Caro Leo,
so che probabilmente riceverai questa lettera mentre starai mangiando.
Ora che la stai leggendo, finisci di inghiottire il biscotto che hai in bocca prima di continuare.
Scusa se ti ho preso troppo in giro, quando ti stancavi presto a volare.
Cosa potevo pretendere?
Eri solo un gufetto all’epoca, quando arrivasti ad Hogwarts.
E, in effetti, eri proprio piccolino!
Uno scricciolo, stavi in un pugno, ricordi?
Io non ero molto gentile.
Anzi, villana, in effetti.
Forse perché tutti cominciarono ad adorare te.
Perché ti coccolavano, ti davano i biscottini.
Mi avevi preso il posto.
Non ero più la civetta più bella.
O meglio, lo ero, ma tu eri … cosa strillavano le ragazzine? Ecco, “tenerissimo”. O forse perché Harry cominciò ad usare anche te per spedire lettere.
Aveva buonissime ragioni, lo sapevo, ma era il MIO Harry, e tu non avevi nessun diritto di rubarmelo.
Forse, perché anche se recapitavi le lettere troppo tardi, un complimento, una carezza per te c’erano sempre: io, invece, ero tenuta a consegnare messaggi in tempo.
Mi ricordo un episodio come se fosse inciso nella mia mente, con lettere di fuoco: Harry avrà avuto quindici anni, tu eri arrivato da soli due anni.
Tornammo con due risposte differenti per il Rosso e per Harry nello stesso giorno.
Erano tutti seduti a colazione.
Planammo sul tavolo, io con grazia, tu rovesciasti il succo.
Harry, non lo dimenticherò mai, mi guardò negli occhi, si alzò, e ti pulì con un tovagliolo tutto il succo che ti teneva le piume incollate tra di loro.
Ero indignata.
Poi tornò da me. Mi slegò il messaggio dalla zampa.
Lo lesse, lo gettò dietro di sé, si alzò, se ne andò via.
Non mi aveva neanche salutato. Perché?
Rimasi arrabbiata con lui per molto tempo.
Ma poi capii perché lo aveva fatto.
Tu, con il tuo calore, la tua gioia, il tuo entusiasmo, coinvolgevi tutti; io, nella mia perfezione, creavo un distacco sempre più grande tra me e gli altri: cercavo di essere impeccabile, ma ciò mi rendeva vuota, fredda.
Da quel giorno, quanto la mia mente si snebbiò, stetti di più insieme a te, cercai di capire, di capire come fare a vivere.
Dimmi, Leo, ce l’ho fatta? Ho vissuto? Io non lo so.
Non mi sono mai sentita completa.
Ho solo due ricordi in cui mi sono sentita viva: uno ha la faccia di Harry, il suo sorriso dietro il vetro del negozio, le sue mani sulla mia gabbia.
Il secondo: sto volando nel cielo buio, incantesimi da tutte le parti, Mangiamorte ovunque. Un getto di luce sfiora Harry. No!
Un Mangiamorte sbuca dietro di lui, lo punta con la bacchetta. No, no!
Mi slancio in avanti, volo sulla maschera argentata dell’uomo, un muoversi di mani, un urlo, un lampo di luce verde.
Strano, eh?
Mi sono sentita completa quando la mia vita è iniziata, e quando la mia vita è finita.
Lo sai cosa ho visto, mentre quel getto di luce mi colpiva?
Te, Leo, te ed Harry, lui che ti toglie il succo di dosso, la sua espressione esasperata ma gentile, tu che arruffi le piume.
Poi noi due, che voliamo nel cielo, lanciamo grida.
E lì, mentre il mio cuore cessava di battere, ho capito che tu eri Gioia, Harry Amore, che lui non ti preferiva a me e che io con te ero stata felice.
Grazie Leo.
Grazie per avermi insegnato a vivere.