Note al capitolo

Questa oneshot è stata scritta per il compleanno di gothika_85, quindi la dedico interamente a lei^^.
Posso solo sperare che vi piaccia
Avvertimenti : i personaggi non sono miei, ma appartengono alla signora Rowling e a chiunque ne detenga i diritti.
Ultima nota e poi vi lascio in pace: il titolo è quello della canzone composta da Nobuo Uematsu (spero si scriva così^^)e cantata da RIKKI nel videogame Final Fantasy X; letteralmente significa "Non è meraviglioso!".
Non ha affinità con la storia di per se, ma dato che ascoltavo questa canzone durante l'intera stesura e sono stata ispirata dalla melodia mi sembrava giusto il tributo.
La luna piena splendeva con la sua luce eterea, mentre un ragazzo correva attraverso quella buia foresta, seguito in lontananza dal latrare furioso dei lupi e da grida umane.
Ormai sembravano passate ore da quando aveva avuto inizio quella fuga, i suoi abiti erano lacerati in più punti, la pelle sporca era costellata di numerosi graffi e ferite che gli dolevano ad ogni passo e i capelli biondi erano appiccicati al volto dal sudore e dal sangue che si rapprendeva velocemente. I muscoli cominciavano a protestare per l’eccessivo sforzo e la milza gli doleva già da qualche tempo, così come la schiena.
Il giovane inciampò su una radice, finendo per cadere sulle ginocchia, già ferite grazie al fitto sottobosco; si rimise in piedi e controllò preoccupato il corpo adagiato sulle sue spalle.
Ad una prima vista non sembrava che il suo passeggero si fosse svegliato, nè che si fosse ferito ulteriormente. Sospirò per il sollievo e riprese immediatamente la corsa non appena sentì l’avvicinarsi delle bestie.
Il biondino percorse molti metri, tentando di ignorare il dolore crescente, ma all’ennesima fitta una vocina fastidiosa fece la sua comparsa, suggerendogli di abbandonare quel peso inerme per fuggire. Non si poteva dire che il consiglio fosse insensato, ma Draco Malfoy non avrebbe mai abbandonato il ragazzo che portava sulle spalle in quella folle corsa, infondo era per lui che stava rischiando tanto.
All’improvviso sentì la presa attorno al suo collo farsi lieve e con terrore tentò di chiamare il ragazzo.
“Resisti Potter, ci siamo quasi. Ancora pochi minuti e sarai al sicuro.” disse, voltando di poco il capo.
Il moretto aggrappato a lui dischiuse gli occhi ed annuì brevemente, prima di ripiombare in uno stato di leggero torpore e a quel punto Draco si concesse un’imprecazione poco signorile; la situazione era grave, entrambi avevano bisogno di riposo e certamente non potevano chiedere una pausa ai loro inseguitori.
I Mangiamorte probabilmente erano sfiniti quanto loro, in fondo erano umani e alcuni nemmeno troppo in forma, ma il problema grosso erano i lupi. Fino a che la luna piena fosse stata visibile i lupi mannari li avrebbero inseguiti pregustando la carne fresca e il sangue giovane e per loro sfortuna mancavano ancora alcune ore al calare dell’astro, non era convinto di poter correre ancora a lungo.
Ormai gli inseguitori guadagnavano terreno e Draco non sapeva cosa inventarsi per prendere tempo e tanto meno per mettersi in salvo. Se avessero continuato così li avrebbero raggiunti al massimo in un’ora e ne lui ne Harry avevano la forza sufficiente per affrontare un combattimento; sarebbe stata la fine per lui, ma soprattutto per il ragazzo svenuto che portava in groppa.
Come un miracolo vide un fiume stagliarsi di fronte e lui; il corso d’acqua scendeva dal monte e proseguiva verso sinistra finendo chissà dove, non sembrava molto profondo e nemmeno così impetuoso da trascinarli via. Per sincerarsene Draco appoggiò il corpo inerme di Harry a terra e lo mise seduto contro un albero, assicurandosi che fosse protetto dalla folta vegetazione, nel caso fosse passato qualcuno; quindi si portò sulla riva e camminò nell’acqua gelida, fino a trovarsi al centro del letto.
Qui constatò velocemente che l’acqua gli arrivava appena alla vita e che la corrente era minima, un tratto tranquillo e il passaggio non sarebbe stato troppo faticoso. L’acqua bruciava sulle ferite, ma sorrise a se stesso, compiaciuto del suo ingegno: era riuscito a trovare un modo per guadagnare istanti preziosi, istanti che forse li avrebbe salvati dalla morte orribile che quelle menti perverse avevano architettato; e tornò a prendere il moretto, ancora svenuto ai piedi dell’albero, per ricaricarselo in spalla.
Per parecchi metri seguirono il letto del fiume, riuscendo così a confondere i lupi che non potevano fiutare le loro tracce; non sentendo l’ululare e le grida il ragazzo si decise ad abbandonare il corso d’acqua e di continuare la fuga sulla riva opposta, se fosse riuscito a resistere fino all’alba avrebbe potuto orientarsi meglio e avrebbe portato il piccolo addormentato a casa.
Percorse pochi passi prima di cadere nuovamente, finendo faccia a terra. La stanchezza, le ferite, gli abiti pesanti per l’acqua e il freddo gli rendevano difficile rialzarsi e continuare la fuga; era tentato di rimanere steso lì e dormire fino al mattino successivo, ma il pensiero del ragazzo steso su di lui e del triste destino che gli avrebbero riservato i Mangiamorte lo convinsero a rialzarsi e a procedere.
Scostò il corpo del moretto, avvolto nel suo mantello, e con fatica si rialzò, sentendo le ginocchia cedergli; si appoggiò ad una quercia ascoltando il silenzio della notte, i loro aguzzini erano ancora lontani e forse avevano ancora una possibilità. Si ricaricò in spalla il Grifondoro e ricominciò la sua corsa disperata.
Non si sa quale dio ebbe pietà di loro, ma improvvisamente si imbatterono in una cascina abbandonata. Non sentendo rumori sospetti il giovane Malfoy decise di controllare lo stato, prima di entrare per far così riposare il compagno e le proprie membra.
La costruzione in pietra sembrava solida e la porta era in buono stato, il legno era a prima vista massiccio e secondo i suoi calcoli avrebbe resistito alle bestie, doveva solo adottare qualche piccolo accorgimento per gli uomini.
Varcata la soglia diede un’occhiata all’interno, decisamente spoglio. Era una sola stanza, il pavimento in legno non era consunto, segno che quel rifugio non era molto frequentato e anche il tetto sembrava abbastanza solido, ma grazie al cielo non pioveva quindi non avrebbe dovuto preoccuparsene troppo. Buona parte della parete di fronte a lui era occupata da un caminetto, mentre nell’angolo destro si stagliava un vecchio letto, con molte coperte gettate alla rinfusa sopra.
Entrò e continuò la sua ispezione, nell’angolo sinistro vicino alla porta vide una piccola dispensa e un lavandino e accanto al caminetto una tenda tirata a coprire qualcosa. Non era certo il suo castello, ma per quella sera doveva bastare ad entrambi.
Con un calcio chiuse la porta alle sue spalle ed andò verso il letto, al lato del quale era stata messa una piccola seggiola, e vi adagiò Harry, facendo attenzione a non fargli male.
Gentilmente gli scostò i capelli dagli occhi e si perse qualche secondo ad ammirare la figura addormentata del piccolo; chiedendosi dove fossero finiti i suoi occhiali, non li aveva quando lo aveva trovato. A dirla tutta quando aveva rinvenuto il moretto questi non indossava niente, era stato lui a coprirlo col suo mantello prima di fuggire.
Lanciando un’ultima occhiata alla figura prese a togliere le varie coperte dal letto gettandole a terra; quando il giaciglio fu completamente sgombro guardò compiaciuto il mucchio creatosi sul pavimento, di certo quella sera non avrebbero sofferto il freddo, anche se non potevano utilizzare il camino, ne prese solo una che piegò e appoggiò dove il compagno avrebbe dovuto appoggiare la testa.
Lasciando spoglio il giaciglio tornò alla sedia e ,prese Harry fra le braccia e lo strinse a se per la paura di lasciarlo cadere, ma appena sentì le ossa sotto quello strato di pelle, allentò la presa, come se temesse di romperlo.
Delicatamente lo adagiò sul letto, facendogli appoggiare la testa sulla coperta piegata. Rimase un attimo immobile a contemplarlo, il mantello nero che contrastava con la pelle del Grifone, facendola sembrare più pallida, il respiro lieve e i numerosi segni portarono una furia cieca ad annidarsi nel petto del giovane Malfoy.
Tentando di ignorare quella bestia che gli si agitava in corpo decise di vedere se la dispensa era vuota, o se la loro fortuna avrebbe dato nuovamente sfoggio delle sue alte capacità; aprendo le ante scoprì che in fondo qualcuno doveva vegliare su di lui.
Oltre a carne secca e acqua, sugli scaffali trovò alcune pozioni energizzanti, alcune curative ed anche qualche ampolla colma di pozione rimpolpasangue. Non era molto, ma più che sufficiente per il momento; per prima cosa stabilì di provvedere alla difesa di quel rifugio e trangugiò una pozione per ogni tipo, mettendosi così nelle condizioni di lanciare gli incantesimi di difesa più potenti che conosceva.
Come ultima difesa lanciò un Collaportus e, sentendosi finalmente al sicuro, si avvicinò alla tenda e, scostatala, vide solamente una piccola latrina e una bacinella con una spugna.
Assicuratosi che non ci fossero passaggi da cui entrare, le prese in mano e si voltò verso Harry, la pelle candida del ragazzo era sporca come la propria, piena di ferite e tagli più e meno gravi e i capelli, solitamente sparati in tutte le direzioni, aderivano al volto per il sudiciume e il sangue rappreso, sembrava una bambola di porcellana maltrattata da un bambino crudele che non ne conosceva il reale valore.
A quella vista si diresse con passo deciso al lavandino, dove riempì il contenitore d’acqua fresca e radunò alcune delle pozioni, prima di tornare ad occuparsi del piccolo giovane steso sul letto.
Sedutosi sul bordo tirò il ragazzo a sedere, appoggiandolo al proprio petto e cominciando a fargli bere quegli intrugli, massaggiandogli la gola per farlo deglutire; finite queste prime cure tolse il mantello perdendosi un poco in quel corpo.
Harry era sempre stato piccolo di statura, Draco ricordava che a scuola molte ragazze lo superavano in altezza e, nonostante gli allenamenti di Quidditch e le continue lotte, era rimasto magro e con muscoli poco evidenti.
Molti non lo consideravano bello e Draco avrebbe dovuto dirsi d’accordo, ma aveva l’insana voglia di stringerlo e proteggerlo dal mondo; scacciò questi suoi pensieri, sapeva di essere attratto anche dai ragazzi da tempo, ma Potter era decisamente troppo.
Cercò di riprendere il controllo di sé, cacciò la spugna in acqua, e la strizzò per passarla delicatamente sulle braccia, proseguendo sulle spalle, il collo, il torace e le gambe, concedendosi qualche fugace carezza alla seta bianca che aveva sotto le mani.
Era rimasto solo il viso, il biondino usò tutta la delicatezza in suo possesso per non svegliarlo, mentre toglieva la terra e il sangue rappreso da quei tratti, più mascolini rispetto ai propri, e dalla famosa cicatrice che gli portava tanti guai.
Finito il suo compito coprì l’altro giovane con alcune coperte e gli rivolse un ultimo sguardo prima di togliersi gli abiti bagnati. Furioso con sé stesso, pensò che quella sarebbe dovuta essere la prima cosa da fare se non voleva rischiare una polmonite o altro, ma poi capì che era stato meglio occuparsi di Potter prima.
Non sapeva cosa effettivamente fosse successo in quelle segrete, ma il cucciolo sembrava già gracile di suo e non poteva assicurare la sua sopravivenza se le ferite si fossero infettate o peggiorate.
Il pensiero del giovane cercatore moro steso a terra con gli occhi vitrei rivolti al cielo e il colorito cinereo della nera signora lo colpì come un pugno allo stomaco; perché quell’ipotesi lo faceva stare così male e perché gli faceva venire voglia di correre dall’altro e appoggiare la testa sul petto per sentire il battito regolare del cuore?
Scosse la testa per scacciare quelle sensazioni, Potter stava benissimo ora, era arrivato in tempo e tanto doveva bastare; con movenze meno delicate passò la spugna su tutto il corpo, ripulendosi da terra e sangue e constatò che le pozioni avevano cominciato ad agire, dato che le ferite si rimarginavano sotto i suoi occhi e la stanchezza scivolava via dal fisico asciutto. Continuò a curarsi, inconsapevole di due occhi verdi che avevano seguito l’intera scena.
Quando si era svegliato, Harry si era reso conto di trovarsi in un letto e non sul freddo pavimento della cella in cui Voldemort lo aveva rinchiuso, girandosi era stato colpito da fitte di dolore in tutto il corpo, certamente un residuo delle Cruciatus dei giorni precedenti.
Cauto nei movimenti, aveva osservato la casupola in ogni singolo dettaglio, posando infine lo sguardo su Malfoy, mentre questi si spogliava.
Arrossito vistosamente il giovane si era bevuto ogni minima curva che quegli abiti rivelavano pian piano, i capelli biondi, liberi dal gel, sfioravano la candida pelle delle spalle e circondavano i morbidi tratti del viso, i muscoli guizzanti si tendevano al minimo movimento in un gioco armonioso sotto la pelle candida.
Harry si vergognava, sentendosi stranamente inadeguato, mentre osservava il biondo lavarsi, desiderava accarezzare quella pelle e affondare le dita tra le ciocche bionde…ma non era questo che doveva pensare, quello era solo Malfoy, un altro ragazzo…e allora perché il cuore gli batteva così forte? Perché le mani sudavano tanto? E perché il respiro gli si mozzò in gola non appena quegli occhi grigi si piantarono nei suoi?
Draco si era girato verso il moro, per vedere se aveva ripreso conoscenza e lo aveva trovato sveglio, intento a guardarlo; il piccolo Harry aveva le guance lievemente arrossate, il respiro lieve ed irregolare e gli occhi splendenti come gemme; una visione, squisitamente semplice e perfetto.
Si alzò e con un colpo di bacchetta asciugò i vestiti, indossandoli nuovamente e, avvicinatosi al letto del Grifondoro, gli pose una mano sulla fronte; per fortuna non aveva febbre e la pozione curativa stava facendo evidentemente effetto, dato che anche le ferite scomparivano velocemente. Sollevato da quella notizia incrociò il suo sguardo con quello del moro e mille brividi gli partirono lungo la schiena; certo che senza occhiali quegli occhi verdi risaltavano tantissimo,da quando erano così penetranti? Sembravano poter leggere nell’anima col loro velo d’innocenza…ma che stava pensando?!
Si allontanò nuovamente, dirigendosi alla piccola dispensa.
“Tutto bene, Potter?” chiese, tentando di assumere il tono più freddo che conosceva. Intanto Harry lo squadrava intensamente, mentre frugava sullo scaffale per vedere quanti viveri fossero effettivamente disponibili; quel tono freddo lo aveva spiazzato, Malfoy non era cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto.
“Sto bene” disse, mentre una profonda malinconia si impossessava del suo cuore; che gli succedeva? Aveva veramente sperato che l’altro ragazzo fosse cambiato?
Draco si voltò il tempo per vedere quell’ombra attraversare gli occhi del grifone e un dolore sordo gli prese il petto; guidato da qualcosa di sconosciuto, tornò da lui con alcune strisce di carne e dell’acqua. Appena raggiunse il letto del ragazzo lo aiutò a mettersi a sedere e, adagiato su quel giaciglio, gli porse la carne. Allo sguardo sospettoso del moro sogghignò.
“Guarda che se avessi voluto farti fuori lo avrei fatto prima, pensavo potessi essere affamato.”
Harry arrossì e prese il cibo dalle mani del biondo, che intanto aveva appoggiato la caraffa d’acqua l’acqua sulla sedia e l’aveva tratta alla portata di entrambi. Cominciarono a mangiare in un silenzio teso, entrambi troppo stanchi e confusi per parlare. Fu Harry a spezzarlo, sepur con una certa titubanza.
“Posso chiederti una cosa Malfoy?” cominciò per poi aspettare un segnale dal suo compagno.
Al piccolo cenno dell’altro continuò, abbassando lo sguardo, le guance imporporate da un tenero rossore per un imbarazzo che non riusciva a spiegarsi. “Perché mi hai salvato?”
Draco, fissandolo, continuava a sentire la strana voglia di stringere a sé quell’uccellino e di baciarlo fino a fargli dimenticare il nome, ma represse l’istinto e indossò la maschera del Malfoy strafottente.
“Scusa tanto se ho osato! Naturalmente te la saresti cavata, sei o non sei il Salvatore del mondo magico?” lo sfotté col solito tono derisorio, ma ad un’occhiata del cercatore moro cambiò atteggiamento. “Già sono accusato della morte di Silente, se lasciavo morire anche te altro che Azkaban a vita, finivo dritto a morte.”
Il silenzio calò nuovamente fra loro, dando modo a Draco di pentirsi delle proprie parole e ad Harry di riflettere; Draco non era colpevole di quell’omicidio, perché si considerava tale? Quando il biondo terminò la propria razione si voltò verso l’altro, notando che aveva quasi tutta la carne ancora tra le mani.
“Non mangi?” chiese preoccupato, Harry era già abbastanza magro e se non mangiava non si sarebbe di certo rimesso in forze.
Il Grifone scosse la testa.
“Non sono abituato a mangiare molto, a casa non mi danno tanto…” cominciò a spiegare, ma il biondo non gli concesse di terminare e gli strappò la carne dalle mani, appoggiandola con l’acqua sulla sedia.
“Lasciamola qui, se hai fame ne prendi tranquillamente, va bene? Ora è meglio dormire, domani mattina dovremo incamminarci e tentare di raggiungere un paese per poter contattare qualcuno” disse e raccolse le coperte rimaste a terra per risistemarle in un giaciglio decente.
Il silenzio era calato nuovamente, avvolgendoli con la sua rete soffocante per alcuni minuti e ancora una volta fu Harry a interromperlo.
“Seriamente Malfoy, perché mi hai salvato la vita?” Draco si girò, leggermente infastidito dall’insistenza del Grifone, ma si scontrò con due gemme in cui brillava solo una sincera curiosità e non derisione.
“Potevo lasciarti lì?” rispose semplicemente, sorridendo ed Harry si sciolse di fronte a quel sorriso, il primo che la serpe gli rivolgeva.
“Grazie, Draco.” rispose ricambiando quel gesto d’affetto ed il biondo si sentì mancare; che essere era se aveva rischiato la vita di quella creatura?!
“Perché…” il moretto lo guardava stupito, cosa aveva sbagliato questa volta? “Perché…puoi dire ‘grazie’ alla persona che ti ha ferito?”.
Harry continuava a guardarlo sorpreso. “Draco, ma di cosa parli? Tu non mi hai ferito, a farmi del male sono stati Voldemort ed i suoi Mangiamorte, tu non centri.”
“E invece sì!” disse il Serpeverde che ormai si sentiva sull’orlo delle lacrime. “Ho ucciso Silente, l’ultimo che era rimasto a proteggerti e per colpa mia sei uscito dal castello e quei maledetti ti hanno catturato…”
“Aspetta” lo fermò Harry. “Primo, tu non hai ucciso Silente, ti eri fermato Draco, avevi abbassato la bacchetta” disse sotto lo sguardo confuso e affranto di Malfoy. “Ero in quella stanza, ho visto tutto e sono pronto a testimoniarlo quindi stai tranquillo che risolveremo tutto. Punto secondo io sono uscito perché una lettera anoni…l’hai scritta tu?”
L’imbarazzo che leggeva sul volto della Serpe gli bastò a conferma. “Ma, perché?” chiese disorientato.
Draco prese un respiro profondo, come spiegarlo al ragazzino ingenuo che stava di fronte a lui?
“Sai, sapevo di dover partire, ma…non lo so nemmeno io…volevovedertilultimavolta.”
“Ripeti, scusa, veramente non ho capito niente.” disse il giovane Grifondoro, guardando il compagno torcersi le mani imbarazzato.
Questi prese un altro respiro profondo, tentando di calmarsi. “Volevo vederti per l’ultima volta, sarei andato lontano per sfuggire agli Auror e… non so bene il perché… ma sentivo di doverlo fare.” disse liquidando velocemente la cosa, dannazione, lui era un Malfoy, perché doveva stare lì spiegarsi con Harry?! Sapeva solo che stava male all’idea di non rivedere quel piccoletto e che qualcuno potesse approfittare di lui durante la sua assenza.
Al solo pensiero di Draco lontano un peso si annidò nello stomaco di Harry, ma nemmeno lui sapeva perché trovava quella possibilità così insopportabile.
Il silenzio calò nuovamente tra i due imbarazzati e confusi dalle rispettive emozioni si studiavano a vicenda.
Stanco di quella situazione Draco ricominciò a sistemare le coperte, sottraendosi così allo sguardo aperto del grifone.
“Che fai?” chiese Harry ed il Serpeverde sospirò.
“Che ti sembra stia facendo Harry? Mi sistemo per la notte.” rispose Draco, sperando che il ragazzo si decidesse a tranquillizarsi.
Harry guardò il letto su cui era steso, poi passò lo sguardo sul misero giaciglio di coperte che Draco si era riservato e, facendo appello alla sua natura di Grifondoro, si fece in là adagiandosi completamente alla parete e picchiettando con la mano sul posto vuoto.
“Puoi dormire qui. Dovremo starci in due, anche se un po’stretti.” suggerì, sentendosi le guance in fiamme.
Draco guardò fisso il moretto e allibito chiese “Sei sicuro?”
Un imbarazzato Harry annui, pigiandosi ulteriormente alla parete e il biondino, raccolte le varie coperte, gli si stese accanto, cercando di non toccare quel corpo che lo tentava, osservando il moretto mentre portava una mano verso il suo viso.
“Che intendi fare Harry?” chiese cercando di mascherare il leggero panico che lo attanagliava; se il ragazzo lo avesse sfiorato non era sicuro di riuscire a trattenersi abbastanza da non terrorizzarlo, non sapeva cosa avesse passato il moretto in quelle due settimane di sequestro e non voleva essere la causa di brutti ricordi.
“Niente, solo…vorrei sentirti un po’ vicino…perché…” si fermò,incapace di formulare un pensiero coerente. Senza bisogno delle parole Draco capì quanto quei giorni di prigionia e solitudine lo avessero segnato nell’animo già pieno di cicatrici; guardandolo negli occhi scorse un ragazzo che aveva visto troppo e che ora aveva bisogno di appoggio.
“Sono qui, non ti lascio!” disse convinto e allungò anche lui la mano, sovrapponendola a quella di Harry; le dita dei due si intrecciarono ed il moretto sorrise a colui che aveva sempre considerato un nemico, per poi sbadigliare e chiudere gli occhi.
Draco guardò gli occhi verdi chiudersi fiduciosi e solo allora Morfeo accolse anche lui tra le proprie braccia, lasciando le mani dei due giovani unite.

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