suo pallido interlocutore.
Ma non ne era sicuro.
A pensarci bene avrebbe anche potuto trattarsi del suo solito tono strascicato.
Probabilmente era solo un’impressione.
“Beh, ho sempre preferito perseguire una politica di cordiale familiarità con gli insegnanti, piuttosto che porre un gelido distacco tra voi e me. Credo sia giusto che la scuola abbia una guida solida ed autoritaria, che sappia prendere decisioni ferme nel momento del bisogno, ma ciò non impedisce che possa instaurarsi un rapporto di rispetto ed amicizia. Inoltre, ormai sono parecchi anni che ci conosciamo e lavoriamo fianco a fianco e si può dire che la nostra sia diventata un po’ come un'unica grande famiglia”.
Nel sentire queste ultime parole, il mento di Piton si corrugò involontariamente, mentre gli angoli della sua bocca volgevano via via verso il basso, esprimendo tutto il disgusto che cresceva in lui al pensiero di quell'immagine sdolcinata, che Silente gli andava, suo malgrado, tratteggiando nella mente.
Ancora peggio se pensava poi che, nella visione celestiale del preside, in quella "grande famiglia" doveva essere per forza compreso anche lui.
Non osava immaginare quale ruolo gli fosse stato riservato dalla fervida immaginazione di Silente.
Ma, senza averne alcuna intenzione, si vide imprigionato su di un seggiolone con una ripugnante cuffietta azzurra in testa.
Chiuse gli occhi un momento, affrettandosi a respingere quella scena raccapricciante.
“L'armonia e la stima reciproca sono due componenti fondamentali di ogni buona famiglia” continuò Silente nel frattempo “Io nutro un profondo rispetto per tutti voi. Guarda il caso di Minerva, ad esempio...”.
A quel nome Piton alzò immediatamente lo sguardo sul preside, come se egli avesse appena dato l'allarme, perché un troll era entrato dalla porta della camera.
“...Io la considero come una tra le mie più care amiche, una confidente che so sarà sempre presente, anche nei momenti di maggiore difficoltà. Stasera penso di averle anche schiacciato parecchie volte i piedi, mentre ballavamo. Eh sì... Non è che l'idea di danzare, dopo tanti anni che non lo facevo più, proprio mi arridesse, per così dire. Ed è anche in queste piccole cose che si può cogliere veramente il valore dell’amicizia.
Non so se avrei avuto il coraggio di mettere anche solo un piede sulla pista, se al mio fianco non ci fosse stata Minerva ad incoraggiarmi, anzi... quasi ad obbligarmi a ballare, con i suoi metodi che sanno essere sempre piuttosto convincenti...
Si trattava di una sfida con me stesso e anche un po’ con gli altri insegnanti, dato che avrei fatto proprio una figuraccia a rimanere immobile da un lato, mentre tutti quanti piroettavano qua e là per la Sala Grande”.
“Eppure mi sei sembrato alquanto in forma. Mi è parso di vedere che anche gli studenti sono rimasti piacevolmente stupefatti davanti al vostro exploit danzante...”.
“Beh, penso sia apparso alquanto insolito ai loro occhi vedermi danzare il valzer in mezzo a loro.
Ma tutto sommato ritengo si siano comportati in modo ineccepibile stasera” sorrise il mago, volgendo lo sguardo da un lato, verso la parete.
“Sì... A parte rari casi isolati...” precisò allora Piton.
“Ti riferisci a Fred e George Weasley? La loro spiccata attitudine per gli scherzi è ormai proverbiale, ma in fondo sono bravi ragazzi. Hanno bisogno ancora di qualche anno e di un po’ di esperienza in più per maturare, ma so che sapranno trovare presto la loro strada. Ancora poco tempo fa, hanno assunto la Pozione Invecchiante per inserire il loro nome nel Calice di Fuoco, ma in quel caso la loro ironia si è rivelata alquanto controproducente...” e qui Silente rise mestamente sotto i baffi “...Ma ritengo che spiacevoli inconvenienti di tal genere possano a volte riuscire più educativi di qualsiasi rimprovero.
Comunque, per quanto riguarda stasera, la sicurezza che ho acquisito dopo tanti anni di insegnamento ha fatto sì che non prestassi alcuna attenzione ai loro innocenti risolini, mentre Minerva ed io ballavamo. E, inoltre, questa volta i loro compagni mi sembravano già fin troppo imbarazzati ed indaffarati a cercar di stare a tempo con la musica, per fare caso a loro.
So che, nonostante tu non apprezzi questo genere di divertimenti, ti dev’essere comunque costato molto rimanere da parte e non avvicinarti quasi per nulla a Minerva per tutta la durata della festa, per non destare sospetti, ma ti ritengo troppo intelligente per dar retta alle insinuazioni burlesche di due studenti della scuola.
Puoi dormire tra due guanciali, Severus, quella donna è caparbia ed ostinata nella vita, come in amore”.
Silente schiacciò un rapidissimo occhiolino al collega e, accomodando meglio le scapole contro lo schienale della poltrona, inarcò le labbra in un sorriso disteso.
Piton si sentì come un bambino appena scoperto dalla madre a ficcare il dito nel vasetto del miele.
Subito si sporse in avanti per replicare, cercando di mantenere un’espressione almeno in apparenza impassibile, ma in quel momento la professoressa McGranitt fece capolino dal corridoio buio, con in mano una boccetta piena per metà di un liquido verdognolo.
“Ecco, Albus. Non è molta, ma penso che per stasera dovrebbe essercene a sufficienza. Domani Severus potrà preparartene un altro po’ con calma”.
I suoi occhi azzurri si voltarono sul capo di Piton, come aspettandosi un cenno di assenso da parte sua, ma egli era ancora troppo sbalordito dalla schiettezza delle parole di Silente, per accorgersi che era appena stato tirato in causa nella conversazione.
“Severus? Tutto bene?” lo incalzò allora la donna, avvicinandosi alla sua poltrona. Solo allora egli alzò il volto, liquidando la questione con un gesto poco convinto della testa.
“Beh, credo che sia giunta per me l'ora di andare a godere del soave teporino del mio giaciglio. È stata una giornata alquanto movimentata e un po’ di riposo ora è proprio quello che mi ci vuole.
Auguro una buonanotte ad entrambi, amici miei” e, così dicendo, Silente afferrò la boccetta di pozione dal tavolino tra le poltrone ed uscì dalla camera, chiudendosi la porta alle spalle.
La professoressa McGranitt tornò in bagno ad asciugarsi i capelli e, quando ne uscì qualche minuto più tardi, aveva già indossato la sua elegante camicia da notte scozzese.
Piton era sempre lì, sprofondato immobile nella poltrona a fissare le fiamme nel caminetto.
“Hai intenzione di restare lì fermo fino a domani mattina? Non ti sembra di avere un colorito già abbastanza pallido, senza dover rimanere in piedi tutta la notte?”.
Nessuna risposta.
“Io vado a dormire. Se vuoi darmi retta, penso faresti meglio a riposare un po’ anche tu”.
Ma l’uomo nuovamente non la degnò nemmeno di uno sguardo.
“Come non detto... Vi auguro una buona notte, ovunque vi troviate tu e la tua testa in questo momento”.
"Aspetta, Minerva...".
La strega si fermò e volse lo sguardo nella penombra verso la poltrona, quando già teneva in mano un lembo del lenzuolo a quadretti gialli e amaranto.
"...Non stai dimenticando qualcosa?".
“Sì...” rispose prontamente la strega “...Qualcosa mi sembra di averlo dimenticato stasera: il perché mai continui a sopportarti, nonostante il tuo carattere intollerabile!”.
"Forse perché è talmente forte in te l’impulso a contraddire tutto e tutti, che vuoi dimostrare che ha torto anche il detto, secondo cui sarebbero gli opposti ad attrarsi..." rispose con un sorrisetto malignamente sarcastico il professore.
"Ah! Per la barba di Merlino! Stasera di sciocchezze ne ho già sentite fin troppe!" .
La donna scostò le coperte e si sedette sul letto, con tutte le intenzioni di andare dritta a dormire stavolta, anche se sapeva che probabilmente quella notte non avrebbe chiuso occhio dopo una serata così movimentata, conclusasi, al di fuori da ogni previsione, in una maniera decisamente ancor più movimentata.
Tanto valeva, siccome ormai di tempo al sonno ne aveva già abbondantemente sottratto, levarsi però un'ultima curiosità:
"Allora, se vuoi dirmi cos'è che mi starei dimenticando, spicciati perché sono stanca!".
Piton sorrise silenziosamente nel buio e le fiamme del caminetto risplendettero di tenui luccichii nelle sue pupille scure.
Dopo qualche istante senza nessuna risposta, Minerva s'insospettì e si avvicinò di qualche passo alla poltrona, dov'era seduto l'uomo.
Fu allora che egli, senza perdere altro tempo, raccolse la bacchetta che aveva appoggiato tra il sedile ed il bracciolo.
Quindi si alzò in piedi e la levò in alto, descrivendo con essa un'ampia circonferenza sopra alla sua testa.
Mentre la roteava in aria, le pareti della stanza si aprirono come un ventaglio ed un’aria leggermente frizzantina invase l'ambiente, finché la camera di Minerva sparì del tutto e lasciò spazio ad una radura innevata, illuminata solo da una timida falce di luna.
Alcuni salici protendevano i loro rami, come lunghe braccia imbiancate, sin sotto la superficie di uno splendente lago ghiacciato, sul quale decine di piccole sfere luminose, staccandosi dalle fronde, danzavano sospese nell’aria.
Poi scomparvero anche i mobili come per magia e la fiamma nel caminetto si assopì.
La McGranitt, che indossava sempre la sua camicia da notte scozzese con tanto di ciabattine in tinta, rimase a bocca aperta di fronte a quello stravagante incantesimo: si accorse che, nonostante ora la circondasse un gelido paesaggio invernale, nessun brivido di freddo le correva lungo la schiena, ma anzi si sentiva le mani e la faccia bollenti.
"Ora ricordi?” chiese dunque Piton, voltandosi verso Minerva con la bacchetta ancora levata in alto.
La professoressa non rispose e continuò a guardarsi attorno, perlustrando velocemente con gli occhi lo scenario notturno, che si stendeva dove fino a poco prima erano le pareti della sua stanza.
Allora Piton si decise a rinfrescarle la memoria:
“Non dovevi concedermi un ballo? O, per meglio dire, non avevi promesso di riservare a me l’ultimo ballo della serata?”.
La donna esitò ancora qualche istante in contemplazione, poi si volse finalmente verso di lui:
“E non avresti potuto semplicemente ricordarmelo, prima di farmi scomparire la stanza? Con tutto questo trambusto mi avrai messo la roba completamente in disordine!”.
Piton rimase letteralmente a bocca aperta per la sorpresa.
Non poteva credere alle proprie orecchie.
Aveva commesso una violenza non indifferente nei confronti della sua autostima personale, scendendo a tanta sdolcinata romanticheria, progettando nei minimi dettagli quell’Incantesimo Illusionista, a partire dalla scelta del luogo, fino alla disposizione della più esile fronda dei salici.
Non aveva lasciato davvero nulla al caso, seppure la sua mente provasse ribrezzo al solo pensiero di quello che stava realizzando.
Eppure lei aveva finito per rovinare tutto con la sua solita, rigida ed insopportabile concretezza demolitrice!
Perché tanto sforzo per farle piacere?
In fondo lui aveva cercato in ogni modo di cambiare la propria natura per lei e lei... lei non era cambiata di una virgola!
In mezzo ad un paesaggio magico, incantato, romantico... stomachevole... Cosa le veniva in mente?... Che la sua roba poteva ricomparire in disordine, in una disposizione diversa rispetto alla collocazione maniacale in cui l'aveva messa lei!
Minerva lo lasciò ancora un po’ di tempo a bollire nel suo calderone, giusto per vendicarsi un tantino della sfuriata senza senso che le aveva riservato quella sera.
Poi si decise a rompere il silenzio e si avvicinò all'insegnante ancora allibito, afferrandogli la mano e poggiandola sul suo fianco:
"Vorrà dire che perderò un po’ di tempo a rimetterla a posto così com'era, domani mattina...".
Severus colse solo in quel momento l'ironia nella sua voce e la rabbia sul suo volto lasciò spazio ad un sorriso lievemente disgustato (che per lui era già il massimo...).
L'espressione falsamente rassegnata della donna, invece, si aprì in un risolino compiaciuto per la perfetta riuscita dello scherzetto (ispirato forse, almeno inizialmente, anche da un irrazionale fondo di verità...).
Poi Minerva poggiò la mano sinistra sulla spalla di Piton ed abbandonò la destra nella sua, iniziando a tenere il tempo con un filo di voce "Un, due, tre! Un, due, tre!...", come aveva fatto nella lezione di danza con i suoi studenti.
Fu allora che Piton s’interruppe un istante e sfilò la bacchetta dal mantello, indirizzandola verso il folto del bosco.
Subito una musica lieve giunse ai loro orecchi, trasportata dal vento che scuoteva le fronde imbiancate.
Le due slanciate figure roteavano tra il fruscio della neve in un turbinare di stoffa nera e scozzese, perdendosi ciascuno negli occhi dell'altro, senza mai interrompere quella vellutata carezza di sguardi.
La loro immagine balenava sulla superficie del lago ghiacciato, dietro le fronde dei salici, e le preoccupazioni, che attanagliavano la loro mente, sembravano via via allontanarsi ad ogni giro di valzer.
Magia, incantesimo, sogno... ‘Orrore!’, quando all'improvviso la professoressa McGranitt si accorse di portare ancora ai piedi quelle stupide, inadatte pantofole scozzesi!
Non perse tempo e, senza fermare i suoi eleganti passi di danza, con un semplice schiocco tra pollice e medio, le trasfigurò in un paio di aggraziate scarpette verdi, con tanto di fiocchetto di velluto sulla punta.
"Minerva, Minerva... niente lavoro stasera, d'accordo?" la rimproverò allora Piton in tono leggermente compiaciuto, alzando appena il sopracciglio sinistro.
La professoressa sorrise candidamente e, poggiando la guancia sulla spalla del mago, nascose al suo sguardo il tenue rossore che le si andava dipingendo sulle gote.
Ora capiva che forse non era solo merito dell'incantesimo, se un tiepido calore le si diffondeva sotto la pelle, nonostante la neve continuasse a fermarsi sulla sua sottile camicia scozzese.
Chissà cosa avrebbero detto i fratelli Weasley, se l’avessero potuta vedere in questo momento...
Ma soltanto la luna continuava ad osservarli dal cielo, in attesa che l’effetto dell’incantesimo finisse e le spesse pareti del castello di Hogwarts tornassero a celare il suo pallido chiarore.
Note di fine capitolo
Ogni riferimento a persone o comportamenti propri di individui esistenti è PURAMENTE CASUALE...Grazie per la lettura!
Qualsiasi osservazione, commento o battuta che vi siano venuti in mente saranno, come sempre, più che graditi! ^_^
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